Le origini della Ducati in qualità di produttore di motocicli possono esser fatte risalire in prima istanza alla SIATA che nell’autunno del 1943, con grande lungimiranza, pensò ad un motore ausiliario per biciclette, che avrebbe dovuto favorire il processo della motorizzazione di massa; una volta realizzato diventerà famoso con la denominazione di “Cucciolo”. Per accelerare i tempi la direzione aziendale decise di realizzare un propulsore ispirato a quello progettato da Giuseppe Remondini, un brillante ingegnere che si era distinto particolarmente in campo motociclistico.
La SIATA (Società Italiana Applicazioni Tecniche Aviatorie), un’azienda fondata nel 1926 a Torino dall’imprenditore/progettista Giorgio Ambrosini (nato nel 1890 a Fano, un piccolo paese del Piemonte) e non più operante da circa 50 anni, era nata per la produzione di componenti per l’elaborazione di vetture di serie, in particolare ricordiamo quelle per le Fiat 522, 524, 514 e 508 Balilla; la modifica più nota e diffusa era la trasformazione delle testate da valvole laterali a valvole in testa, ma venivano prodotti anche collettori, marmitte, freni ed ammortizzatori e inoltre veniva curata la parte telaistica delle auto di serie per adattarla alle maggiori prestazioni derivanti dalle elaborazioni motoristiche.
Nel 1937 l’azienda fece un salto di qualità passando alla elaborazione completa delle vetture arrivando, nel 1939, a produrre delle “fuoriserie” con carrozzerie proprie.
Nel dopoguerra, giovandosi di una partecipazione al 50% dell’ente pubblico IFI (Istituto Finanziario Italiano) come tante altre aziende italiane dell’epoca, venne ricostruito lo stabilimento di via Leonardo da Vinci 23 a Torino che aveva subito notevoli danni per i bombardamenti; la compartecipazione durò fino fino al 1959 quando la SIATA riacquistò la propria autonomia.
Inizialmente venivano costruite vetture Sport spinte da motori 750/1000 bialbero collocati posteriormente e vetture Sport destinate a montare motori americani da 5000/6000 di cilindrata; nel 1945 iniziarono le prime consegne del notissimo micromotore Cucciolo.
LA NASCITA DEL CUCCIOLO
Come abbiamo visto, la SIATA aveva deciso di realizzare un propulsore ispirato a quello di Remondini, a quei tempi considerato il migliore esempio di motore ausiliario.
Scarse le notizie anagrafiche su di lui; la più accreditata è quella che sarebbe nato a Castel d’Ario (Mantova) nel 1895 mentre sarebbe morto in Francia a Torfou (Seine-et-Oise) nel 1959. Iniziò a lavorare all’Alfa Romeo per passare poi in aziende orientate alla produzione motociclistica che lo vedranno a volte impegnato, oltre che nella sua naturale attività di progettista, anche come imprenditore: Frera, Nagas & Ray, Jonghi e infine Construction Mechaniques Remondini Pere et Fils che nel dopoguerra passerà sotto il controllo della SATAM che proseguì nell’attività fino al 1959, anno della chiusura definitiva a seguito della morte del suo progettista. Erede delle capacità di progettista di Remondini sarà il figlio Arrigo che alla fine degli anni ’60 partecipò allo sviluppo del motore Matra 12 cilindri.
A guerra ancora in corso ci fu un incontro clandestino nel corso del quale l’ingegnere consegnò alla SIATA i disegni del suo motore. In realtà il motore originario fu profondamente rivisto e pertanto la progettazione viene fatta risalire ad una idea dell’avvocato Aldo Farinelli coadiuvato dal fratello, l’ingegner Ezio Furio, noto tecnico e collaboratore di riviste specializzate, e dal perito Aldo Leoni.
I fratelli Farinelli avevano progettato il motore nel corso del 1944 trovando nella SIATA un interlocutore interessato.
