Ai Saloni dell’automobile del 1968 fa la sua apparizione una berlinetta sportiva che si fa notare per la carrozzeria aerodinamica caratterizzata dal cofano lungo e spiovente, abitacolo arretrato, coda tronca, fari a scomparsa con meccanismo elettroattuato e bocchettone di rifornimento esterno che evocava quello delle Ferrari da competizione.
Alcune parti della carrozzeria erano in plastica mentre il ridotto spazio di carico era disponibile in parte nel cofano anteriore e in parte dietro i sedili; l’interno era caratterizzato da un insolito ma funzionale quadro strumenti verticale montato al centro della plancia. La pedaliera era regolabile (si presuppone sedili fissi).
L’altezza di questa berlinetta caratterizzata dal una design spiccatamente sportivo era ridottissima: appena 105cm, pari a 41,34 pollici ovvero solo 1,34 pollici più della Ford GT40.
Era la Francis Lombardi Gran Prix, una coupé “fuoriserie” (come usava a quei tempi definire queste realizzazioni) che utilizzava la piattaforma della FIAT 850 Berlina a motore posteriore longitudinale montato a sbalzo, una fra le più popolari “utilitarie” degli anni ‘60, erede della gloriosa FIAT 600; alcune fonti attribuiscono la linea della grintosa berlinetta alla matita del designer Giuseppe Rinaldi, collaboratore della carrozzeria, altre ne attribuiscono la paternità a Pio Manzù, figlio del noto scultore Giacomo.
Carlo Francesco Lombardi (Genova, 21 gennaio 1897 – Vercelli, 8 marzo 1983), noto come Francis Lombardi, era un genovese trapiantato a Vercelli; aviatore durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1938 aveva fondato la AVIA (Azionari Vercellese Industrie Aeronautiche) finalizzata alla progettazione e costruzione di aeroplani leggeri. Nel 1947 fondò a Vercelli la carrozzeria Francis Lombardi che poi chiuderà i battenti nel 1976.
La grinta della piccola berlinetta sportiva attrasse l‘attenzione di alcuni “elaboratori” tra i quali la Giannini che ne allestì diverse versioni, denominate appunto Giannini Grand Prix, che montava motori da 843cc, 903cc e 998cc.
Meno nota è la OTAS 820 nata specificamente per il mercato americano che già a quei tempi imponeva pesanti restrizioni sulle emissioni.
L’azienda torinese O.T.A.S. (Officina Transformazione Automobili Sportive), nacque come partnership tra Francis Lombardi e Franco Giannini, figlio di Domenico co-fondatore della Giannini, con l’obiettivo appunto di realizzare una versione della Giannini Gran Prix conforme alle normative USA in materia di emissioni.
La cilindrata del motore di serie venne perciò ridotta a 817cc, da cui il nome 820, cilindrata sottoposta a norme sulle emissioni meno rigorose .
Per compensare la prevedibile perdita di prestazioni vennero adottati un maggiore rapporto di compressione portato da 9,3 a 10, un albero a camme più spinto, carburatore Solex 32 o Weber 30DIC1 e un impianto di scarico Abarth per una potenza di circa 65CV secondo gli standard americani, pari a circa 52 CV stimati con i criteri in vigore in Europa.
Altre modifiche per il mercato americano includevano catarifrangenti laterali, sedili avvolgenti posteriori con poggiatesta, obbligatori per legge nel 1969, nonché un quadro strumenti modificato che presentava cinque strumenti (contro quattro), indicatori di frenata e luci di emergenza, tergicristallo riposizionato, modificato l’impianto di illuminazione e montato un paraurti posteriore in fibra di vetro.
Si ritiene che tra il 1971 ed il 1972 ne siano stati importati un centinaio, tra cui anche qualche Abarth 1300 Scorpione di cui parleremo qui nel seguito.
La linea sportiva ed il peso ridotto a 620Kg avevano attirato le attenzioni anche di di Carlo Abarth, che già a quei tempi stava lavorando sulla base meccanica della Fiat 850 e ritenne perciò di poter ricavare in tempi brevi dalla Gran Prix una piccola brillante GT.
La prima versione Abarth della Gran Prix fu svelata al Salone di Parigi del 1968; presentava una versione leggermente elaborata del motore da 903 cc della Fiat 850 Sport Coupé/Spider da 52 CV, una potenza ritenuta insufficiente.
Nasceva così l’idea di una versione più spinta, che verrà denominata FIAT Abarth Scorpione 1300, sulla quale venne montato un motore da 1300cc derivato dal 1200 della FIAT 124 abbinato ad un cambio a 4 marce; d’altronde questa non era una novità in Abarth che già nel 1966 aveva realizzato lo stesso trapianto su una Fiat 850 coupè denominandola Fiat Abarth OT 1300/124.
La cilindrata venne portata da 1197cc a 1280cc (Alesaggio x corsa = 75,5 x 71,5mm) per 75CV.
Freni (4 a disco), ruote, pneumatici e sospensioni erano ovviamente adeguati alle maggiori prestazioni.
A causa del motore più grosso e delle parti meccaniche modificate, la Scorpione 1300 fece registrare alla bilancia 50Kg più della versione base per un peso totale a secco di 670 Kg.
La velocità massima era leggermente superiore ai 180 Km/h.
Ne scaturì una berlinetta agile e scattante; la distribuzione dei pesi era decisamente sbilanciata verso il posteriore (39/61) ma questo non sembrava incidere particolarmente sulle caratteristiche di guidabilità, maneggevolezza e tenuta di strada accusando solo qualche sollevamento dell’anteriore a velocità più elevate.
In seguito vennero approntate anche due versioni più spinte, la “S” e la “SS” da 100CV che beneficiava anche di sospensioni riprogettate per ottenere carreggiate allargate.
La Abarth Scorpione venne prodotta in pochissimi esemplari tra il 1969 ed il 1971. Quando l’Abarth venne rilevata dalla Fiat nel 1971, la produzione della Scorpione venne sospesa.