Nato ad Hollywood il 19 gennaio del 1939 da madre single, Tom Meade era un americano trapiantato in Italia e non poteva essere altrimenti per un appassionato di automobili come lui; è noto soprattutto per le sue Thomassima, una serie di auto basate prevalentemente su motori e telai Ferrari.
Quando Tom aveva otto anni la madre lo portò con sé in in Australia; dopo un paio d’anni si trasferirono ad Honolulu, nelle Hawaii. In seguito Tom decise di iscriversi al liceo di Newport Beach, in California; finiti gli studi si arruolò nella Marina degli Stati Uniti dove venne impiegato come ingegnere di elettronica aeronautica a North Island, San Diego.
Durante i quattro anni di carriera militare girò il mondo a bordo delle portaerei Oriskany e Yorktown. Nel 1960 la passione per le automobili che covava in lui emerse dopo aver visto una Ferrari Testa Rossa in Costa Mesa; egli stesso ricorda quell’incontro determinante per il suo futuro professionale: “Andavo a vederla per ore. Ho pensato che fosse la cosa più bella che avessi mai visto. Era una 500TRC. Il proprietario mi disse che l’aveva comprata in un vecchio magazzino di Roma pieno di queste cose di cui non sapevano cosa fare“. Il proprietario gliela propose a 4000 dollari, forse sarebbe anche sceso a 3000, ma era comunque troppo per le finanze di Tom.
Fu allora che mise insieme i suoi risparmi, circa 50 dollari, ed intraprese l’avventuroso viaggio, la sua “missione impossibile”, che lo avrebbe portato da Los Angeles a Maranello.
A New Orleans si imbarcò come assistente di uno steward su una nave da carico che lo portò in Norvegia; di lì, in autostop, si trasferì in Inghilterra dove acquistò una moto usata con cui raggiunse la Spagna e poi in barca a vela arrivò a Genova.
Era in Italia, ma senza soldi, senza conoscenze, senza sapere una parola di italiano. Comunque, riuscì ad arrivare a Roma dove incominciò a cercare il fantomatico magazzino di cui gli aveva parlato il proprietario della Testarossa, ma ovviamente non riuscì a trovarlo. In quel periodo sentì parlare di una Ferrari utilizzata in un film di Dino de Laurentiis; incuriosito, si recò sul set ma quando vi arrivò l’auto non c’era più. Tuttavia, gli fu offerta la parte di un ufficiale dell’esercito britannico nel film al fianco di David Niven.
Questo lavoro gli consentì di accumulare un po’ di soldi e poiché molte riprese avvenivano di notte, durante le giornate libere poteva dedicarsi alla ricerca di macchine sportive a basso prezzo, ma ben presto si rese conto che la disponibilità di auto esotiche a basso prezzo era una favola e allora prese una decisione: raccolse i suoi risparmi e in sella alla sua moto si diresse laddove le auto sportive avevano le loro origini, la Ferrari.
Era l’autunno del 1960. “Quello che volevo era una macchina da corsa, non avevo molto interesse per vetture stradali. A quei tempi le auto da corsa dedicate alle gare di durata venivano rottamate, nessuno aveva il minimo interesse perché non erano più competitive. Tutti pensavano che io fossi completamente pazzo perché ne volevo una “.
Ancora una volta però il caso decideva per lui: appena arrivato a Modena un passante a cui aveva chiesto indicazioni gli spiegò che era troppo tardi per visitare la Ferrari, situata a 15 chilometri di distanza, e gli suggerì di recarsi alla più vicina Maserati.
Qui, in virtù della sua cittadinanza statunitense, pensarono che Tom fosse un potenziale acquirente per il più recente modello della Maserati, la 3500GT, e perciò venne accompagnato in un giro di visita alla fabbrica da Aurelio Bertocchi (futuro presidente nonché figlio di Guerrino, il capo collaudatore Maserati) che non mancava di esaltare le virtù della nuova GT modenese, ma Tom chiarì subito il malinteso.
