Nel 2012, per rimpolpare le griglie della MotoGP, oltre ai classici prototipi, si schierarono alcuni “ibridi” denominati CRT (Claiming Rule Team), una sotto categoria di moto con ciclistiche sviluppate specificamente per questa categoria (quindi tendenzialmente simili a quelle della MotoGP) su cui venivano montati motori da 1000cc a 4 tempi derivati dalla serie, perciò molto simili a quelli della Superbike.
In tal modo, riducendo drasticamente i costi relativi alla progettazione e allo sviluppo dei sofisticati motori a 4 tempi, si dava la possibilità ai team privati di accedere a moto dai costi di acquisto e manutenzione ridotti rispetto a quelli dei prototipi “puri”.
Tutto nasce dal fatto che alla fine del 2011 la partecipazione al campionato era limitata a quattro costruttori (Ducati, Honda, Suzuki e Yamaha), dieci team, diciassette piloti, numeri considerati bassi per un campionato del mondo ma giustificati dagli elevati costi della categoria.
E, naturalmente se i costi erano eccessivi per i costruttori, lo erano a maggior ragione per i team privati, pur supportati da sponsor.
L’aspetto spettacolare delle corse ne risentiva e di conseguenza era basso l’appeal verso gli sponsor e i media, in particolare per le televisioni a pagamento, fonte di un significativo gettito finanziario per la Dorna, che dal 1995 gestiva il circo del Motomondiale a 360° (diritti televisivi, gestione sportiva, regolamenti tecnici).
Nel tentativo di porre rimedio a questa situazione, a partire dal 2012 venne istituita la categoria delle CRT per dare la possibilità ai team privati di usufruire di una serie di agevolazioni regolamentari; più specificamente, come abbiamo anticipato nell’introduzione, il regolamento consentiva l’utilizzo di motori derivati dalla serie simili a quelli impiegati nel campionato SBK alloggiati in ciclistiche prototipo.
Il regolamento prevedeva inoltre che i team che avessero richiesto di aderire alla nuova categoria non dovevano essere membri della MSMA (Motorcycle Sports Manufacturers’ Association), l’associazione dei costruttori.
Per cercare di bilanciare le prestazioni delle CRT con quelle delle MotoGP, tecnicamente le CRT avrebbero beneficiato di un numero maggiore di propulsori utilizzabili da ogni pilota (12 invece dei 6 per le MotoGP gestite dai team factory e satelliti) e maggiore quantità di carburante a disposizione, 24 litri invece di 21.
C’era poi un complesso regolamento di compravendita dei propulsori tra team CRT e team MSMA teso ad evitare che qualche costruttore appartenente alla MSMA fornisse motori semi ufficiali a qualche team CRT.
Il progetto inizialmente ebbe un discreto successo con la entusiastica partecipazione di non meno di nove team; interessanti le proposte tecniche con ciclistiche realizzate da FTR, IodaRacing e Suter e motori Aprilia, BMW e Kawasaki; addirittura l’Aprilia aggirerà in qualche modo quella parte del regolamento che escludeva i costruttori allestendo una moto completa, che in buona sostanza era la RSV-4 con la quale Biaggi si era laureato Campione del Mondo della SBK nel 2010, presentata però sotto il nome di ART che non era altro che l’acronimo di “Aprilia Racing Team”.
Ma a parte qualche buona prestazione di Aleix Espargarò proprio con la ART, la nuova categoria delle CRT si rivelò un flop a causa delle scarse prestazioni; venne perciò abrogata a fine 2013 introducendo la categoria OPEN che, pur sostanzialmente diversa da un punto di vista tecnico/regolamentare, si prefigge comunque lo scopo di agevolare i team privati.
Ma perché le CRT erano così poco performanti?
