Nel 1965 faceva il proprio debutto sulla scena del Campionato del Mondo di motociclismo la inusuale MV Agusta 350 tre cilindri; alla guida una promessa del motociclismo: Giacomo Agostini.
Ma perché inusuale? In effetti raramente si era vista in gara una moto da Gran Premio con una simile configurazione motoristica; gli esempi più eclatanti che ricordiamo sono un 500 3 cilindri bialbero sovralimentato realizzato nel 1939 dalla Moto Guzzi che disputò una sola gara a maggio del 1940 al circuito del Lido di Albaro a Genova guidata da Guglielmo Sandri prima che le competizioni venissero fermate per l’entrata in guerra dell’Italia e le ottime prestazioni offerte negli anni ’50 dal 350 3 cilindri due tempi della DKW RM che aveva una accelerazione che la rendeva imbattibile per i 4 tempi di allora. La migliore stagione della DKW fu quella del 1956 durante la quale il pilota August Hobl fu in lotta per il titolo iridato fino all’ultima gara finendo al secondo posto in classifica; poi la crisi del comparto motociclistico tedesco costrinse la DKW a chiudere il reparto corse.
In seguito la striscia vincente della MV Agusta di Agostini nelle classi 350 e 500 ispirò la nascita della artigianale CARDANI 500 (il nome è un acronimo ricavato dai nomi dei suoi ideatori, Carlo Savarè e Daniele Fontana, famoso per i suoi freni a tamburo).
Anche la DUCATI si fece influenzare dai successi della MV Agusta e perciò, parallelamente al progetto della 500 bicilindrica a V90° da GP, nel 1971 venne realizzato, in collaborazione con la famosa società di consulenza inglese RICARDO ENGINEERING, un motore 350 cc a tre cilindri, 4 valvole che però non ebbe seguito.
Un’altra interessantissima moto da GP di soli 50cc sarebbe stata quella che la Suzuki si preparava a far debuttare nel 1968: un vero mostro meccanico con un motore 3 cilindri 2 tempi, 28 x 26,5, 14 rapporti, circa 20 CV (intorno ai 400 CV/litro) a 19.000 giri; purtroppo i regolamenti tecnici introdotti dalla FIM (1 cilindro, 6 marce) costringeranno la Suzuki ad archiviare questo stupendo esercizio meccanico.
A tre cilindri, ma a 2 tempi e con i cilindri disposti a V, ricordiamo la Honda NS500 che conquistò poi il mondiale nel 1983 con Freddie Spencer; anche la Yamaha si è cimentata nelle competizioni con un 3 cilindri, sia pure attraverso la filiale olandese, con la 350 2 tempi con cui Katayama conquistò il mondiale nel 1977.
In tempi più recenti, con l’avvento della MotoGP, è stato il turno dell’Aprilia che ha presentato nel 2002 la RS cube, una moto da GP avanzatissima tecnologicamente, forse troppo e questo ne ha determinato uno scarso rendimento in gara e quindi lo stop allo sviluppo. Il motore sulla carta era eccezionale, con distribuzione a valvole pneumatiche, frizione in fibra di carbonio, acceleratore elettronico e potenza stimata di quasi 220 CV.
Ma ritorniamo alla nascita della MV Agusta 3 cilindri . Al termine del Campionato del 1963, verso la metà di dicembre, il conte Domenico Agusta, intuendo che il ciclo delle 4 cilindri progettate da Remor fosse ormai alla fine, decise di dare il via ad un nuovo progetto pensando ad una moto dotata di un motore a 3 cilindri, idea basata probabilmente sull’ipotesi che potesse costituire un equilibrato compromesso tra la leggerezza, la maneggevolezza e l’aerodinamica di un “due” e la potenza di un “quattro”, tanto che “suggerì” al gruppo di progettazione incaricato di stabilire nel 250 bicilindrico il punto di partenza del progetto.
Domenico Agusta non era un tecnico ma era lui che tracciava un’idea su carta con una matita rossa e poi l’ufficio tecnico lavorava a partire da quello. Il gruppo incaricato di dare vita all’innovativo progetto era costituito dal responsabile dell’ufficio tecnico Mario Rossi coadiuvato da Enrico Sironi e dal capo del reparto corse Arturo Magni; inizialmente cercarono di dissuadere il Conte, ma questi fu irremovibile. Al riguardo citiamo testualmente il Capo Ufficio Tecnico Mario Rossi: “Non si potevano contraddire le sue “indicazioni”, anche se tecnicamente c’era qualche buon motivo per farlo”.
L’obiettivo prefissato dal Conte era quello di mettere in pista la nuova moto entro sei-sette mesi per partecipare sia al campionato italiano che al mondiale già nel 1964.Tra gennaio e febbraio del 1964 furono approntati i disegni tecnici del motore che vennero inviati alla produzione previa approvazione firmata del Conte. Dopo i primi scarsi risultati al banco il progetto venne rivisto passando dalla iniziale soluzione delle due valvole con ampio angolo incluso richiamate da molle a spillo alla soluzione delle 4 valvole con angolo stretto incluso richiamate da molle a elica. Anche le misure geometriche vennero modificate passando da 343,87cc (52x54mm) a 348,58cc (56×47,2mm); alla fine si ottenne un’accettabile potenza di 60CV a 13.000 giri/min.
