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Alfa Romeo 33 stradale: la “Divina”
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Alfa Romeo 33 stradale: la “Divina”

Maggio 4th, 2022 Fabio Avossa Amarcord

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L’Alfa Romeo nel 1967 mise in produzione la sportivissima “33 Stradale” costruita in serie limitata, una delle poche vetture stradali nate da una versione da competizione. La 33 stradale era infatti una versione destinata al pubblico dell’Alfa Tipo 33, vettura da competizione che partecipava al Mondiale Sport Prototipi sotto le insegne del team Autodelta, l’emanazione sportiva della casa del Biscione.

Costruita con l’obiettivo di rendere disponibile al pubblico parte del bagaglio tecnico accumulato nelle corse dall’Alfa Romeo, nel 1968 la Stradale era l’automobile più costosa in vendita al pubblico a 9.750.000 lire quando per una Jaguar erano richiesti circa 5 milioni, per una Ferrari 6 milioni, per la Lamborghini Miura più di 7 milioni.

All’epoca era forse l’auto più veloce disponibile in commercio; con il suo V8 di 2000cc, depotenziato rispetto alla versione corsa da 270 cv a 230 CV che le consentiva velocità prossime ai 300 Km/h, non è difficile affermare che sia stata una delle prime supercar in vendita. La sua stupenda linea, disegnata da Franco Scaglione, la fa considerare ancora oggi come una delle auto più belle di tutti i tempi.
Ricordiamo qui brevemente il “pedigree” della 33 Stradale.

La prima versione dell’Alfa Romeo Tipo 33, soprannominata “periscopio” per la caratteristica presa d’aria per l’alimentazione posizionata sopra il roll-bar, era spinta da un V8 a 90° di 1.995cc da 270CV. Il debutto avvenne il 12 marzo 1967 alla cronoscalata di Fléron (Belgio) nei pressi di Liegi guidata da Teodoro Zeccoli, il collaudatore dell’Autodelta, che la portò alla vittoria.


Seguì, nel 1968 la versione aggiornata 33/2 denominata “Daytona” perché alla classica 24 ore americana si aggiudicò trionfalmente i primi tre posti della classe 2 litri.

Una evoluzione più importante si ebbe l’anno successivo, il 1969, con la 33/3 che vedeva la cilindrata crescere al limite dei 3000cc; una variante, denominata 33/4 veniva allestita con un motore portato a 4 litri per le gare della serie CanAm dei primi anni ‘70.

Nel 1973, pur mantenendo la denominazione originaria, la 33 viene sottoposta ad una rivoluzione tecnica con il telaio tubolare radicalmente diverso ed un motore da 3 litri 12 cilindri piatto erogante 500 CV, da cui la denominazione completa 33 TT 12, che si aggiudicherà il Campionato mondiale sport/prototipi del 1975.

Una ulteriore evoluzione arriva nel 1976 con la 33 SC 12 dove la sigla SC fa riferimento all’innovativo telaio Scatolato che, con un motore portato a 520 CV, conquisterà con una schiacciante supremazia il Campionato Mondiale Marche nel 1977 vincendo tutte le otto gare in calendario; un’ultima versione della gloriosa sport/prototipo milanese è la 33 SC12 turbo, che Merzario, a campionato già acquisito, portò al debutto a Salisburgo nel 1977; il suo motore 12 cilindri di 2.134cc era sovralimentato con due turbocompressori che ne innalzavano la potenza a 640 CV.

Il motore 12 cilindri flat venne utilizzato anche sulle monoposto di Formula 1 Brabham-Alfa BT45 del 1976, Brabham-Alfa BT46 del 1978 (e sulla variante BT46/B nota come “Fan Car” o “Auto Ventola” perchè presentava una ventola al retrotreno che aspirando l’aria dal fondo vettura creava una depressione generando artificialmente il desiderato effetto suolo) e sulla Alfa Romeo 177 che segnò il ritorno dell’Alfa Romeo alle competizioni della massima Formula nel 1979.

La 33 stradale venne esposta al pubblico al Salone dell’Auto Sportiva di Monza a margine del Gran Premio d’Italia del 1967 e nei principali saloni espositivi dello stesso anno, Parigi e Torino.


La carrozzeria, disegnata da Franco Scaglione, è stata uno dei primi esempi di vetture stradali dotata di portiere con apertura a farfalla mentre i finestrini laterali si prolungano senza soluzione di continuità fin sopra il tetto così da agevolare l’ingresso nell’abitacolo; è realizzata in alluminio, montata su un telaio tubolare in acciaio con un passo più lungo di 10 cm rispetto alle auto da corsa; la costruzione venne affidata alla Carrozzeria Marazzi di Caronno Pertusella (Varese), purtroppo fallita nel 2019.


Sebbene la vettura sia stata realizzata per l’uso stradale, l’utilizzo quotidiano ne era reso difficoltoso da alcune limitazioni come la mancanza di serrature e una ridottissima altezza da terra.

Il motore, un 8 cilindri a V90° montato longitudinalmente in posizione posteriore/centrale, era strettamente imparentato con quello della Montreal (qui un articolo sulla Montreal), anche se di cilindrata minore; a parte la cilindrata, i due motori si differenziavano per la disposizione delle manovelle dell’albero motore, infatti mentre il motore della Montreal aveva una albero del tipo “crossplane”, la 33 manteneva l’albero motore piatto come quello della 33 da competizione.


Il motore della Stradale differiva dal motore da competizione in molti dettagli per “civilizzarlo” sia nell’uso che nella manutenzione; in particolare ricordiamo che i due alberi a camme in testa erano comandati a catena anziché a cascata di ingranaggi.

