Trapianti di motori automobilistici su telai moto (anche viceversa) ne sono stati realizzati tanti ma la Munch Mammut è verosimilmente quella di maggior successo o quantomeno quella più nota e longeva.
La bizzarra idea di trapiantare motori di provenienza dal settore automobilistico su telai motociclistici nasce dalla richiesta di quei motociclisti che, a differenza di quelli che prediligono le supersportive caratterizzate dalle prestazioni velocistiche esagerate, preferiscono motori meno esasperati che garantiscano buone caratteristiche di erogazione ed affidabilità tipiche, appunto, della produzione automobilistica.
L’auto, la NSU Prinz
Nel 1873 due soci, Heinrich Stoll e Christian Schmidt, fondarono a Neckarsulm in Germania una azienda di costruzioni meccaniche e per la scelta del nome decisero di usare le prime lettere dei fiumi che scorrevano vicino alla fabbrica, il Neckar ed il Sulm, da cui una sigla destinata a diventare famosa: NSU. Nei cento anni di vita dell’azienda vennero prodotte biciclette, scooter, motociclette ed infine automobili medie e piccole.
Negli anni ’50 la NSU riuscì anche a conquistare alcuni titoli mondiali di motociclismo nelle classi 125 e 250.
In campo auto la NSU viene particolarmente ricordata per la Prinz 4, una piccola berlina 4 posti, 2 porte, 3 volumi prodotta tra il 1961 ed il 1973, chiamata anche, con riferimento alle linee estetiche, “Corvair dei poveri” o, peggio, “saponetta” o “vasca da bagno”. La sua linea infatti seguiva, come anche le berline Fiat 1300/1500, alcuni canoni estetici dell’epoca che si ispiravano alla scuola americana della Chevrolet Corvair, una originale berlina 4 porte (offerta anche in versione coupé, familiare, cabriolet, pick-up e furgone) con motore posteriore Flat 6 raffreddato ad aria da 2300cc. Se la linea non era particolarmente attraente, la piccola vetturetta di Neckarsulm si faceva ugualmente apprezzare per le ottime caratteristiche di affidabilità e consumi del suo piccolo bicilindrico di circa 600cc raffreddato ad aria posizionato posteriormente. Queste peculiarità le fecero ottenere un discreto successo di vendita tanto che in Italia nel 1970, quando ancora imperversavano le utilitarie FIAT, la piccola Prinz risultò l’auto straniera più venduta con circa 42.000 mila unità.
Sulla scia di questo successo nel 1964 venne messa in vendita una “sorella maggiore” di cilindrata superiore con carrozzeria e passo allungati, la Prinz 1000 dotata di un 4 cilindri in linea, anche questo raffreddato ad aria, disposto in posizione posteriore/trasversale. All’esterno, oltre alle maggiori dimensioni, era riconoscibile per gli ampi fanali ovoidali uniti da una striscia satinata che riportava l’indicazione del modello e per i gruppi ottici posteriori costituiti da tre elementi tondi separati.
Da questa base verranno poi derivate le versioni sportive caratterizzate esternamente dalla sigla TT e dai 4 fari tondi in sostituzione di quelli ovoidali. Meccanicamente la 1000 TT si distingueva per il motore più potente di 1085cc. In seguito la TT riceverà un motore ancor più prestazionale da 1177cc per 65CV affiancata poco dopo dalla TTS che, pur essendo equipaggiata con il motore da 996cc per contenere la cilindrata nel limite della classe 1000 Turismo, erogava 70 CV.
Saranno questi i motori 4 cilindri che andranno ad equipaggiare la moto cui è dedicato questo articolo.
Per dare piena contezza della storia della NSU ricordiamo la grossa berlina RO-80 equipaggiata con un Wankel bi-rotore che debuttò nel 1967; era un ambizioso progetto che avrebbe dovuto consentire il salto di qualità della casa di Neckarsulm ma che invece ne decretò la fine; infatti, a causa dei problemi finanziari dovuti proprio al corposo investimento richiesto dallo sviluppo della RO-80, la NSU venne assorbita dal gruppo Volkswagen per poi scomparire del tutto nel 1973.