Le maggiori attenzioni furono rivolte allo sviluppo del motore tanto che per la gara del debutto fu allestito un telaio della 250 su cui venne montato il nuovo 350/3. In seguito venne realizzato un telaio espressamente per la tre cilindri che comunque riprendeva le quote essenziali della 250 però i tubi erano di maggior diametro e la doppia culla era scomponibile al fine di agevolare lo smontaggio del motore dal telaio stesso; il veicolo completo fece registrare un peso di 130Kg. In seguito venne realizzato anche un telaio in titanio che però non fu mai adoperato in corsa perché all’epoca era proibito.
Purtroppo lo sviluppo richiese più tempo di quello previsto tanto che il Conte Agusta, spazientito, stabilì una nuova inderogabile scadenza : “Voglio la moto completa prima della mia settimana di ferie in programma a Venezia dal 1° agosto”.
Il diktat del Conte fu talmente imperioso che con cronometrica puntualità Arturo Magni la sera del 1° agosto gli telefonava per rassicurarlo sul fatto che il motore si era rivelato una “bomba” e che la moto era pronta per un primo collaudo su strada. A questa notizia Domenico Agusta ordinò: “Caricate tutto sul camion e domattina all’alba venite qui da me davanti all’hotel: voglio vederla con i miei occhi, voglio sentire la sua voce con le mie orecchie”.
All’alba di domenica 2 agosto 1964 il camion della MV appena giunto da Cascina Costa stazionava sulla strada antistante l’hotel più prestigioso nel cuore del Lido di Venezia; appena apparve il Conte i meccanici si affrettarono a tirar giù dal camion il nuovo bolide fresco di vernice.
Il Conte si soffermò ad osservare ogni minimo particolare della moto e poi rivolto a Magni disse “Fatela cantare”; per qualche minuto il neonato 3 cilindri, tra lo stupore degli aristocratici villeggianti ospiti dell’hotel, fece sentire la sua possente “voce” annunciando l’inizio di una nuova era del motociclismo.
La piccola folla di VIP che assistette all’evento applaudì entusiasticamente ricevendo come ringraziamento l’inchino del Conte, dopodiché la moto venne ricaricata sul camion e riportata a Cascina Costa.
Nonostante alcuni inevitabili inconvenienti tecnici “di gioventù”, a cui nel corso della stagione venne posto rimedio, la stagione di esordio della innovativa 350 varesina e del suo giovane pilota, fu straordinaria.
Dal 1962 la classe 350 era riservato dominio della accoppiata Jim Redman/Honda 4 cilindri; ma alla prima gara di campionato, il GP di Germania al Nurburgring, Agostini portò la nuova MV Agusta ad una sorprendente quanto trionfale vittoria.
Tutto il campionato si svolgerà all’insegna di una sfida a due tra il rhodesiano e l’emergente giovanotto italiano che nel corso dello sviluppo aveva saputo cucirsi addosso la moto, tanto che i due piloti arriveranno all’ultima di campionato, a Suzuka, entrambi con 32 punti.
Purtroppo proprio nella gara decisiva la MV ebbe un banale problema di natura elettrica e a nulla valse l’impegno di Hailwood, compagno di marca di Agostini, di contenere l’azione di Redman perché comunque Agostini dovette accontentarsi del quinto posto e così il titolo sfumò, ma l’impresa rimase.
Agostini saprà rifarsi con gli interessi negli anni a seguire.
Constatato il brillante esordio si decise di portare anche nella classe regina la nuova tecnologia; procedendo per gradi la cilindrata fu portata prima a poco meno di 400cc, poi a 420cc e infine a 497,9cc.
Nel 1969 la MV affrontò anche il tema di una 350 6 cilindri, senza però andare oltre alcuni collaudi in pista perché la moto risultò ingombrante e poco maneggevole, perciò non gradita a Giacomo Agostini, ma anche perché la Honda si era ritirata e nel contempo la FIM aveva emanato il nuovo regolamento che limitava a 4 il numero massimo di cilindri.
Poi, nel 1970, venne varato il nuovo progetto di una 350 4 cilindri che, ripetendo il ciclo della 3 cilindri, crescerà fino ai 500cc.
In otto stagioni, dal 1966 al 1973, le MV tre cilindri risulteranno quasi imbattibili, rimanendo sostanzialmente sempre le stesse essendo sottoposte solo a sottili affinamenti anno dopo anno; con le 3 cilindri Agostini ha conquistato 13 dei suoi 15 titoli mondiali.
L’intuizione del Conte si era rilevata più che fondata.