L’alesaggio e la corsa, 78,0 x 52,2 per una cilindrata di 1995cc, caratterizzano questo propulsore, realizzato interamente in alluminio e magnesio, come superquadro; come abbiamo già detto in precedenza, è un 2 alberi a camme in testa azionati da un treno di ingranaggi, 2 valvole, lubrificazione a carter secco, doppia accensione, alimentato tramite un impianto di iniezione meccanica SPICA (azienda del gruppo IRI gestita dall’Alfa Romeo).

Con un rapporto di compressione pari a 10,5:1, il motore eroga circa 230 CV a 8.800 giri/min con un regime massimo ammesso di 10.000 giri/min; come tutte le serie limitate costruite a mano, i valori di potenza e regime potevano variare da esemplare ad esemplare; ad esempio per la prima Stradale prodotta (n. telaio 750.33.101) vennero dichiarati 243 CV a 9.400 giri/min con scarico omologato e 254 CV con scarico aperto; cambio a sei marce realizzato in casa.

Le sospensioni indipendenti integrate da barre antirollio riprendono gli schemi tipici delle vetture da competizione di quegli anni. Le ruote da 13 pollici, 8 pollici di larghezza quelle anteriori, nove pollici le posteriori, erano delle Campagnolo in magnesio; freni a disco, posteriori entrobordo, della Girling.

Il peso ridotto, 700 Kg, e la potenza specifica di 115,3 CV/litro, notevole in assenza di sovralimentazione, consentono alla Stradale prestazioni straordinarie. L’auto impiega infatti meno di sei secondi per raggiungere i 100 km/h nella partenza da fermo, 24 secondi per percorrere un chilometro con partenza da fermo e ha una velocità massima dichiarata di 260 km/h molto prossima alla effettiva velocità massima rilevata da alcune riviste specializzate.

Queste prestazioni la rendevano una delle auto più performanti in commercio all’epoca pur disponendo di una cilindrata estremamente ridotta rispetto a quella delle blasonate (ma a onor del vero, anche meno estreme) coeve come la Ferrari Daytona (4.400cc), Lamborghini Miura (4.000cc) e Maserati Ghibli (4.700cc).

Tra il 1967 ed il 1969 risultano costruiti, per ammissione della stessa Marazzi, in tutto 18 telai.
Essendo tutti costruiti a mano da esperti artigiani carrozzieri e meccanici, ogni esemplare presenta differenze di dettaglio rispetto agli altri come, ad esempio, la posizione ed il numero dei tergicristalli o le prese d’aria, mancanti sui primi esemplari, dietro le ruote anteriori e posteriori per la fuoriuscita dell’aria calda prodotta dai freni.

Due prototipi vennero allestiti con doppi fari, sostituiti con fari singoli sugli esemplari successivi per rispettare la normativa sulla distanza minima dei fari da terra.

Il primo (telaio n. 10533.01) venne costruito a Settimo Milanese presso l’Autodelta; la costruzione del secondo (telaio n. 10533.12) destinato alle corse su strada fu approntato da Scaglione con una carrozzeria in magnesio per essere poi completato, nel 1968, da Marazzi.


Una 33 Stradale doppio faro apparve nel film italiano del 1969 “Un bellissimo novembre” del regista Mauro Bolognini, con Gina Lollobrigida, Gabriele Ferzetti e Paolo Turco.

Tutti gli esemplari assemblati con la carrozzeria di Scaglione vennero verniciati con il classico Rosso Alfa ad eccezione dell’esemplare realizzato per il conte Corrado Agusta (presidente dell’Agusta Elicotteri e proprietario della MV Agusta) che la volle di colore blu, e non solo; infatti, tra le particolarità di questa versione unica c’erano i sedili da elicottero, le cinture di sicurezza di provenienza Volvo ed il doppio servofreno.

Venne poi acquistata da un collezionista giapponese che la fece dipingere di rosso e successivamente passò nelle mani di un collezionista svizzero che l’ha fatta riportare alle specifiche originali.


Come spesso accade con questo tipo di costruzioni “fuoriserie”, c’è sempre qualche dubbio sull’esattezza dei numeri: dei 18 telai costruiti ne risultano 8 allestiti con la bellissima carrozzeria disegnata da Scaglione, due sono i prototipi di cui abbiamo parlato più sopra, cinque sono stati utilizzati per la realizzazione di sei 6 concept car (un telaio è stato utilizzato due volte) pertanto ne mancano tre all’appello.

Le sei concept sono state realizzate da Bertone (Carabo del 1968 e Navajo del 1976), dalla Italdesign di Giugiaro (Iguana del 1969 i cui stilemi del frontale ritroveremo sulle Maserati Bora e Merak) e da Pininfarina (P33 Roadster del 1968; nel 1971, sullo stesso telaio, verrà realizzata lo spider Cuneo; è del 1969 la 33/2 Coupé Speciale dalla linea pesantemente influenzata da quella del concept Ferrari 250 P5).


Il primo prototipo venne venduto alla Gallery Abarth, in Giappone, il secondo prototipo, quello con carrozzeria in magnesio, e le cinque concept car realizzate dai designer italiani fanno oggi parte del Museo Alfa Romeo.


Nel 1983 l’Alfa Romeo presentava una berlina 4 porte dalla inedita linea due volumi e mezzo che si discostava profondamente dalla linea della vettura che era destinata a sostituire e di cui avrebbe dovuto proseguire il successo di vendite, l’Alfa Sud; come denominazione benaugurante le venne assegnata la evocativa denominazione di Alfa 33.

              
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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccannico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da oltre 50 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy).

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