Negli anni ‘40 si contavano più di 50 costruttori di micromotori per biciclette, tutti a 2 tempi, senza marce e con trasmissione a rullo di aderenza; il Cucciolo, con il suo motorino a 4 tempi, cambio a 2 marce, frizione e trasmissione a catena, si distingueva nettamente.
Era in pratica un “vero” motore progettato stranamente da un avvocato e forse proprio per questo ricco di soluzioni inconsuete, quelle che magari non vengono in mente ad un progettista del settore legato a tradizioni tecniche consolidate.
Il motore era destinato ad essere montato sotto la pedaliera della bicicletta con il cilindro leggermente inclinato in avanti; aveva una cilindrata di 48 cc, distribuzione aste e bilancieri, con le aste che agivano in trazione e non in compressione, le 2 valvole in testa che lavoravano allo scoperto; era quasi interamente realizzato in Silumin, una lega di derivazione aeronautica; pesava circa 7 Kg; la potenza era di 1,2 CV a 4250 giri. Consentiva di raggiungere i 35/40 Km/h con un consumo di 1 litro per 100 Km.
Fu presentato alla stampa il 26 luglio 1945 alla Fiera di Torino; veniva venduto in “scatola di montaggio” con la denominazione Cucciolo. Era prima realizzazione motoristica europea del dopoguerra.
Le consegne iniziarono nell’autunno dello stesso anno. Inizialmente il prezzo si aggirava sulle 20.000 lire per arrivare a 37.000 lire dopo la svalutazione del 1946. Nel primo anno ne vennero commercializzate 15.000 unità, per arrivare a 60.000 nel 1948, tutte contraddistinte dalla sigla T1 e costituenti quasi la metà del parco ciclomotori della nazione.
Il successo fu tale che la SIATA, non avendo la capacità produttiva per rispondere alle numerose richieste, si rivolse alla alla SSR Ducati
e dopo circa 12 mesi anche alla CANSA Aeronautica di Cameri (NO) per incrementarne la produzione. Alla fine del 1946, la Ducati si aggiudicò la produzione del Cucciolo in esclusiva, facendolo diventare, di fatto il primo prodotto motociclistico della Ducati. Al Salone di Milano, nel settembre del 1946, viene presentato il T1, che continuerà ad essere prodotto anche dalla CANSA fino al 1948.
Nello stesso anno l’ing. Alfredo Capellino sviluppa il progetto di un telaio elastico destinato ad accogliere il Cucciolo che cede alla Caproni che lo sigla CCC (Ciclo Capellino Caproni); ma sul tema del telaio per il motore Cucciolo si cimentarono oltre 150 produttori come Necchi, Faggi, Musa e Battaglia, Teloflex, Leprotto, Bianchi, alcuni costruttori inglesi e francesi, altri americani, perfino alcuni dei paesi dell’Est.
Il successo del micromotore bolognese ebbe la definitiva consacrazione quando gli venne addirittura dedicata una canzone, “Ti porterò sul Cucciolo”, scritta dall’allora famoso maestro Olivero.
Nel 1948 la Ducati presenta il T2 nelle versioni Turismo e Sport, una rivisitazione del T1, le cui modifiche più importanti sono costituite dal cilindro separato dal carter e dallo scarico anteriore; al T2 viene affiancata una versione economica monomarca, il T0, che non avrà alcun successo. A partire da questo momento la Ducati produrrà il Cucciolo in assoluta esclusiva.
Il T2 fu aggiornato nel 1950, mantenendo la cilindrata di 48 cc; questa versione venne prodotta con successo anche su licenza dalla francese M.Rocher che, oltre a fornirlo ad altri produttori francesi, lo utilizzava su un telaio di propria costruzione dotato di sospensioni anteriori e posteriori.
Tra le realizzazioni più note di ciclomotori completi motorizzati Cucciolo/Rocher ricordiamo la ERIAC e la Cointot-Freres CM 504 del 1953, una versione sofisticata per il suo tempo infatti, oltre al cambio a due velocità, un ulteriore gruppo di ingranaggi a due velocità si trovava nel mozzo posteriore; tutte e quattro le marce potevano essere selezionate dalla leva del cambio a mano.