Allora Bertocchi lo condusse al reparto corse dove Tom notò un’auto coperta da un grande telone e chiese cosa fosse. Bertocchi gli rispose che era solo una vecchia macchina da corsa non in vendita ma Tom, incuriosito, sollevò il telone scoprendo una vettura Sport: era una 350S, quella che dotata di un 12 cilindri aveva partecipato con Hans Hermann alla Mille Miglia del ’57 ed in seguito, rimotorizzata con un sei cilindri da 3,5 litri, con Jean Behra alla guida aveva dovuto abbandonare con un pistone rotto durante la partecipazione ad una gara sul circuito di Monza.
La vettura era però priva di motore ma Tom si innamorò delle sue forme. A quei tempi queste auto da corsa avevano poco valore, spesso venivano addirittura inviate alla rottamazione, per cui Meade riuscì ad acquistarla per soli 420 dollari: aveva trovato la macchina dei suoi sogni.
Nei pressi della Maserati trovò un contadino che gli lasciò tenere la macchina nel fienile con le mucche mentre Tom avrebbe dormito nel pagliaio,
Al risveglio, scemata l’euforia dell’acquisto, dovette affrontare un’altra missione: trovare un motore da montare sulla sua Maserati Sport, ma le sue finanze di certo non gli avrebbero consentito l’acquisto di un motore da competizione o anche di un più”civile” motore 3500GT.
Messosi perciò alla ricerca di un lavoro, fu segnalato da Bertocchi alla Carrozzeria Fantuzzi e alla Neri & Bonacini.
Medardo Fantuzzi gli offrì un lavoro ed un posto per dormire in officina; rimase così in Italia e si formò alla scuola di Fantuzzi e dei numerosi artigiani locali dai quali apprese la tecnica per modellare l’alluminio.
In quel periodo oltre a Bertocchi, Neri, Bonacini e Fantuzzi acquisì molte conoscenze importanti del mondo dell’automobilismo da competizione come Piero Drogo, David Piper, Alejandro de Tomaso, il conte Giovanni Volpi di Misurata, Carroll Shelby e il giornalista di Road and Track Peter Coltrin Peter Coltrin.
Durante una delle sue visite alla Maserati, dove era ormai di casa, conobbe Lucky Casner, con cui in seguito sviluppò una forte amicizia, un pilota americano che correva in Europa con il team CAMORADI dal quale per circa 400 dollari acquistò svariato materiale tra cui un motore Chevrolet con cui riuscì a completare la sua 350S.
Poi passò alla trasformazione dell’auto per la circolazione su strada: nell’officina di Fantuzzi costruì un tetto rigido asportabile abbinato a un parabrezza più alto di quello originale; furono montati silenziatori, un tachimetro e la tappezzeria nell’abitacolo. Dopo aver speso tutto quello che aveva per il progetto, nel 1962 spedì l’auto a San Francisco; egli stesso fece di nuovo l’autostop per tornare negli Usa, dove riuscì a vendere l’auto per 2.700 dollari, un enorme profitto per l’epoca.
Ma ormai era innamorato dell’Italia e delle sue auto sportive: dopo quasi un anno trascorso a San Francisco, nel 1963 decise di tornare a Modena per viverci mettendo a frutto l’esperienza maturata con la sua Maserati. Affittò un appartamento adiacente all’Autodromo di Modena e iniziò ad acquistare Maserati, Ferrari, Lamborghini, Bizzarrini danneggiate, ma anche parti mancanti, piegate, semidistrutte che stipava in un ampio garage annesso all’appartamento.
All’epoca risultava essere l’unico americano in Italia impegnato in una attività di quel genere e in breve tempo diventò un punto di riferimento per gli statunitensi appassionati di motori che volevano acquistare auto sportive italiane.
Meade dimostrò di avere un talento speciale nell’individuare auto e parti rare.
L’attività prosperava arrivando a trattare molte auto, tanto da doversi spostare in un grande negozio ben attrezzato servendosi della collaborazione di personale qualificato, in gran parte proveniente dalla Ferrari o dalla Maserati.
Tra le auto più prestigiose che riuscì a vendere ricordiamo una Maserati 350S come la sua e una Tipo 63 e alcune Ferrari come una 250 GTO, una 330P3, una 275 LM, una 250 GT SWB, una 250 GT Lusso; i clienti di Meade includevano, tra gli altri, Richard Merritt dell’American Ferrari Club e l’importatore Ferrari di Los Angeles Edwin K. Niles, ma anche europei come Leon Barbier, del Garage Francorchamps a Bruxelles, l’importatore Ferrari di proprietà di Jacques Swaters. .