Spesso le prestazioni delle SBK si sono avvicinate a quelle della MOTOGP, almeno sul giro secco, favorite però dalle gomme da tempo (ormai abolite nella MotoGP) e in alcuni casi anche dalle condizioni meteo più favorevoli. E allora è legittimo chiedersi perché le CRT, che in teoria erano delle SBK anabolizzate, andavano così piano?
In realtà le CRT erano penalizzate nella potenza, nel peso e nella capacità di sfruttamento ottimale degli pneumatici.
Prendiamo come riferimento la ART dell’Aprilia, sicuramente la migliore CRT in campo: il telaio, l’elemento che presentava minori criticità rispetto a quello dei prototipi, riprendeva le quote della SBK ma con forcellone allungato e rigidità differenti.
Il motore Aprilia della CRT era meno potente di quello per la SBK perché, paradossalmente, in SBK non c’erano limiti nella disponibilità dei motori mentre nella CRT vigeva un limite di 12 motori per stagione; in pratica il motore CRT aveva 1000 giri e 20 CV meno della SBK e 40 meno di un motore da MotoGP.
Il peso era di circa 7 Kg oltre il limite dei 165 consentiti mentre le MotoGP dovevano essere zavorrate, con il vantaggio di poter definire, con diversi posizionamenti delle zavorre, la distribuzione delle masse in funzione delle diverse esigenze, una fra tutte le diverse morfologie dei piloti; il maggior peso dipendeva dal basamento di serie realizzato con specifiche tali da garantirne una buona affidabilità.
Le gomme Bridgestone, realizzate per moto con almeno 40 CV in più, mettevano in crisi le CRT, in particolare al posteriore: in alcuni circuiti la morbida tendeva a distruggersi mentre la dura, poco stressata dalla minore cavalleria, aveva difficoltà ad entrare in temperatura.
In pratica per pareggiare le prestazioni delle CRT con quelle della MotoGP si darebbe dovuto intervenire su più punti: innalzare ancora il limite di peso delle MotoGP, diminuire ulteriormente il carburante a disposizione delle MotoGP, aumentare il numero di motori disponibili per le CRT e realizzare un pneumatico specifico per la CRT.
Ma comunque, se un merito vogliamo attribuire alla CRT, è quello di aver dato la possibilità all’Aprilia di accedere con gradualità al mondo della la MotoGP partendo dalla base della sua pur valida Superbike per arrivare ad una MotoGP “pura” che nel 2022 si èan mostrata molto competitiva conquistando una vittoria ed alcuni podi con Espargarò e Vinales ma anche di dare ad Aleix Espargarò l’opportunità di mostrare le sue buone doti di guida e di dare la possibilità ad alcuni giovani piloti, quali ad esempio Damian Cudlin, Yonny Hernández e Luca Scassa, di competere contro i migliori.
Come abbiamo visto alle CRT subentrarono le OPEN (inizialmente definite Production Bike) che, a differenza delle CRT, erano dei veri e propri prototipi realizzate dai costruttori con soluzioni tecniche meno avanzate affidati ai team a prezzi calmierati.
Dal punto di vista regolamentare le Open differivano dalle MotoGP dei team ufficiali (a loro volta definite Factory) perché godevano di alcuni vantaggi quali: possibilità di sviluppare il propulsore nel corso del campionato, serbatoi di maggiore capienza, pneumatici più performanti e test di sviluppo liberi, ma con l’obbligo di utilizzare un software unificato fornito dalla DORNA mentre per le Factoey il numero di motori venne ridotto a soli cinque per pilota, contro i dodici della Open.
Però il regolamento venne interpretato con una certa disinvoltura, ignorando quasi del tutto lo spirito che aveva fatto nascere la OPEN.
Infatti la Honda, rispettando in pieno lo spirito del regolamento, mise in vendita la RCV1000R che era in pratica una RC213V depotenziata e privata delle soluzioni più sofisticate (e costose) quali il richiamo pneumatico delle valvole ed il cambio seamless, ma al contrario la Yamaha fornì al team Forward quelle che di fatto erano le M1 ufficiali dell’anno precedente allestite in configurazione OPEN, cioè con serbatoio maggiorato ed elettronica gestita dal software ufficiale Dorna.
