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Autobianchi A112, l’ultima “elaborata” di Carlo Abarth, l’erede mancata della 1000 TC Radiale
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Abarth

Autobianchi A112, l’ultima “elaborata” di Carlo Abarth, l’erede mancata della 1000 TC Radiale

Aprile 6th, 2023 Fabio Avossa Abarth, Amarcord

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La A112 Abarth debuttava nell’ottobre del 1971 al Salone dell’Automobile di Torino tenutosi dal 3 al 14 novembre; solo pochi giorni prima, il 15 ottobre, Carlo Abarth aveva firmato la cessione del marchio e delle sue attività alla FIAT perciò la piccola berlinetta sportiva verrà ricordata per essere stata l’ultima l’ultimo lavoro di Carlo Abarth e la prima Abarth venduta direttamente dalla FIAT.
L’Autobianchi A112, una “utilitaria” (venivano così classificate a quei tempi le autovetture di piccole dimensioni, cilindrata ridotta e dotazioni ridotte all’essenziale) presentata al Salone dell’Automobile di Torino nel 1969 e rimasta in produzione fino al 1986.
La vetturetta milanese (inizialmente veniva prodotta nello stabilimento ex Bianchi di Desio) nacque dall’esigenza della FIAT (gruppo di cui faceva parte l’Autobianchi) di contrastare il successo della inglese Mini, prodotta direttamente in Italia dalla Innocenti, a cui la FIAT poteva vanamente contrapporre solo l’ormai obsoleta 850.


Il successo di vendite dell’A112 fu immediato, specialmente tra i giovani e le donne, grazie all’aspetto gradevole ed alle brillanti prestazioni; nel 1970 la A112 si aggiudicò il secondo posto per il titolo di “Auto dell’anno” superata solo dalla cugina FIAT 128.
Nei 17 anni di produzione la A112 venne sottoposta a numerosi aggiornamenti che determinarono la nascita di ben otto serie; nei primi anni ‘80 ne venne affidata la commercializzazione per la Svezia alla SAAB che la mise in vendita come “Saab Lancia A112”.
Inizialmente l’A112 era disponibile in un’unica versione dotata del 4 cilindri da 903cc e 44 CV derivato direttamente da quello della fiat 850 sport ma depotenziato con l’eliminazione del carburatore a doppio corpo che consentiva alla brillante vetturetta di toccare i 144 km/h, di accelerare da 0 a 100 km/h in 13,7 secondi e di percorrere i 400 metri con partenza da fermo in 18,874 secondi pur con consumi contenuti in una media di 6,9 litri ogni 100 Km.
Nell’autunno del 1971 sull’A112, venne installato lo stesso motore da 47 CV che equipaggiava la neonata 127; più o meno nello stesso periodo nasceva la versione Abarth che mirava a contrastare la Mini “Cooper”.
In realtà un prototipo della A112 Abarth si era già visto in occasione del “Saloncino dell’auto sportiva” del 1970; quel prototipo era stato progettato espressamente per l’impiego agonistico, era infatti dotato di testa radiale ed erogava 108 CV per una velocità massima di circa 180 Km/h.

Con questa proposta Abarth sperava di ripetere l’operazione che gli aveva fruttato innumerevoli vittorie con le berlinette su basi Fiat 500 e 600 e dare così respiro alle finanze della casa dello Scorpione. Ma la proposta venne respinta dalla FIAT che pensava ad una versione stradale della berlinetta sportiva derivata dalla A112. Nel gennaio del 1971 la casa torinese fece perciò allestire due prototipi, uno con 63 CV a testata convenzionale e un secondo da 74 CV a testata radiale; contemporaneamente la FIAT chiudeva la trattativa per l’acquisizione dell’Abarth.
La versione definitiva veniva presentata al pubblico nell’ottobre del 1971 al Salone dell’Automobile di Torino; il piccolo bolide mostrava la sua grinta sportiva oltre che per la meccanica elaborata con la consulenza di Carlo Abarth, anche per la vistosa livrea rosso corsa, contrastata dal nero opaco del cofano e dei fascioni sottoporta; sulle fiancate, a testimoniare la paternità della “belvetta” torinese, spiccava un fregio a forma di esagono allungato contenete i simboli tondi dell’Autobianchi e dell’Abarth separati da un profilo argenteo mentre la mascherina era caratterizzata da una doppia griglia tonda e le scritte a caratteri neri “Autobianchi” e Abarth su una barra satinata.
Questa prima serie, prodotta dal 1971 al 1973, era dotata del propulsore da 903cc della A112 di serie profondamente elaborato aumentandone la cilindrata a 982cc grazie all’allungamento della corsa da 68mm a 74mm, carburatore doppio corpo, rapporto di compressione aumentato a 10;1, pistoni stampati con segmenti cromati, profilo delle cammes ridisegnato, coppa dell’olio in alluminio integrata, nel gennaio 1972, dall’adozione di un piccolo radiatore per l’olio, impianto di scarico modificato oltre al necessario potenziamento dell’impianto frenante mentre la scocca non subì modifiche sostanziali.
“Obbligatoria” la classica marmitta Abarth con doppio terminale.
Con queste modifiche la potenza del motore nella fase prototipale aveva superato abbondantemente i 60 CV ma venne limitata a 58 CV a 6600 giri/min per mantenere uno standard elevato di di elasticità e affidabilità.
L’interno, abbastanza curato, era dotato di strumentazione completa, volante a tre razze con corona in pelle e sedili anatomici con appoggiatesta.