Alla fine Tom fu in grado di iniziare dare realizazione alle proprie idee e anche se le finanze erano ancora limitate ci riuscì impiegando un amico dipendente della Fantuzzi.
Durante questo periodo, tra il 1963 e il 1970, Meade creò la sua serie Thomassima, quella che gli darà la gloria.
Mettendo in pratica quello che aveva imparato durante la ricostruzione della sua Maserati realizzò la sua prima carrozzeria basata su una Ferrari 250GT. Su una base già molto aggressiva Meade applicò le proprie idee: le bocchette conformate come branchie, il parabrezza molto inclinato all’indietro, rendendo il frontale più prominente, un frontale molto lungo e un ridotto sbalzo sul retro. Purtroppo quest’auto fu distrutta nell’alluvione dell’Arno del 1966 a Firenze, dove stava partecipando a una mostra.
Il lavoro svolto su questa prima opera influenzò le linee delle successive auto di Meade, tanto che veniva a volte indicata retroattivamente – e non ufficialmente – come la Thomassima Zero.
Tom aveva speso tutto in questa impresa ma con i suoi commerci riuscì a sopravvivere, infatti il successo fu tale che sua madre si persuase a venire in Italia per unirsi a suo figlio e assumere le funzioni di amministrazione e segreteria.
Sulla base delle sue convinzioni in base alle quali era particolarmente ispirato dagli stilemi degli anni ’50 e ’60 che si rifacevano alle linee curve, rifiutando perciò perciò la scuola stilistica nascente che imponeva linee squadrate, Meade iniziò a pensare alla sua prossima creazione basata interamente sul suo design e che avrebbe chiamato Thomassima, nome ricavato da una contrazione del suo nome di battesimo e massima, la forma femminile italiana dell’inglese “maximum”, a significare che queste sue opere avrebbero rappresentato l’espressione massima di quello che egli riteneva che una vettura sportiva dovesse essere da un punto di vista stilistico.
Dalle idee di Tom nasceranno 3 Thomassima, simili come ispirazione ma molto diverse tra loro.
La Thomassima 1 venne realizzata per soddisfare la richiesta di uno sconosciuto barone svizzero che cercava una sostituta per la sua Corvette per rimanere competitivo contro le Shelby Cobra. La vettura era basata su un telaio Ferrari 250 GT dotato però di di un potente motore Chevrolet V8 montato in posizione anteriore; la carrozzeria era caratterizzata dalle porte ad ali di gabbiano collegate ad un tetto asportabile; smontando il tetto si asportavano anche le portiere ed il tutto poteva essere riposto nel bagagliaio, un’idea che Meade considerava senza precedenti all’epoca.
La Thomassima 2, richiesta alla fine del 1966 da Harry Windsor di Los Gatos, California, era invece basata su un telaio monoposto Cooper, quindi a motore posteriore/centrale, e con una carrozzeria dalla linea ispirata alla Ferrari P4 come richiesto dal committente. Il motore proveniva da una prestigiosa GTO (presumibilmente sinistrata).
Poi, nel 1968, arrivò la Thomassima 3, la creazione più famosa di Meade.
L’auto attirò l’attenzione dei media, apparve infatti sulla copertina del numero di dicembre del 1970 della rivista Road & Track e su Motor Trend; fu presentata al talk show di Walter Cronkite e apparve anche nella trasmissione della RAI “60 minuti”; ne fu persino realizzato un modello in scala Hot Wheels.
Era probabilmente più affascinante di qualunque Ferrari coeva; l’auto donatrice era una Ferrari 250 GT Pininfarina Coupé del 1958 dotata di un motore V12 3000cc. Il telaio venne accorciato, il cambio sostituito con uno ZF a 5 marce e i freni furono aggiornati. Dalle idee di Tom nacque una coupé a motore anteriore estremamente bassa e muscolosa con porte ad ali di gabbiano, scarichi laterali a “fascio di serpenti” simili a quelli della Cobra 427 e interni sontuosi. L’auto era marchiata Tom Meade Modena Italia con una capra in piedi come logo.
