Molti, compresi tanti appassionati di motociclismo pur bene informati, sono convinti che la produzione motociclistica nazionale sia stata sempre concentrata al centro-nord dell’Italia. In realtà anche la Calabria, la regione più a sud dello stivale, ha espresso una sua produzione motociclistica, come, anni dopo, anche la Campania di cui qui abbiamo ricordato la IMN (Industria Meccanica Napoletana).
La OMC (Officine Meccaniche Calabresi) era una industria metalmeccanica, attiva tra il 1924 ed il 1934, sorta a Marina di Gerace (oggi Locri, all’epoca frazione di Gerace) all’inizio degli anni ’20 del XX secolo. Già dai primi anni di attività la OMC era all’avanguardia per la qualità dei suoi prodotti di fonderia tanto da riuscire a procurarsi grandi commesse anche dall’estero.
Il merito va ascritto al giovane Ingegnere Vincenzo Bruzzese, originario di Grotteria (RC), che all’età soli di 27 anni, dopo aver ricoperto il ruolo di Direttore Tecnico alla fabbrica di locomotori Diatto di Torino, decise di aprire una azienda meccanica nella sua terra d’origine con l’obiettivo primario di smuovere la stagnazione economica della zona controllata dal latifondismo agrario.
Già dagli ultimi decenni del XIX secolo si erano venute a creare delle favorevoli circostanze grazie alle quali il piccolo agglomerato di Gerace Marina aveva potuto assumere una forte e autonoma potenzialità di sviluppo agevolata dalla realizzazione, nel 1873, della Ferrovia Jonica che aveva messo in collegamento la zona con il centro e il nord della penisola.
L’inaugurazione della ferrovia aveva infatti indotto alcuni giovani nobili di Gerace a realizzare un sistema economico avente come obiettivo il superamento della tradizionale economia contadina. Queste iniziative vennero significativamente sostenute dalla nascita della Banca Cooperativa di Gerace Marina nei locali dell’odierno Banco di Napoli, concedendo agli imprenditori prestiti con tassi accettabili. Le possibilità di sviluppo economico del territorio vennero ulteriormente accresciute con la fondazione della BPCC (Banca Popolare del Circondario di Gerace).
All’epoca di cui parliamo in queste note, Locri contava 1500 addetti nella produzione industriale, dando vita a un vero e proprio sistema finanziario che durò fino alla fine degli anni ’60, prima della strage di piazza Mercato del 1967 (una delle più feroci mattanze compiute dalla ‘Ndrangheta nella Locride) che diede inizio al declino economico di quelle zone.
In questo contesto l’ing. Bruzzese riuscì a convincere alcuni operai metalmeccanici torinesi a trasferirsi con le rispettive famiglie in Calabria, caso atipico di migrazione per lavoro da nord a sud. Lo stabilimento e le abitazioni per i dipendenti vennero realizzati su terreni di proprietà della famiglia e l’azienda venne fondata nel 1924, iniziando con un’attività di rettifica di motori di automobili per poi incrementare la gamma dei prodotti, ed il conseguente aumento del volume di affari, dedicandosi in seguito alla produzione di bulloneria varia.
Ben presto la produzione della OMC forte dell’esperienza dalle maestranze piemontesi si dimostrò in grado di competere con tutte le produzioni industriali del Nord per un ottimo rapporto qualità/prezzo tanto da diventare un’azienda di primissimo ordine che riuscì a procurarsi importanti commesse dagli arsenali militari di Taranto e Castellamare di Stabia e fu pertanto dichiarata dall’allora Governo Mussolini, “Industria ausiliaria dello Stato di 1° grado”.
La gamma dei prodotti andò sempre più ampliandosi dalla metallurgia (ghisa, alluminio, rame e quant’altro) ai pezzi di ricambio per auto e per industrie, motori diesel, motori a benzina, gruppi elettrogeni, attrezzi di precisione per officine. Si pensò anche alla realizzazione di un motore stellare per aerei il cui progetto venne approvato e finanziato, nel 1933, dal Ministero dell’Aeronautica che stanziò la cifra di 20 milioni di lire.
