Nel 2020 e nel 2021, a causa della pandemia da SARS-CoV-2 (meglio noto come COVID19) che ha avuto conseguenze quasi catastrofiche con provvedimenti di lockdown, chiusura di frontiere e quarantene varie, il calendario del Motomondiale venne completamente stravolto con prove annullate, sostituite da sedi non presenti nei calendari degli anni precedenti oppure svolgendo doppie prove su uno stesso circuito a distanza di una settimana, usando in qualche caso l’escamotage di una diversa denominazione, così da ridurre la movimentazione di uomini e materiali e nel contempo mantenere in calendario un numero adeguato di Gran Premi.
Il mondiale del 2020, il primo che subì gli effetti della pandemia, fu quello più colpito da questi provvedimenti, anche perché la DORNA si trovò ovviamente impreparata di fronte ad un evento così straordinario, tanto che l’intera manifestazione si svolse prevalentemente su circuiti europei a partire dal GP di Spagna del 19 luglio a Jerez ricordato, purtroppo, anche per il grave incidente di cui rimase vittima Marc Marquez che lo terrà fuori dai giochi per circa tre anni.
In realtà prima di quella data un Gran Premio in territorio extra europeo venne disputato, sia pure in forma ridotta; infatti l’8 marzo, quando appena incominciavano a delinearsi le restrizioni a causa della pandemia, si svolse il GP del Qatar a Losail ma la gara della MotoGP venne annullata dopo che erano state messe in atto le misure di quarantena del Qatar, invece i team di Moto3 e Moto 2 riuscirono a disputare le loro gare perché erano a Losail già dalla settimana precedente per effettuare l’ultima sessione di test pre stagionali e perciò le autorità locali permisero loro di disputare le gare in programma.
Dopodichè la DORNA sospese tutte le attività agonistiche per analizzare con calma la situazione dei vari stati che avrebbero dovuto ospitare il Motomondiale e riorganizzare il calendario tenendo conto di tutti i vincoli che le sarebbero stati prospettati in funzione dello stato pandemico.
Il Gran Premio di Thailandia, previsto per il 22 marzo, venne inizialmente rinviato al 4 ottobre ed in seguito definitivamente annullato; il Gran Premio d’Aragona schedulato per il 27 settembre venne riprogrammato per il 18 ottobre; il Gran Premio delle Americhe e il Gran Premio d’Argentina, previsti per il 5 e il 19 aprile, inizialmente rinviati al 15 e 22 novembre, vennero poi annullati; vennero rinviati a data da destinarsi anche il Gran Premio di Spagna e quello di Francia, poi rischedulati rispettivamente per il 19 luglio e l’11 ottobre; rinviati a data da destinarsi anche i Gran Premi d’Italia e di Catalogna, con quest’ultimo poi riprogrammato per il 27 settembre.
Il 29 aprile venivano cancellati i GP di Germania, Olanda (per la prima volta dal 1949, anno di istituzione del mondiale) e Finlandia che sarebbe dovuto tornare in calendario dopo 38 anni di assenza.
Nei mesi di maggio, giugno e luglio vennero cancellati anche i GP d Gran Bretagna, Australia, Giappone, Italia, Thailandia, Argentina e Malesia; il 10 agosto veniva invece inserito il Gran Premio del Portogallo, da disputarsi il 22 novembre sul circuito di Portimao.
Dato il considerevole numero di Gran Premi cancellati, per mantenere un calendario adeguato alla titolazione iridata, in alcuni casi venne deciso di disputare due Gran Premi su uno stesso circuito a distanza di una settimana; nacquero così alcuni “doppioni” quali i Gran Premi di Andalusia (Jerez, 26 luglio), di Stiria (Spielberg, 23 agosto), dell’Emilia e Romagna e della Riviera di Rimini (Misano Adriatico, 20 settembre), di Teruel (Aragon, 25 ottobre) e il Gran Premio d’Europa (Valencia, 8 novembre).
Nel 2021, con le idee più chiare sull’andamento della pandemia, si potè organizzare un calendario più regolare da marzo a novembre con alcuni rientri e poche doppie gare come Losail (Qatar 28 marzo, Doha 4 aprile), Portimao (Portogallo 18 aprile, Algarve 7 novembre), Spielberg (Stiria 8 agosto, Austria 15 agosto) e Misano Adriatico (San Marino e Riviera di Rimini 19 settembre, Emilia Romagna 2 ottobre, quest’ultimo in sostituzione del Gran Premio della Malesia). Per completare il resoconto sui due anni più colpiti dalla pandemia, ricordiamo i Campioni del Mondo dell'”era COVID”: nel 2020 si laurearono Albert Arenas (Moto3), Enea Bastianini (Moto2) e Joan Mir (MotoGP); nel 2021 i campioni sono stati Pedro Acosta (Moto3), Remy Gardner (Moto2) e Fabio Quartararo (MotoGP).
Ma di Gran Premi rinviati o cancellati prima del biennio condizionato dal COVID ce ne erano già stati e per diversi motivi: condizioni meteo (pioggia torrenziale o neve), pericolosità del tracciato, asfalto rovinato o con scarsa aderenza, non ultime particolari situazioni politiche nei Paesi sedi del GP o eventi catastrofici straordinari. Alcune di queste motivazioni hanno a volte ingenerato proteste dei piloti, a volte sfociate in veri e propri scioperi che hanno portato i piloti ad astenersi dal partecipare alla gara.
