Il 12 settembre 1995, al Salone di Francoforte l’attenzione del pubblico viene attirata da una 2 posti spider tipo “Targa” compatta, bassissima; a fianco della vettura, verniciata rigorosamente nel classico British Green, viene esposto il telaio nudo che ne rappresenta l’aspetto più innovativo.
Il motore – il “modesto” Rover 1800 Serie K – è disposto in posizione centrale trasversale, la trazione è ovviamente posteriore; tutto fa pensare a pesi contenuti, gli interni sono minimalisti, anzi spartani, con il telaio in alluminio a vista: è la Lotus Elise, una piccola sportiva progettata secondo i principi ispiratori che portarono Colin Chapman a realizzare la Lotus Seven caratterizzata da un rapporto peso/potenza particolarmente favorevole.
La brillante spider inglese avrà un notevole successo commerciale tanto da essere prodotta a partire dal 1996 (il primo esemplare venne consegnato il 1° agosto) fino al 2021 e da generare una numerosa famiglia di vetture derivate come la coupè denominata Exige (2000 – 2021); la Europa (2006 – 2010), una variante meno estrema con una maggiore vocazione al Gran Turismo; la Opel Speedster, conosciuta anche come Vauxhall VX220 in Inghilterra, prodotta dal 2001 al 2006 per conto della casa tedesca. Ricordiamo anche la Lotus Evora, una 2+2 votata al Gran Turismo prodotta dal 2009 al 2021 e la concept car M250 del 2000 che, pur non derivate strettamente dalla Elise, sono state realizzate con gli stessi criteri progettuali.
L’efficienza del telaio Lotus attirerà l’interesse della statunitense Hennessey Performance che nel 2010 realizzerà sulla base della Exige la Hennessey Venom GT che montava un motore V8 di 7000cc sovralimentato tramite 2 turbocompressori proposto in 3 diversi livelli di potenza massima: 800, 1.000 e 1.262 CV; la GT americana venne prodotta dal 2011 al 2017 in soli 12 esemplari, in versione coupè e spider,
Il telaio della Elise servì di base anche per la realizzazione di alcune vetture a propulsione elettrica: la prima generazione della Tesla Roadster un’auto sportiva prodotta dal 2008 al 2012; la sQuba, un’auto anfibia sviluppata dalla società svizzera Rinspeed che l’ha presentata al pubblico al Motor Show di Ginevra il 16 marzo 2008 e di cui non è stata ancora pianificata una produzione in serie, un’auto unica nel suo genere, difatti può normalmente viaggiare sia su terraferma sia in acqua ma anche al di sotto della superficie come un sottomarino e infine la Detroit Electric SP.01, progettata dalla società Detroit Electric e prodotto in Inghilterra a partire dal 2016, alimentato da una batteria ai polimeri di litio raffreddata ad aria.
Ma prima di entrare nei dettagli storici e tecnici, è doveroso fare un brevissimo cenno alla storia della Lotus escludendo da questa narrazione, solo per motivi di spazio, la storia del glorioso passato di competizioni che ha visto la sua massima espressione in una vittoria alla 500 miglia di Indianapolis con Jim Clark nel 1965 e nella conquista di 6 titoli mondiali di Formula 1 con Jim Clark (1963-1965), Graham Hill (1968), Jochen Rindt (1970), Emerson Fittipaldi (1972), Mario Andretti (1978).
La Lotus Cars Limited nasce come Lotus Engineering Ltd., società costituita da Colin Chapman e Colin Dare, entrambi laureati nel 1952 all’University College di Londra, ma affonda le proprie radici nel 1948 quando Chapman costruì la sua prima auto da corsa in un garage. Il monogramma di 4 lettere che appare al centro del logo consiste nelle iniziali del nome completo del suo fondatore Anthony Colin Bruce Chapman.
La produzione venne insediata in vecchie scuderie dietro il Railway Hotel di Hornsey a nord di Londra; in seguito venne costruita una nuova fabbrica a Chesnunt e dal 1966 l’azienda occupa una moderna fabbrica a Hethel nel Norfolk.