Per quanto riguarda la bulloneria, l’azienda poteva contare su un vasto campionario di oltre 700 articoli diversi per tipo e misura e, alla fine degli anni ’20, vinse l’appalto per la completa fornitura di bulloni, perni, rivetti e chiodi per la costruzione del REX, il celebre transatlantico vanto della Marina Italiana.
In questa industria lavoravano circa 250 dipendenti, di cui il 10% proveniente dal nord. La concezione moderna e sociale del lavoro di Bruzzese lo portò a costruire uno spazio dedicato al dopolavoro, dove gli operai potessero svagarsi e dedicarsi alla lettura e al riposo mutuando il modello delle grandi industrie.
Ma l’iniziativa più eclatante per quei tempi, che rivoluzionò l’ambiente calabrese del tempo e scandalizzò l’opinione pubblica locale, fu l’ammissione delle donne al lavoro tecnico e impiegatizio: nel 1930 alla OMC lavoravano quasi 40 donne alle quali era anche consentito l’accesso al dopolavoro.
Ma la crisi mondiale del 1929 si fece sentire anche in Calabria; le commesse incominciarono a scarseggiare e la OMC si ritrovò i magazzini pieni di materiale invenduto. L’ingegnere si trovò ad un bivio importante: o ridimensionare drasticamente l’industria con licenziamenti ed altri provvedimenti o riconvertirla in prodotti di maggiore uso e consumo. Decise così di progettare una motoleggera, mantenendo al loro posto i dipendenti evitando di dover ricorrere a licenziamenti.
Bruzzese si appassionò al tema della produzione motociclistica con l’obiettivo ambizioso di battere sulla qualità e sulla affidabilità tutte le fabbriche europee.
La scintilla era scoccata quando, durante un viaggio d’affari a Torino, parlando con alcuni esponenti dell’industria locale, espose il suo progetto di un motore d’aereo, ma gli venne consigliato di rivolgere le sue attenzioni alla realizzazione di un progetto motociclistico, una tipologia di prodotto per la mobilità autonoma, un mercato in forte espansione.
Bruzzese si entusiasmò all’idea, tanto che a Torino stesso incominciò a cercare un bravo tecnico e disegnatore da portare in Calabria e lo individuò in un ingegnere esperto di moto, il torinese Giovanni Ladetto, uno dei maggiori tecnici dell’epoca, conosciuto ai tempi della Diatto, che insieme al fratello Emilio si occupò del motore e della ciclistica.
Nel 1931 veniva presentata al pubblico la OMC 175, una motocicletta d’avanguardia, apprezzata e venduta in tutta Italia per affidabilità e rapporto qualità/prezzo.
Alcune caratteristiche tecniche della OMC 175 erano decisamente avanzate per quei tempi: cambio in blocco, albero motore su 4 supporti, circuito di lubrificazione realizzato con condotti ricavati di fusione nei carter senza far ricorso ai classici (per l’epoca) tubi esterni, camera di scoppio ad elevata turbolenza.
Ne vennero prodotte circa 250 di cui purtroppo solo due sono sopravvissute.
Fu un successo di mercato e di immagine per l’azienda calabrese; la stampa diede molto risalto a questa iniziativa industriale; la rivista “Motociclismo” dedicò intere pagine alla moto, alle Officine e al direttore, che veniva citato come “Pioniere”. Nel 1932, al cospetto di Mussolini, 12 moto OMC aprirono la sfilata di 300 centauri in via dei Fori Imperiali a Roma durante le celebrazioni per il decennale della Marcia su Roma; Bruzzese era in prima fila e teneva issato un vessillo con la scritta “I centauri calabresi di Gerace Marina”. Ricevette in quell’occasione un manifesto che riportava la scritta: “A Vincenzo Bruzzese, pioniere del mezzogiorno d’Italia e della Calabria”.