Ricordiamo che nel 1980 furono annullati i GP del Venezuela e di Svezia per motivi finanziari e il GP d’Austria a Salisburgo a causa di una improvvisa nevicata record; nel 1998 toccò al GP del Brasile, a Jacarepaguà, per l’asfalto giudicato pericoloso e a Silverstone nel 2018 a causa della pioggia che rese la pista impraticabile.
Alcuni Gran Premi sono stati parzialmente annullati a seguito di incidenti mortali; fra tutti ricordiamo quello di Monza del 20 maggio 1973 che costò la vita a Renzo Pasolini e Jarno Saarinen e quello di Sepang del 23 ottobre 2011 quando morì Marco Simoncelli.
Si sono verificati anche casi di GP che, a causa della pioggia, sono stati disputati disputati il giorno dopo, di lunedì, come il GP del Qatar 1999 o con programmi ridotti con categorie cancellate, come a Indianapolis nel 2008, quando per lo scatenarsi di un uragano la MotoGP venne accorciata e la 250 annullata del tutto.
Un caso eclatante è rappresentato dal Gran Premio del Giappone del 2011 che, a causa di uno tsunami e del conseguente incidente alla centrale nucleare di Fukushima, venne rinviato di alcuni mesi, da Aprile ad Ottobre.
Vogliamo poi ricordare i Gran Premi che subirono gli effetti delle proteste inascoltate dei piloti contrari a gareggiare su circuiti ritenuti troppo pericolosi. Un primo caso che ricordiamo è quello del Gran Premio di Germania al Nurburgring nel 1974 dove molti piloti, lamentando la mancanza di un numero sufficiente di balle di paglia di protezione, si astennero e alla fine al Gran Premio presero parte solo i piloti tedeschi, obbligati dalla federazione nazionale, e la vittoria nella classe 500 arrise al pilota tedesco Edmund Czihak che concluse davanti agli altri soli tre piloti che terminarono la gara.
Casi analoghi si verificarono in Austria (Salisburgo) 1977, Belgio (Spa-Francorchamps) 1979, Francia (Nogaro) 1982, Nazioni (Misano) 1989; in tutte le occasioni citate i piloti ufficiali si rifiutarono di prendere il via ma alcuni privati pur di avere il loro giorno di gloria (ma anche e forse sopratutto per non perdere gli ingaggi) decisero di schierarsi al via; vi ricordiamo i vincitori della classe 500: a Salisburgo si impose Jack Findlay, a Spa lo sconosciuto neozelandese Dennis Ireland, a Nogaro fu la volta dello svizzero Michel Frutschi con l’italiana Sanvenero ed infine Misano dove sotto il diluvio si impose Pierfrancesco Chili.
Il Gran Premio dell’Ulster del 1971 rappresenta un caso a sé; a quel Gran Premio non tutti i team erano presenti perché ormai i titoli iridati delle maggiori cilindrate erano matematicamente assegnati ma anche perché l’Ulster in quel periodo era turbato da sommosse, tra gli assenti di rilievo Giacomo Agostini con la MV Agusta; la vittoria nella 500 andò al pilota australiano Jack Findlay su Suzuki 500 bicilindrica 2 tempi; curiosamente al momento della premiazione venne suonato l’inno francese anziché quello australiano dato che correva con licenza francese. Fu la prima vittoria di Findlay in un Gran Premio e si trattò anche della prima vittoria nella classe regina di una motocicletta dotata di motore a due tempi.
Ricordiamo anche un caso di boicottaggio da parte di un costruttore: per il 1969 la Federazione Italiana decise di far disputare il Gran Premio delle Nazioni sul circuito di Imola, diventato circuito permanente, anziché sul tradizionale circuito di Monza,. Una decisione che scatenò discussioni e polemiche, ma la reazione più dura fu quella della MV Agusta. La casa di Cascina Costa, e di conseguenza il suo pilota Giacomo Agostini, rinunciava alla corsa italiana. In uno scritto inviato al presidente della F.M.I. il conte Domenico Agusta chiariva così il motivo del suo dissenso: « Monza rappresenta una base tecnica non sostituibile». La gara delle 500 fu vinta da Alberto Pagani sulla artigianale LinTo seguito da Gilberto Milani su Aermacchi monocilindrica e dall’altra LinTo dell’australiano John Dodds. Quella, per la LinTo, fu la sua prima e unica vittoria in un Gran Premio iridato.
Ma forse il boicottaggio più clamoroso fu quello che subì il TT dell’isola di Man da parte di costruttori e piloti, proprio il Gran Premio che godeva del prestigio di essere stato il GP inaugurale del Campionato del Mondo nel 1949; un boicottaggio che, protrattosi dal 1973 al 1976, portò poi all’eliminazione della prestigiosa gara britannica dal calendario del motomondiale a partire dal 1977. Anche in questo caso ricordiamo i vincitori del Senior TT (classe 500): Jack Findlay (1973, Suzuki), Phil Carpenter (1974, Yamaha), Mick Grant (1975, Kawasaki), Tom Herron (1976, Yamaha).
Infine vogliamo ricordare Gran Premio dell’Ulster 1965 che non subì un boicotaggio ma fece registrare comunque l’assenza delle MV Agusta di Hailwood e Agostini per motivi logistici; la vittoria nella 500 andò al privato Richard Creith su Norton.