Tra i modelli più iconici ricordiamo la Seven, una roadster con ruote coperte da piccoli parafanghi di stampo motociclistico, priva di tettuccio e con carrozzeria costituita da pannelli d’alluminio, nata nel 1957 e prodotta fino al 1973 per poi cederne i diritti di produzione alla Caterham; non meno originale la Elite, prodotta dal 1957 al 1963, caratterizzata dalla scocca in fibra di vetro seguita dalla Elan, prodotta dal 1962 al 1975, che adottava un telaio a trave centrale e carrozzeria in fibra di vetro; non possiamo infine non citare la bellissima Esprit disegnata da Giugiaro, uno dei modelli più longevi dell’azienda prodotta in circa 10.000 esemplari dal 1976 al 2004.
Purtroppo nel 1980 la Lotus si trovò in gravi difficoltà finanziarie con la produzione scesa da 1.200 unità all’anno a sole 383; dopo la scomparsa di Chapman, morto di infarto il 16 dicembre 1982 all’età di 54 anni, la Lotus venne ceduta alla General Motors che a sua volta, il 27 agosto 1993, la vendette alla A.C.B.N. Holdings S.A. del Lussemburgo, società controllata dall’imprenditore italiano Romano Artioli proprietario anche della Bugatti; è in questo periodo che nasce la Elise protagonista di queste note; successivamente Artioli cede alla DRB-HICOM attraverso la sua controllata Proton. Attualmente la Lotus è di proprietà della multinazionale cinese Geely.
Abbiamo dunque visto che la Elise nasce nel corso della gestione Artioli; sembra infatti che il nome Elise, rispettando la tradizione per la quale tutti i nomi delle Lotus iniziano con la lettera “E”, fosse un omaggio ad Elisa, la nipote di Artioli. Il concetto ispiratore del progetto era quello di realizzare una vettura in grado di mettere in pratica lo spirito del fondatore della Lotus, Colin Chapman, che ha fatto della leggerezza la sua filosofia progettuale: “meno massa a beneficio delle prestazioni” ovvero auto dalle prestazioni brillanti ottenute da potenze non esuberanti compensate dalla ricerca della massima leggerezza e guidabilità.
Caratteristica peculiare della Elise era il telaio in alluminio estruso al magnesio-silicio (Anticorodal 6063) incollato, una tecnica da tempo usata in campo aeronautico che, a differenza della saldatura, mantiene inalterate le proprietà meccaniche del materiale; inoltre, rispetto alle strutture saldate per punti o rivettate, consente una elevata rigidezza torsionale, una migliore distribuzione degli sforzi, un minore aumento di peso.
L’adesivo utilizzato per l’assemblaggio del telaio era una resina epossidica ad attivazione termica; dopo l’incollaggio il telaio veniva sottoposto ad anodizzazione. Il risultato era il peso di appena 68 Kg e, con l’ossessivo obiettivo del contenimento del peso, il telaio assumeva una funzione stilistica essendo tenuto parzialmente a vista come su un’auto da corsa. Il contenimento del passo era ottenuto dal posizionamento trasversale del motore.
La carrozzeria, secondo tradizione della casa, era in vetroresina, materiale in grado di offrire leggerezza e robustezza allo stesso tempo; il design era dichiaratamente ispirato a quello della Dino Ferrari e della Lotus 23.
Queste le compatte misure della brillante vetturetta: lunghezza 3,726 m., larghezza 1,701m., altezza 1,202 m., passo 2,300 m., altezza del baricentro 470 mm., peso 720 Kg.
In pratica la Elise la si potrebbe definire come una moto a 4 ruote; oltre al telaio, alla carrozzeria ed al motore aveva poco più: sedili, cruscotto e pedaliera, quest’ultima realizzata anch’essa in alluminio, tutto e’ stato sacrificato sull’altare della leggerezza.
Alla ulteriore ricerca del contenimento del peso ed in ottemperanza alla natura di sportiva dura e pura della Elise, non erano disponibili climatizzatore, autoradio (se non a richiesta, ma praticamente inutilizzabile per la vicinanza del motore posto alle spalle degli occupanti), servosterzo, servofreno, ABS, ESP; inoltre; gli alzacristalli erano manuali e il cassettino portaoggetti sostituito da una semplice rete posta dietro gli schienali. Unica “finezza” il volante NARDI rivestito in pelle. In particolare il servosterzo era stato ritenuto superfluo in virtù del peso contenuto e disposto prevalentemente sul posteriore.
I sedili erano scarsamente imbottiti, solo quello del guidatore regolabile in senso longitudinale mentre quello del passeggero era fisso. La posizione degli occupanti é a gambe distese, entrare ed uscire è una impresa da contorsionisti, per entrare nell’abitacolo si scende in auto non si sale, si viaggia praticamente rasoterra, il telaio ti avvolge completamente dandoti un senso di protezione.
