Nelle varie discussioni sul Mondiale MotoGP 2020 si è argomentato molto su quanto possa valere il titolo di Mir conquistato basandosi più sulla regolarità che sulle vittorie, ed in effetti ci sono stati tre piloti che hanno vinto più di lui: Franco Morbidelli, Fabio Quartararo, Miguel Oliveira.
E se non avesse vinto almeno a Valencia si sarebbe potuto definire Mir un Campione di seconda categoria o peggio non degno di un titolo così prestigioso?
Secondo molti appassionati e qualche addetto ai lavori è così e noi immaginiamo siano gli stessi che già dal mese di luglio pensavano che chi avrebbe conquistato il titolo 2020 non sarebbe stato un degno campione vista l’assenza forzata di Marc Marquez, e già qui si può obiettare che cadute e guasti meccanici fanno parte delle regole non scritte del gioco.
Ora vorrei qui ricordare che i Campionati del Mondo sono sempre stati assegnati in base al miglior punteggio conseguito e non per numero di vittorie.
Certo, vincere le gare è il modo migliore per raccogliere punti, ma alla fine dell’anno il titolo viene dato al pilota con il maggior numero di punti, non al pilota con il maggior numero di vittorie.
Queste sono le regole e il pilota che vince un campionato secondo queste regole è sicuramente un degno campione.
D’altronde essere più veloce non significa essere il migliore, bisogna essere “costantemente” più veloci; se un pilota vince più gare del campione, ha dimostrato di essere stato più veloce in alcune occasioni, ma evidentemente non è stato abbastanza veloce nell’arco di tutta la stagione.
E’ pur vero che, specialmente ai tempi in cui vigeva la regola degli scarti, le vittorie rappresentano la più qualificata discriminante per l’assegnazione del titolo ed in effetti alcuni titoli sono stati assegnati in base al numero di vittorie o alle prestazioni velocistiche; ciò è accaduto un paio di volte nella storia del Motomondiale e, per una fortuita combinazione, hanno visto Read coinvolto in entrambi i casi.
Nel 1967, Mike Hailwood e Phil Read terminarono il campionato del mondo della classe 250 con 50 punti ciascuno; il titolo fu assegnato ad Hailwood in virtù delle sue cinque vittorie contro le quattro di Read. Un aspetto interessante di questa sfida era rappresentato dal fatto che le due moto avevano caratteristiche tecniche assolutamente differenti: la Honda di Hailwood una 6 cilindri 4 tempi mentre la Yamaha di Read era una 2 tempi a 4 cilindri.
Una decisione ancor più clamorosa dovette esser presa l’anno successivo, il 1968, quando Phil Read e Bill Ivy, guide ufficiali Yamaha, finirono entrambi il campionato della 250 con 46 punti; avevano lo stesso numero di vittorie (5) e lo stesso numero di secondi posti (2) e nessun altro risultato valido perciò la Federazione decise di assegnare il titolo sulla base della somma dei rispettivi tempi di gara: Read venne insignito del titolo avendo accumulato totalmente in 10 Gran Premi un margine di vantaggio su Ivy di appena 2 minuti e 5,3 secondi.
Nel campionato 1972 della classe 50 si rivide il copione già visto nel 1968 nella 250 con l’olandese Jan de Vries (Kreidler) e lo spagnolo Angel Nieto (Derbi) che, divisi da una accesa rivalità, finirono a pari punti in classifica con 69 punti conteggiati al netto degli scarti ma anche con 81 punti senza scarti, con lo stesso numero di vittorie, di secondi posti e di ritiri, pertanto anche nel loro caso, come nel 1968, si ricorse alla somma dei tempi che dette ragione a Nieto che la spuntò per soli 21 secondi di vantaggio sulla distanza di tutti i Gran Premi di quell’anno. Ma non si può parlare di Nieto e de Vries senza ricordare che la loro rivalità sfociò anche in un incontro fisico ravvicinato, uno degli episodi più famosi della storia del motomondiale, con i due che ad Imola, gara vinta dall’olandese, dopo una scaramuccia nel corso della gara si presero a pugni poco dopo la bandiera a scacchi. In realtà la scazzottata iniziò con Huberts, compagno di marca di de Vries, che nel finale aveva impeditoa Nieto di disputarsi la volata finale con de Vries.