Oltre alle migliori prestazioni attese, le modifiche portarono anche ad una sorprendente diminuzione (-15%) dei consumi.
Inizialmente offerta nell’unica colorazione rosso/nero, la brillante vetturetta milanese a partire dal 1972 venne proposta anche con verniciature monocromatiche.
Negli anni la brillante vetturetta venne aggiornata in sincrono con la presentazione di nuove serie della versione base.
La seconda serie (1973-1974), presentata al Salone dell’Automobile di Ginevra del 1973, venne sottoposta esclusivamente a modifiche estetiche con una drastica riduzione delle finiture cromate; ritoccati anche gli interni. Un intervento importante venne operato sulla terza serie (1975-1977) perché alla motorizzazione da 982cc e 58 CV venne affiancata una nuova motorizzazione di 1.049cc, con la corsa portata a 67,2 mm (da non confondere con quello della 127 Sport che aveva l’albero a camme in testa), con 70 CV che consentiva una velocità massima di 160 Km/h oltre a piccoli ritocchi alla carrozzeria per allinearla alla versione di serie. Per distinguere daal’esterno le due versioni vengono adottate le targhette identificative “58 HP” e “70 HP”.
Ma è alla fine del 1977, con la quarta serie (1977-1979), che viene viene introdotta una modifica tecnica radicale con l’adozione di una nuova scocca denominata “B2”, appositamente realizzata per la “A112 Abarth”. Con questa serie viene messa fuori produzione la versione da 58 CV. Il corpo vettura viene allineato a quello della vettura di base, scompare dalla mascherina la caratteristica scritta “Autobianchi Abarth” con i due tondi grigliati, il tetto viene appiattito e rialzato di 2 cm; quest’ultima modifica le comporterà l’appellativo popolare di “tetto quadro” e, di conseguenza, le serie precedenti verranno definite “tetto tondo”.
Di questa quarta serie verrà messa in vendita anche una serie speciale denominata “Gold Ring” distinguibile per la livrea nera con doppio filetto oro, stesso colore dei cerchi, mascherina inedita, presa d’aria rialzata sul cofano motore, interni in velluto beige.

Importanti anche gli aggiornamenti sulla quinta serie (1979-1982) che venne dotata del cambio a 5 marce e dell’accensione elettronica. Dal punto di vista estetico si distingueva sempre meno dalla versione originale perché vennero eliminati gli scudetti Abarth presenti sulle fiancate delle versioni precedenti e viene introdotta la presa d’aria rialzata già vista sulla Gold Ring.
Sulle due successive serie, la sesta prodotta dal 1982 al 1984 e la settima ed ultima, gli aggiornamenti si limiteranno all’allineamento estetico con la versione base dalla quale la settima serie della Abarth si distingueva dalla versione base per la grossa fascia posteriore catarifrangente con la scritta “Abarth” serigrafata e di conseguenza il vano porta targa trasferito sul paraurti.


La A112 Abarth cessò di essere prodotta nel dicembre 1984 e uscì dal listino nel luglio 1985; si stima che ne siano state prodotte più di 120.000, circa il 10% delle A112 di serie. La A112 di serie uscirà di produzione nel 1986 quando ormai l’Autobianchi aveva già a listino la sua erede, la Y10.
Naturalmente una “elaborata” Abarth non poteva essere insensibile al richiamo delle competizioni in cui venne impiegata per circa un ventennio, tra il 1972 ed il 1990, in tutte le categorie sportive a ruote coperte; attualmente viene ancora utilizzata in alcune gare in salita, negli slalom e nei rally riservati alle vetture storiche.

Ma la A112 Abarth viene ricordata principalmente perché la FIAT, per offrire ai giovani aspiranti piloti l’opportunità di intraprendere l’attività agonistica con un contenuto impegno economico, decise di organizzare un campionato monomarca denominato ufficialmente “Campionato Autobianchi A112 Abarth 70 HP”, noto comunemente come “Trofeo A112”, che venne disputato dal 1977 al 1984.
La vetturetta veniva fornita con un kit di sicurezza che conteneva tutti i dispositivi di sicurezza previsti dai regolamenti sportivi: rollbar, cinture di sicurezza, impianto antincendio oltre alla barra di collegamento tra i duomi anteriori, i proiettori supplementari, i paraspruzzi e il paracoppa dell’olio. La preparazione rispettava il regolamento dell’allora vigente “Gruppo 1” (noto anche come Turismo di Serie).

Il Campionato, le cui prove si svolgevano spesso a contorno delle gare del Campionato Italiano rally, dette effettivamente l’opportunità a molti giovani valenti di mettersi in luce, tra questi ricordiamo Attilio Bettega, Michele Cinotto e Gianfranco Cunico.

              
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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccanico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da circa 60 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy), oggi sul suo profilo Facebook si diletta a parlare di moto e auto con particolare attenzione alle vicende del Motomondiale e della Superbike.

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