Visti dal basso, tutti i veicoli che si affiancano appaiono enormi; il motore dietro la schiena riscalda e assorda, l’assetto é alquanto rigido, insomma il termine “comfort” perde qualunque significato appena entrati in auto.
La scelta del motore, montato trasversalmente per contenere il passo e favorire così agilità e maneggevolezza, cadde sul Rover 1800 Serie K da 1795cc, 16 valvole, 120 CV abbinato ad un cambio a 5 marce anch’esso fornito dalla Rover. Cogliendo qualche spunto dalle cronache dell’epoca, cerchiamo di capire come si comportava quella prima serie.
I 120 cavalli ed il peso contenuto consentivano alla prima Elise di toccare i 100 Km/h in meno di 6 secondi e di toccare i 200 Km/h di velocità massima. Ma è nel misto stretto che la Elise dava il meglio di sé viaggiando sicura e veloce; bassa, larga e leggerissima, la vettura risultava praticamente incollata a terra e filava tra le curve come fosse sui binari. L’assetto rigido, il baricentro basso, l’assenza di elettronica, il canto del motore portato al massimo dei giri e lo sterzo molto reattivo, che pur non essendo servoassistito non risultava troppo pesante, nemmeno nelle manovre da fermo, facevano immaginare di essere alla guida di una monoposto o addirittura di un kart.
Il peso ridotto risultava favorevole anche ai fini dei consumi e della frenata; notevole l’assenza di imbarazzanti sovrasterzi di potenza. Negli anni si succederanno diverse generazioni e varianti di cui , per mancanza di spazio, ci limiteremo ad elencare le sigle rimandando i lettori interessati a pubblicazioni più specifiche e dettagliate.
La Serie 1 è stata assemblata anche in in Malesia nello stabilimento Proton di Shah Alam tra il 1997 e il 2003 partendo da kit importati alla fine degli anni ‘90); alla versione base seguiranno: Sport 135 (1998 – sigla derivata dalla potenza del motore); 111S (1999 – motore a fasatura variabile per 145CV); Sport 160 (2000 – 162CV); Elise GT1 (1997 – versione da competizione, telaio in fibra di carbonio, motore V8); Motorsport Elise (2000 – 200CV); Type 49 (1999 – Edizione speciale livrea Gold Leaf Team Lotus realizzata su versione base e 111S); Type 79 (1999 – Edizione speciale livrea John Player Special Team Lotus realizzata su versione base e 111S); Elise Millenium Edition (2000 – Edizione speciale verniciata con l’inedito colore Atlantis Blue); 340R (2000 – presentata al salone di Birmingham come concept car; la sigla fa riferimento al rapporto/peso potenza pari a 340 CV per tonnellata; nella versione messa in produzione i necessari adattamenti per l’omologazione su strada faranno scendere il rapporto peso/potenza a 262.
Nel 2001 viene introdotta la SECONDA SERIE nota come S2, che adotta ancora il motore Rover da 122 CV.
Per ampliare il target della clientela vengono adottate finiture più accurate e l’altezza dei correnti laterali del telaio viene ridotta di 50 mm per agevolare l’ingresso nell’abitacolo; il corpo vettura subisce degli affinamenti aerodinamici derivanti dalle esperienze fatte con la 340R e la concept M250 del 2000; disponibili come optional due allestimenti: Race Tech per l’uso in pista e Sports Tourer che vanta finiture più lussuose. La produzione terminerà nel 2006. Anche da questa seconda serie verranno prodotti alcuni modelli derivati.
Nel 2002 nasce la Sport 135 da 137CV; 111 e 111S (2002 – entrambe, che si differenziano solo per le finiture più accurate della S, adottano la versione a fasatura variabile del motore Rover che eroga 160CV grazie ad alcuni interventi della Lotus; diversi rapporti al cambio); 135R (2003 – è in pratica una Sport 135 con assetto modificato); quattro le edizioni speciali di questa serie, tutte realizzate nel 2000 sulla base della S2:
– Type 72 (livrea John Player Special Team Lotus);
– Type 49 (livrea Gold Leaf Team Lotus);
– Type 25 (omaggio alla monoposto che esaltò le doti di guida del leggendario Jim Clark);
– 99T (omaggio ad Ayrton Senna).