Anche se ricadono in casistiche diverse, vogliamo ricordare due casi di titoli assegnati in extremis.
Il primo titolo mondiale della storia della classe 500 assegnato per un cavillo interpretativo
Singolare la circostanza in cui, nel 1949, fu assegnato il primo titolo iridato della storia della classe 500: al via del GP delle Nazioni a Monza Leslie Graham (AJS bicilindrica “Porcupine”) si presentava al comando della classifica; solo un suo ritiro avrebbe ridato una chance a Nello Pagani (Gilera 500 4 cilindri). E accadde proprio questo: Pagani vinse mentre l’inglese era costretto al ritiro per caduta.
I due piloti si ritrovarono così a pari punti con la regola degli scarti basata sui tre migliori risultati; l’italiano però ne aveva 10 di vantaggio nel conteggio totale che costituivano la discriminante che gli avrebbe consentito di conquistare il titolo in caso di parità.
Ma il regolamento, scritto in francese, prevedeva anche l’assegnazione di un punto all’autore del giro più veloce in gara (Pagani ne aveva conquistati 2, Graham uno solo).
Secondo l’interpretazione degli italiani, Federazione compresa, il punto andava assegnato esclusivamente all’autore del giro più veloce solo se questi si fosse classificato, ovvero se avesse concluso la gara, mentre per gli inglesi il punto andava comunque assegnato al pilota, tra quelli classificati, che avesse realizzato il giro più veloce.
Nella fattispecie la diatriba era nata sull’esito del Gran Premio di Svizzera dove l’autore del giro più veloce, Ted Frend, non era giunto al traguardo mentre, tra i piloti classificati, l’autore del giro più veloce (inferiore a quello di Frend) era stato proprio Leslie Graham .
Alla fine la Federazione dette ragione agli inglesi e il punto “supplementare” venne assegnato a Graham. Forse una forma di risarcimento per l’inglese giacché a causare la caduta di Graham a Monza era stato, involontariamente, un pilota italiano, Bandirola? Beneficiando di questo punto ulteriore Graham si aggiudicava il titolo mondiale.
Campionato del Mondo 2000, classe 250: due piloti arrivano all’ultima gara con il 50/50% di probabilità: è sufficiente che l’uno si classifichi davanti all’altro
Il pilota francese Olivier Jacque che vanta il singolare primato di aver conquistato il titolo della 250 nel 2000 vincendo in Australia l’ultimo Gran Premio della stagione battendo in volata, con appena 14 millesimi di vantaggio, il giapponese Nakano, suo compagno di team (Yamaha/Tech3) e avversario nella corsa al titolo. Un margine davvero risicatissimo.
Fu, quella, una delle lotte tra le più incerte e spettacolari per la conquista di un titolo mondiale il cui esito arrivò solo sotto la bandiera a scacchi dell’ultimo Gran Premio della stagione.
Quell’anno il titolo della 250 era conteso appunto tra il francese Olivier Jacque ed il giapponese Shin’ya Nakano, compagni di squadra nel team Chesterfield Yamaha Tech3. Il nome del campione arrivò solo dopo 16 gare ed un serrato testa a testa tra i due che, sette mesi dopo l’inizio del campionato, si presentarono al via di Phillip Island separati da soli due punti (Jacque 254, Nakano 252).
In qualifica Nakano fa la pole davanti a Jacque; al via sono proprio loro due ad andare subito in testa alla gara ed ingaggiano un testa a testa che durerà fino al traguardo. Dopo aver condotto per quasi tutta la gara Nakano viene superato da Jacque proprio sotto la bandiera a scacchi che così vince il Gran Premio, ed il titolo, in volata per soli 14 millesimi di secondo. Il Campionato finì per 279 a 272 a favore del francese.
Se Nakano non si fosse fatto sorprendere nella volata finale sarebbe stato lui il Campione del Mondo con 277 punti contro i 274 di Jacque.