Il successo non intaccò minimamente gli entusiasmi creativi di Bruzzese che, dopo avere realizzato la 175, intraprese la progettazione di nuovi motori da 250 e 500 cm³, di un motore per aeroplani e di un misterioso velivolo a decollo verticale definito “motocicletta dell’aria” ed incominciò ad organizzare il processo di produzione con l’obiettivo di arrivare in breve tempo a produrre dieci motociclette al giorno, oltre 3000 l’anno.
Iniziò anche la costruzione di alcuni esemplari della 250 sia stradali che da competizione; non esistono dati certi ma da alcune fonti è stato possibile stimare che siano stati costruiti 6 o 7 esemplari della versione stradale, probabilmente dei prototipi pre-produzione, e 3 o 4 da competizione che, a causa delle vicende di cui parleremo, non parteciparono mai ad alcuna manifestazione sportiva.
Tutto quindi sembrava procedere a gonfie vele, ma dopo qualche mese, mentre stava per partire la produzione della nuova moto, la OMC 250, Bruzzese fu trascinato ingiustamente in uno scandalo di natura finanziaria, preludio al fallimento delle Officine Meccaniche Calabresi.
Questi i fatti.
Nel 1933 Vincenzo Bruzzese venne accusato di un ammanco di 6.000.000 di Lire che aveva provocato il fallimento della Banca Popolare di Gerace. Il coinvolgimento di Bruzzese venne determinato dalle accuse di un funzionario infedele della Banca che aveva sottratto ingenti somme. Questi, al momento dell’arresto, dichiarò che una parte del danaro sottratto era stato investito nelle Grandi Officine per onorare un accordo segreto con Bruzzese.
Nonostante l’ingegnere negasse di essere a conoscenza della illecita provenienza del danaro, qualche giorno più tardi venne arrestato e contestualmente veniva nominato un curatore fallimentare della OMC, tale ing. Franco notoriamente nemico di Bruzzese.
Bruzzese, durante la detenzione, piuttosto che per la propria sorte si preoccupava del futuro dell’Azienda e dei suoi dipendenti supplicando i magistrati e la curatela di non frenare la crescita industriale della Calabria.
A tale scopo scrive un memoriale destinato ai magistrati nel quale dimostra che le Grandi Officine non è una industria decotta; numeri alla mano, pur facendo le debite proporzioni, dimostra che le sue aziende sono meno indebitate della grande Fiat che era esposta con la Banca americana Morgan per 300 milioni di lire.
Speranzoso nella fiducia che il Governo Mussolini aveva riposto in lui, chiede l’intervento dell’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale che era stato appena creato dal governo e che era già intervenuto per salvare industrie dell’Italia del Nord in difficoltà. Ma misteriosamente l’IRI non muoverà un dito.
Nonostante l’ostinata resistenza degli operai che rimasero sul posto di lavoro anche senza stipendio, nel corso del 1934, il curatore fallimentare smembrò l’azienda, vendette i macchinari, i fondi di magazzino, alcune moto già assemblate, licenziò le maestranze e lasciò che la documentazione contabile e tecnica andasse dispersa o distrutta.
Terminava così, dopo un decennio di successi, la breve esperienza delle Officine Meccaniche Calabresi. La OMC, dopo 10 anni di successi, dal 1924 al 1934, non riaprì mai più.
Quattro anni dopo si svolse un processo presso il Tribunale di Salerno nel corso del quale Bruzzese riuscì a dimostrare la sua totale estraneità alla malversazione ma nel frattempo della OMC non rimaneva che un ricordo; l’azienda era ormai scomparsa e le lungaggini burocratiche, la perdita del prezioso archivio tecnico, lo scoppio della seconda guerra mondiale, tolsero a Bruzzese ogni possibilità di ricominciare.