La produzione della S2 motorizzata Rover terminerà nel 2006 accavallandosi con la successiva produzione della S2 111R motorizzata Toyota introdotta nel 2004 per rispondere alle lamentele, giustificate, della clientela circa la scarsa affidabilità dei motori Rover.
Viene infatti adottato il motore a fasatura variabile della Toyota Celica TS da 192CV, anch’esso da 1800cc, sviluppato in collaborazione con la Yamaha ma che, purtroppo, ha un peso di 35Kg superiore a quello del Rover; il propulsore è abbinato ad un cambio a 6 marce, anche questo fornito dalla Toyota. Con questa serie, per la prima volta l’Elise viene dotata di ABS e viene introdotto l’acceleratore ride-by-wire.
Assetto adeguato al maggior peso; interni più curati con sedili più imbottiti, chiusura centralizzata, tappetini e alette parasole; unica differenza stilistica più evidente rispetto alla S2/Rover sono gli scarichi ravvicinati al centro. La produzione della S2 Toyota terminerà nel 2009.
Nel 2007 la 111R viene ridenominata Elise R. Ma l’evento più importante che caratterizza questa serie è lo sbarco sul mercato USA, nasce perciò la versione Federal Elise meccanicamente identica alla 111R da cui però si distingue per gli adeguamenti alle normative USA: interni ridisegnati, adozione degli air bag, luci di ingombro laterali. Queste stesse modifiche verranno poi proposte come optional sulla Elise R per diventare poi, nel 2008, allestimento di serie.
Nell’estate del 2006 viene proposta la versione base denominata Elise S esteticamente molto simile alla R mossa da un diverso propulsore Toyota da 136 CV abbinato ad un cambio a 5 marce. Alla fine del 2007, cavalcando l’onda del successo della coupè Exige S da 223CV, nasce la Elise SC che però si differenzia per l’adozione di un più compatto compressore volumetrico Magnuson M45 senza intercooler in luogo dell’M62 della consorella a tetto chiuso.
Anche da questa serie sono nate alcune edizioni speciali: Sports Racer (disponibile in due colori, Ardent Red e Persian Blue, con strisce bianche lungo la carrozzeria); Type 72D (livrea John Player Special celebrativa della titolo mondiale F1 1972 di Emerson Fittipaldi); Type 25 (prodotta sulla base della SC da 222CV in commemorazione dei 40 anni dalla scomparsa di Jim Clark); Club Racer (basata sulla Elise S da 136 CV e spogliata di tutto il superfluo, destinata ai frequentatori delle piste).
Infine, nel 2010, viene introdotta la TERZA SERIE che mantiene la fornitura di motori Toyota. A causa delle normative europee in materia di emissioni inquinanti che impongono lo standard Euro5, la Lotus è costretta a sostituire i precedenti motori Toyota da 1800cc con i nuovi 4 cilindri da 1600cc e 136CV. A febbraio, al salone di Ginevra, viene esposta la nuova entry level che riprende il nome dell’antenata: semplicemente Elise; contestualmente viene proposto un restyling del corpo vettura che comunque non si discosta dagli stilemi della originaria Elise.
Lo stesso corpo vettura ristilizzato viene adottato anche sulle versioni R ed SC fino a Dicembre quando non è più possibile omologare il vecchio 1800 Toyota. La entry level resta perciò momentaneamente, l’unico modello a listino fino al settembre 2011, quando viene proposta la Elise S dotata di un più moderno 1800 omologato Euro5 sovralimentato con compressore volumetrico in grado di erogare 220CV.
Non mancano le edizioni speciali:
– RGB (realizzata nel 2010 su base SC ed Exige come omaggio a Roger Becker, ex direttore della Vehicle Engineer che nel 2010, dopo 44 anni – era entrato in Lotus nel 1966 come operaio alla catena di montaggio – si è ritirato dall’attività ed è poi scomparso nel febbraio del 2017 all’età di 71 anni );
– Club Racer (febbraio 2011 – una versione alleggerita della entry level Elise 1.600 spogliata di tutto il superfluo, destinata ai frequentatori delle piste);
– S Cup R (2013 – versione da competizione con tutti gli adattamenti di sicurezza, meccanici ed aerodinamici necessari per l’uso in pista dotata di un propulsore 1800cc sovralimentato da 220CV.
La Lotus ha annunciato che entro il 2021 la produzione della Elise, nonché di Exige ed Evora, terminerà e sarà sostituita dalla Emira che sarà l’ultima vettura a benzina prodotta dalla Lotus.