Ritornando alla storia della SIATA, nel dopoguerra l’azienda torinese, la cui denominazione ufficiale era mutata in “Società Italiana Auto Trasformazioni Accessori”, si dedicò anche alla costruzione di automobili, sempre basate su meccanica Fiat: la prima, del 1949, è la Amica, piccola cabriolet a due posti su meccanica Fiat 500A Topolino; dell’anno seguente è la Daina cabriolet derivata dalla Fiat 1400. Seguiranno la 208 Sport del 1952 derivata dalla FIAT 8V in versione S cabriolet e CS berlinetta; sullo stesso corpo vettura era possibile avere anche un 8V della Chrysler; la 300 BC, versione sportiva dell’Amica; un prototipo di utilitaria, la Mitzi del 1954, con un motore posteriore bicilindrico a valvole laterali di 434 cm che non ebbe un seguito produttivo, forse perché osteggiata dalla FIAT; al progetto Mitzi si interessarono alcuni finanzieri argentini la cui insolvenza però procurò gravi guai finanziari alla SIATA.
Una 208 S fu acquistata da Steve McQueen che l’apprezzò talmente da ritenerla una piccola Ferrari arrivando, perciò, ad apporre sulla carrozzeria gli scudetti del Cavallino Rampante.
In questi primi anni ’50 ci fu un ritorno al settore motociclistico prima con un ciclomotore economico con motore Cucciolo e poi, nel 1955, con una motoleggera 2 tempi, 160cc 2 tempi (57×62) progettata da Gian Luigi Capellino, il padre di Alfredo progettista del telaio elastico per il Cucciolo, che ricordiamo anche per aver progettato la motoleggera Baio della IMN di Napoli. La moto aveva cambio a 4 rapporti ed era declinata in 3 versioni: Turismo che erogava 6,9 CV; Sport da 7,8 CV, entrambe con ruote da 19”, e Dinghy da 6,5 CV e ruote da 15”; la moto non ebbe gran successo e dopo un anno cessò la produzione.
Nella seconda metà degli anni ‘50 la SIATA si concentra su modelli derivati dalle Fiat 600 e 1100.
Nel 1959 l’Abarth rileva il 49% della SIATA che cambia ragione sociale in SIATA Auto, un’operazione incoraggiata dalla FIAT; il primo prodotto dell’accordo SIATA-Abarth è la 750 su base meccanica Fiat in versione coupé e spyder, oltre una Fiat 600 Multipla allungata e una 600 berlina con carrozzeria bicolore ma l’accordo tra le due aziende torinesi si scioglie ben presto nel 1960; dopo il fallimento dell’operazione la Abarth assunse di fatto il ruolo di elaboratore ufficiale di vetture FIAT fino ad allora ricoperto dalla SIATA.
Dopo lo scioglimento del consorzio con l’Abarth, la SIATA si interessò al mercato spagnolo e firmò un accordo con l’industriale catalano Esteban Sala Soler per costituire la società Siata Española con l’obiettivo di produrre auto basate su modelli SEAT (derivati FIAT) in uno stabilimento industriale situato nella città di Tarragona; l’azienda italo-spagnola chiuderà i battenti nel 1972.
Negli anni sessanta la SIATA produce alcune coupé disegnate da Michelotti su meccanica Fiat 1300/1500; infine nel 1967 viene messa in produzione l’ultima creazione della Siata, la spider retrò Spring 850 che sarà anche l’ultima SIATA, la Casa torinese infatti chiuderà i battenti nel 1970.
Le linee di montaggio della Spring vennero cedute alla ORSA (Officina Realizzazione Sarde Automobili), un’azienda fondata da un gruppo di giovani industriali sardi grazie ai finanziamenti della “Cassa per il Mezzogiorno”.