Lo stabilimento OMC di Gerace Marina è stato un esempio di emigrazione del lavoro da nord a sud, davvero inconsueto in Italia. L’immediata integrazione delle famiglie piemontesi in terra calabra e la formazione dal nulla di un opificio in grado di produrre tecnologia propria in autonomia finanziaria, creò grandi speranze di riscatto nella popolazione della zona, principalmente composta da poverissimi braccianti agricoli.
E’ lecito immaginare che senza quella che fu una vera e propria truffa (è possibile che quel funzionario infedele fosse stato “invitato” a coinvolgere Bruzzese?) forse oggi la Calabria avrebbe potuto avere una produzione motociclistica, e industriale in genere, degna dei migliori marchi nazionali invece di essere relegata, unitamente a tutto il Mezzogiorno d’Italia, ad area periferica post-industriale.
Ricordiamo meglio la figura dell’imprenditore
Vincenzo Bruzzese figlio di un meccanico di Grotteria, dove era nato il 29 aprile del 1896, si appassiona fin da ragazzo alla meccanica tanto che dopo aver conseguito il diploma di Perito Industriale si trasferisce in Svizzera per iscriversi all’Università di Friburgo presso la facoltà di Ingegneria Meccanica che a quel tempo era ritenuta tra le migliori d’Europa e dove ben presto riesce a conquistarsi la stima, sia dei docenti sia dei colleghi, per le sue spiccate capacità tecniche.
Finiti gli studi, torna in Italia e comincia a lavorare a Torino dove ricopre il ruolo di Direttore Tecnico della fabbrica di locomotori della Diatto (che in seguito si specializzò nella costruzione di automobili sportive e di lusso).
Successivamente diventa socio in una società per il commercio di automobili usate; nel 1924 entra come socio in un’autofficina di Gerace Marina dotata di attrezzature all’avanguardia; nel 1925, realizzando il sogno di sviluppare la sua attività professionale nella sua terra di origine, la innalza a livello industriale trasformandola nella “Officine Meccaniche Calabresi” che si occupava di produzione di semilavorati e finiti ed era munita di proprie fonderie, con 250 dipendenti provenienti anche dal Nord Italia.
Purtroppo Bruzzese a causa delle sue iniziative non era amato dalle classi agiate e privilegiate della Locride costituita prevalentemente da latifondisti che ben presto avevano compreso quali danni una tale attività industriale avrebbe potuto causare ai loro interessi, affrancando la tradizionale manodopera sottopagata, abbrutita dalla totale ignoranza, dalla miseria e dalla secolare sottomissione ai signorotti locali.
Venivano a contrapporsi da un lato baronie, massoni e anche istituzioni, sostenuti dai podestà del partito fascista, dall’altro la fabbrica di Bruzzese sinonimo di ricchezza, benessere e libertà per il proletariato.
Un uomo che crea lavoro e ricchezza rompendo le regole di una società fondata sulle proprietà terriera, non poteva essere accettato e men che mai stimato.
E i magistrati di Gerace (forse essi stessi proprietari terrieri) non si fecero sfuggire l’occasione di dimostrare la propria potenza nei confronti di una persona molto conosciuta, ma pur sempre figlio di un meccanico di paese, un personaggio estraneo al circuito storico della “grandi famiglie”.
Durante la sua carcerazione Vicenzo Bruzzese scriveva amaramente e profeticamente nei suoi diari: «Mai più, ricordatevelo, nel vostro paese risorgerà un simile faro di civiltà e benessere. (…) E ricordate pure, voi abituati ancora a vivere sulla grettezza del sentimento “borghese”, che nulla sapete creare, benché straricchi, per il progresso civile della regione.»
Dopo 4 anni di carcere Bruzzese fu assolto con formula piena; ritornò al Nord dove fu un apprezzato tecnico che lavorò nelle più importanti industrie del tempo.
Gli ultimi 4 anni della sua vita li trascorse nella sua Grotteria, dove morì nel 1970.
A chi volesse approfondire questa storia, proponiamo queste due pubblicazioni: