Due Alfa Romeo da competizione che non hanno mai calcato le piste: la 164 ProCar e la Gruppo C.
La storia di queste due Alfa da competizione risale al 1985 quando la casa del Biscione, che nel frattempo era rimasta orfana dell’ing. Chiti passato alla Motori Moderni in qualità di co-fondatore e progettista, decise di interrompere la partecipazione diretta al Campionato del Mondo di Formula 1 poiché l’ente pubblico che ne deteneva la proprietà, l’I.R.I, non stanziò un budget adeguato per lo sviluppo sia della monoposto 185T che del propulsore 890T, un 8 cilindri Turbo.
Venne perciò deciso di partecipare alle competizioni della massima formula automobilistica solo nelle vesti di fornitore di motori, attività che l’Alfa già praticava nei confronti della Osella alla quale nel 1983 aveva fornito i motori aspirati per poi passare ai sovralimentati dal 1984 fino al 1988.
Il progetto di sviluppo motori da Formula 1 per conto terzi era ambizioso ed articolato; la riorganizzazione del programma Alfa Romeo venne indirizzata inizialmente verso lo sviluppo del 415/85T, un propulsore 4 cilindri sovralimentato, sull’onda del successo dei motori con analoga configurazione.
Sulla base di tale progetto, per il 1986 venne firmato un contratto di fornitura con la Ligier, contratto che contemplava anche l’impegno di sviluppare parallelamente il progetto di un motore aspirato in vista del nuovo regolamento che aboliva i motori sovralimentati.
Ma a scompaginare questi programmi, proprio quell’anno arrivò l’acquisizione dell’Alfa da parte del gruppo FIAT che, essendo già presente in Formula 1 con la Ferrari e volendo perciò evitare concorrenze interne, annullò il programma Alfa Romeo Formula 1 e di conseguenza venne accantonato anche il nuovo motore aspirato da 3,5 litri V10 già impostato, siglato V1035, il protagonista vero di queste note.
Si chiudeva così, con una certa amarezza, la seconda fase della storia dell’Alfa Romeo in Formula1, dopo quella ben più gloriosa dei primi anni ‘50, storia che verrà ripresa solo nel 2018 con un rapporto di collaborazione con la Sauber con motorizzazioni fornite dalla Ferrari.
Il V1035 precorreva un indirizzo tecnico che avrebbe poi caratterizzato la Formula 1 degli anni Novanta.
Infatti il progetto dell’ing. Pino d’Agostino prevedeva il frazionamento in 10 cilindri ritenendo che questa fosse la configurazione più idonea per un propulsore destinato al nuovo regolamento della Formula 1.
Al riguardo non si deve credere che l’idea di d’Agostino si ispirasse ai più noti ed analoghi propulsori di Honda e Renault i quali, infatti, a quel tempo non erano stati ancora resi pubblici anzi potremmo addirittura affermare che Il V1035 dell’Alfa Romeo sia stato il primo motore di Formula 1 V10 della storia moderna, anche se non ha mai equipaggiato una monoposto.
L’angolo tra le bancate del V1035 era di 72°; venne studiata una versione con testate a cinque valvole per cilindro, ma per la configurazione definitiva si optò per le quattro valvole per cilindro comandate da quattro alberi a camme in testa, punterie idrauliche a recupero automatico del gioco. Gli alberi delle camme di aspirazione erano provvisti di variatore di fase.
Il basamento era in lega di alluminio-silicio, fuso in conchiglia, l’accensione avveniva per mezzo di cinque bobine, ovvero una ogni due cilindri.
I primi test al banco, effettuati il 1° luglio del 1986, certificarono la bontà del progetto registrando sin dai primi “vagiti” del V10 milanese una potenza di 583 CV che arrivarono a 620 CV a 13.300 giri nella sua ultima versione.
Anche se il progetto Formula 1 era stato abortito, il V1035 venne comunque mostrato in pubblico in occasione del Salone dell’Automobile di Torino nel 1988. Ne furono prodotti 15 esemplari.
Visti i risultati al banco si cercò per questo motore un impiego alternativo alla Formula 1 in altre categorie da competizione; nacquero così la 164 ProCar prima e la Gruppo C poi, quest’ultima nota anche come SE048.
L’Alfa Romeo 164 ProCar
Nel il 1987 la FIA aveva annunciato l’istituzione della categoria ProCar, vetture esteticamente simili alle vetture di serie ma con motori e tecnologia da Formula 1 destinate ad un campionato denominato “Production Car”.
Venne pertanto dato il via ad un progetto di una Alfa destinata a questo campionato basato sul propulsore V1035 e sulla silhouette della berlina Alfa Romeo 164.
La vettura venne realizzata nel 1988 con la collaborazione della Brabham che realizzò il telaio; con grande sorpresa dei presenti venne portata in pista da Riccardo Patrese il 9 settembre 1988 a Monza in occasione del Gran Premio d’Italia, quando però il Campionato cui era destinata era ormai stato annullato per scarsità di iscritti causa il disinteresse dei costruttori; solo la Peugeot aveva mostrato un certo interesse, salvo poi tornare sui suoi passi.
La vettura appariva come una normale 164, infatti la carrozzeria non presentava appendici aerodinamiche estreme, solo un alettone sulla coda.
Ma l’apparenza era ingannevole perché la carrozzeria in realtà era solo una scocca in alluminio che fungeva da carenatura ad una monoscocca in kevlar su cui veniva montato il propulsore in posizione posteriore/centrale.
Le sospensioni anteriori e posteriori erano a doppi quadrilateri deformabili del tipo “push rod” .
Secondo l’Alfa la velocità massima era prossima ai 350 Km/h e l’accelerazione da 0 a 100 km/h avveniva in soli 2,1 secondi.
Qualcosa di simile si sarebbe visto anni dopo con le Alfa 75 DTM; il DTM era una serie il cui regolamento prevedeva motori da 2500cc con una “vaga” derivazione da un propulsore di serie, vasto uso dell’elettronica e telai tubolari con carrozzerie in fibra di carbonio che riprendevano la silhouette di una vettura di serie.
Il progetto della 164 ProCar venne abbandonato quando era già in fase alquanto avanzata tanto che riguardo all’affidabilità di questa vettura, sembra che quel prototipo avesse superato una prova di durata di oltre 100 ore senza alcun problema!
Ma in Alfa non si arresero e, decisero di riciclare questo motore per realizzare un’auto del Gruppo C da far gareggiare nel Campionato destinato alle SportPrototipo secondo il regolamento che sarebbe entrato in vigore nel 1991, con l’adozione dei motori da Formula 1 e l’abolizione delle limitazioni al consumo.
L’Alfa Romeo Gruppo C (nota anche come SE048).
L’Alfa Romeo SE048 nasce nell’ambito del gruppo FIAT come ideale sostituta della Lancia LC2 dopo che i regolamenti del Gruppo C avevano subito delle importanti modifiche.
La supervisione del progetto venne affidata a Ignazio Lunetta, l’ingegnere siciliano che all’epoca era in forza all’Abarth e che successivamente Montezemolo inserì nel programma di ristrutturazione del team Ferrari come ingegnere di pista di Jean Alesi, incarico che mantenne anche quando arrivò Schumacher a Maranello.
A Lunetta spettava il compito di coordinare l’attività di un gruppo misto di ingegneri dell’Abarth e dell’Alfa Corse; alla vettura venne attribuita la sigla di progetto Abarth SE048, a cui si deve la denominazione popolare (ma non ufficiale) di Alfa Romeo SE048.
Mentre gli studi in galleria del vento venivano portati avanti dall’ing. Giorgio Camaschella presso le strutture della Dallara e del Centro ricerche FIAT di Orbassano, l’ing. Claudio Lombardi portava avanti lo sviluppo in pista del V1035 installato su una Lancia LC2 opportunamente adattata; questo prototipo venne denominato Abarth SE047.
Il progetto della vettura mirava alla massima efficienza aerodinamica, tanto da generare forze aerodinamiche nettamente superiori a quelle delle monoposto di Formula 1 contemporanee.
Purtroppo anche questo progetto venne, seppur in parte, abortito dai vertici FIAT che imposero l’adozione del 12 cilindri Ferrari utilizzato in Formula 1 tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90.
Non è ben chiaro se tale decisione venne presa in quanto c’erano dubbi sull’affidabilità del comando della distribuzione a cinghia dentata del V1035 dell’Alfa, allestito con specifiche per la Formula 1 ed in seguito per le gare sprint del Campionato Production Car o, più probabilmente, per una scelta politica dei dirigenti FIAT in nome delle sinergie aziendali.
A malincuore, pur di portare avanti il progetto della Gruppo C, gli ingegneri dell’Alfa Romeo installarono nella loro vettura il motore Ferrari che comunque era stato sottoposto in Abarth ad una serie di modifiche specifiche per le gare endurance come una nuova gestione elettronica e il basamento in ghisa, ridisegnato per le gare di durata; un vero inno alle sinergie di gruppo: progetto Ferrari, fusioni siglate Abarth, coperchi punterie con marchio Alfa Romeo.
Ma ancora una volta calò dall’alto l’ordine dei vertici FIAT di abbandonare definitivamente il progetto della Gruppo C.
Gli elevati costi previsti per lo sviluppo della vettura, in coincidenza con uno stato di crisi che aveva coinvolto il Gruppo FIAT, ma soprattutto il fallimento del Campionato Mondiale SportPrototipi nella versione con motori 3,5 litri da Formula 1, abrogato alla fine del 1992, posero fine al progetto ancor prima che la Gruppo C dell’Alfa scendesse in pista.
La Gruppo C dell’Alfa venne presentata alla stampa nel 1992 , ma rimase per sempre una prototipo sperimentale.
L’Alfa Romeo saprà comunque esprimere al meglio la propria anima sportiva portando in pista le versioni da competizione della 155 conquistando numerosi campionati nazionali fino ad arrivare ai successi nel DTM.
Alcuni anni dopo, nel 1996, esordiva in Formula 1 la prima monoposto Ferrari dotata di un motore V10.
Probabilmente non a caso nel reparto motori di Maranello c’era, tra gli altri, anche l’ing. Pino d’Agostino che sicuramente portò con sé le esperienze maturate con l’Alfa Romeo V1035 contribuendo in modo fondamentale al ritorno della Ferrari al titolo costruttori nel 1999, dopo 16 anni, e a quello piloti nel 2000, che mancava da 21 anni.
Naturalmente nel frattempo la tecnica evolveva e quindi i due motori presentavano alcune differenze: il Ferrari 046 aveva la distribuzione a cascata di ingranaggi anziché a cinghia dentata e le valvole a richiamo pneumatico anziché a molla; simile era invece l’angolo tra le bancate, 72° l’Alfa Romeo e 75° il Ferrari.