Naturalmente la OPEN della Yamaha si rivelò più competitiva e pertanto Honda e Ducati si adeguarono seguendola sulla stessa strada.
Constatato che l’interpretazione di questa categoria da parte dei costruttori ne snaturava le finalità volta a favorire la partecipazione dei team privati, la DORNA emise un nuovo regolamento che consentiva alcune agevolazioni riservate ai nuovi costruttori che si sarebbero voluti impegnare nella MotoGP.
Ma ripercorriamo ora la breve storia della nostra protagonista, la categoria delle CRT.
Dunque nel 2012 troviamo alla partenza del Motomondiale team già affermati come Aspar, Esposorama e Gresini che schierano moto CRT; quello che sembra più agguerrito è il team di Martinez che schiera due ART affidate ai piloti Aleix Espargaró e Randy de Puniet.
Espargaró, sempre molto veloce si classifica al 12° posto assoluto, ottenendo come miglior risultato un 8° posto nel Gran Premio della Malesia; De Puniet, subito dietro, non sfigura.
Nel 2013 le compagini rimangono più o meno immutate; Espargarò punta dichiaratamente al titolo di miglior pilota CRT; finirà in 11° posizione generale, davanti ai piloti dei team satellite, frutto di molti piazzamenti fra cui quattro ottavi posti di fila (Italia, Catalogna, Paesi Bassi e Germania) come migliori risultati; deludente invece l’annata di Randy de Puniet, così come di tutti gli altri partecipanti alla guida di una CRT.
Alla fine del 2013 la DORNA cambia regolamento ed istituisce la categoria OPEN.
Cambiano le moto ma non cambia il dominatore della categoria, è infatti ancora Aleix Espargarò che, passato in NGM Forward/Yamaha, si classifica 4° già nel primo Gran Premio della stagione in Qatar, per poi mettere a segno altri colpi come il 7° posto di Jerez o la pole position di Assen, in Olanda, finendo poi al quarto posto dietro a Marquez, Dovizioso e Pedrosa e davanti a Valentino Rossi, Iannone e Bautista. Nel corso della stagione aleix si piazzerà quasi sempre fra i primi dieci mentre i suoi compagni di team, Colin Edwards e Alex de Angelis, riescono ad ottenere solo un nono posto come risultato migliore; non fanno meglio i piloti degli altri team che fanno fatica a finire tra i primi dieci.
Memorabile il finale di Aragon quando, sotto la pioggia, Espargarò ingaggia un duro scontro con Cal Crutchlow, pilota ufficiale Ducati; all’ultimo giro lo spagnolo esce più forte dall’ultima curva ma Crutchlow, forte della potenye accelerazione della Desmosedici, lo affianca sul rettilineo; i due si lanciano nella volata finale combattendo gomito a gomito e la spunta lo spagnolo conquistando per soli 17 millesimi il secondo posto. Espargaró concluderà la stagione 2015 al 7 ° posto, con buon margine il primo delle Open.
Per il 2015, secondo ed ultimo anno delle OPEN, Aleix passa nella schiera dei piloti factory chiamato dalla Suzuki che gli affida la guida della nuova GSX-RR.
Ma ormai anche la OPEN è agli sgoccioli; alla fine della stagione il miglior pilota della categoria, Héctor Barberá, è solamente 15°.
A questo punto, constatato il fallimento dell’iniziativa volta a favorire la partecipazione dei team privati, CRT prima e OPEN poi, la DORNA emette un nuovo regolamento votato a favorire l’ingresso alla MotoGP di nuovi costruttori, un regolamento ancora oggi in vigore che concede ai nuovi costruttori, o a quelli che non hanno ottenuto risultati di rilievo negli anni precedenti, alcune agevolazioni in materia di numero di motori, sviluppo e test.