La moto, la MUNCH MAMMUT
Quando venne presentata al pubblico nel 1965, questa moto costituiva qualcosa di unico nel panorama motociclistico mondiale perché nessun costruttore aveva nel proprio listino una stradale spinta da un motore a 4 cilindri; faceva eccezione la costosa e poco appetibile per estetica e prestazioni MV Agusta 600 e dovranno passare ancora 4 anni prima di assistere al debutto della Honda CB Four 750.
La Munch era stata fondata nel 1965 in Germania a Dorn Assenheim da Friedel Munch, un ingegnere aeronautico che aveva operato nella Luftwaffe e, finita la guerra, aveva lavorato nel reparto corse della Horex; quando nel 1956 l’azienda cessò la produzione, Munch ne acquistò le rimanenti scorte di motociclette e ricambi con l’intenzione di dare seguito alla produzione di moto. Le prime motociclette prodotte da Munch furono chiamate Munch Horex e Munch Horex Renn.
Chiaramente la Mammut aveva il proprio punto di forza nel motore, un 4 cilindri raffreddato ad aria proveniente dalla autovettura NSU 1000, ma questa non era la sua sola peculiarità.
Le dimensioni del motore condizionavano la struttura generale della moto che aveva dimensioni enormi per gli standard motociclistici, da qui il nome Mammut. Nelle intenzioni di Munch la Mammut era una moto nata per soddisfare la voglia di viaggiare dei motociclisti tedeschi.
Costosissima perché costruita a mano con cura artigianale, per contenere il peso in circa 300 Kg (!), la Mammut faceva ampio ricorso all’uso dell‘elektron, una speciale lega di magnesio utilizzata soprattutto nell’industria aeronautica; molti componenti erano realizzati con questo materiale pregiato: cartella della distribuzione, coppa dell’olio, scatola del cambio, foderi forcella, forcellone oscillante, carter della catena, le ruote, il monoblocco codone/sella/parafango posteriore, il gruppo supporto strumentazione/fanale anteriore che era lo stesso della Prinz.
Il telaio era costituito da una classica struttura in tubi chiaramente ispirato al Norton Featherbed; in seguito verrà realizzata una struttura mista di tubi nella parte anteriore collegata ad una monoscocca in magnesio al posteriore.
L’enorme freno a tamburo anteriore da 250 mm era costruito dallo stesso Munch.
Per soddisfare le richieste dei facoltosi clienti la moto venne allestita con diverse versioni del 4 cilindri NSU per cui la potenza crebbe dagli iniziali 55 CV fino ai 100 CV delle versioni allestite con i motori da 1200cc.
Per il modello 1200TTS, originariamente dotato di un paio di carburatori Weber 40DCOE, nel 1973 venne resa disponibile l’iniezione meccanica Kugelfischer per cui la moto assunse la denominazione di Model 1200 TTS-E dove la E è la iniziale del termine Einspritzer, ossia iniezione in tedesco.
Munch volle impegnarsi anche nel campo delle competizioni e purtroppo con questo impegno arrivarono i problemi economici che lo costrinsero a cedere l’attività. Il marchio divenne prima Hassia-Munch, poi Heinz W. Henke; nel 1974 Munch si associò ad Henke e la società ritornò al nome originale.
La produzione della Mammut terminerà nel 1979 (ne furono costruite forse poco più di 300) per proseguire solo con altri modelli a marchio Munch costruiti su ordinazione e sempre più eccessivi in fatto di cubatura e prestazioni, da 1.400cc fino a 2.000cc con turbocompressore, un propulsore realizzato dalla Cosworth quadricilindrico in linea turbocompresso, di 1998 cc., con quattro valvole per cilindro e alimentazione ad iniezione elettronica che eroga ben 260 cv a 5650 giri/minuto.