L’auto fu esposta al salone dell’auto di Modena e al salone dell’auto di Torino per essere poi spedita a Newport Beach. La Thomassima 3 è stata l’auto che ha consacrato l’opera di Tom Meade che la usò spesso per promuovere il proprio lavoro; la considerava (forse giustamente) il suo capolavoro, perciò decise di non venderla e di tenerla per sè. La bella GT italo/americana vinse premi in mostre automobilistiche in Italia e negli USA; nel corso del 2014 é stata esposta al Museo Ferrari di Maranello nell’ambito della mostra “California Dreaming“; oggi è di proprietà del figlio adottivo di Meade ed è ancora conservata in Italia.
Alcuni clienti, entusiasti dello stile audace che Meade proponeva nei suoi disegni, arrivarono a affidargli le loro Ferrari perché le modificasse rendendole oggetti unici, forse anche più attraenti delle Ferrari originali; in alcuni casi Meade apportò solo alcune modifiche per personalizzare le auto secondo le richieste dei clienti mentre in altri casi le ricarrozzò ex novo.
La sua fama arrivò a Maranello ed il suo lavoro fu apprezzato anche dal Drake, tanto che, fatto più unico che raro, lo stesso Enzo Ferrari fornì a Meade alcuni contatti personali durante un colloquio che durò circa 40 minuti; la sua opera fu apprezzata al punto da essere paragonata a quella dei carrozzieri italiani Pininfarina, Bertone, Ghia, Vignale, Zagato.
Oltre alle auto, Tom rivendicava anche una serie di idee innovative come l’hardtop fastback rimovibile, l’hard top rimovibile tipo targa con le portiere ad ali di gabbiano e tutta una serie di accessori.
Ovviamente la sua è stata sempre una attività artigianale tanto che si pensa che abbia modificato e personalizzato non più di una cinquantina di Ferrari e Maserati.
La creatività di Tom non passò inosservata ed infatti ricevette molte commesse di lavoro. Anche Carroll Shelby gli chiese di collaborare alla costruzione della nuova Cobra nel ’68, ma poco dopo, gli spedì un telegramma dicendo: “Tom, mi dispiace che non possiamo andare avanti con il progetto perché ho appena venduto a Ford il mio nome e l’intero progetto Cobra”.
Tom fu coinvolto anche nella produzione delle Ferrari Nembo. Le Nembo sono ampiamente considerate tra le carrozzerie speciali Ferrari più belle mai realizzate; alcune fonti riportano che ne siano state costruite quattro, altre parlano di soli due spyder leggermente diversi e una berlinetta.
Quella di Meade è stata un’epoca magnifica potendo godere del vantaggio che in quel periodo era il prezzo basso delle auto da competizione obsolete.
Purtroppo la Thomassima 3 sarebbe stata l’ultima delle sue creazioni; “Avevo cominciato a pensare al modello convertibile ma a metà degli anni ’70 tutto si è bloccato e ho dovuto smettere di fare tutte queste cose.” Tutto infatti si fermò di colpo, i soldi erano esauriti.
A causa della crisi petrolifera del 1973, la domanda di auto sportive calò drasticamente e contemporaneamente le più stringenti normative sulla sicurezza e sui limiti di velocità incidevano negativamente sul mercato delle auto; inoltre Meade era convinto che, causa la crisi incombente, gli artigiani locali ricevettero pressioni perché, nell’interesse dei costruttori locali, negassero la loro collaborazione a Tom.
Meade lasciò pertanto Modena e si trasferì a Milano dove avviò una attività di restauro e di produzione di componenti, qui ebbe l’opportunità di fare la conoscenza con l’ingegner Carlo Chiti (ex Ferrari, ATS, Alfa Romeo).
Da questo momento in poi le informazioni su di lui sono vaghe e contraddittorie; sembra che abbia fatto molti lavori con la televisione italiana come attore e in alcune scene è apparsa anche la Thomassima 3.
Successivamente, dopo, dopo aver immagazzinato tutto il suo materiale in un locale situato vicino al lago di Como, avrebbe lasciato l’Italia per trascorrere i successivi 20 anni in giro per l’Asia per poi tornare, nel 1993, a Los Angeles dove, mentre si occupa della anziana madre, inizia a progettare la Thomassima IV basata su un telaio in fibra di carbonio con il propulsore della Ferrari 333SP.
Purtroppo il 1° agosto 2013, a 74 anni, Tom muore.