E’ superfluo oggi rimarcare il dominio nel motomondiale dei costruttori giapponesi contrastati con grande impegno dalle europee Ducati, KTM e Aprilia.
La presenza dei costruttori giapponesi nel motomondiale risale ormai a circa 60 anni fa, cioè a quando nel 1959 l’Honda sbarcò in Europa debuttando al Tourist Trophy nella classe 125 dove schierò 4 piloti giapponesi tra cui Naomi Taniguchi il quale, avendo conquistato il sesto posto, ottenne anche il primo punto iridato della storia della Honda (e di un costruttore giapponese) nel Campionato del Mondo di motociclismo.
Ed è proprio di piloti giapponesi che vogliamo parlarvi in queste note.
Vi è stato un periodo in cui i piloti del Sol Levante hanno ottenuto risultati brillanti; tutti ricorderanno i titoli mondiali di Kazuto Sakata (classe 125 nel 1994 e nel 1998), Haruchika Aoki (classe 125 nel 1995/1996), Tetsuya Harada (classe 250 nel 1993), Daijirō Katō (classe 250 nel 2001), Hiroshi Aoyama (classe 250 nel 2009, ultimo campione della storia della 250); Takazumi Katayama (classe 350 nel 1977, ma che in realtà vantava origini coreane) senza dimenticare quelli che, pur non conquistando alcun titolo mondiale, si sono distinti attirando su di sé l’attenzione e l’ammirazione degli appassionati come Mitsuo Itoh, unico pilota giapponese della storia a vincere il TT, nel ’63, con la Suzuki 50, Abe, Harada, Okada (il pilota giapponese più vittorioso nella classe 500 con 4 vittorie), il simpaticissimo Noboru Ueda, che vinse 13 Gran Premi nell’arco di 12 anni, Nobuatsu Aoki, Azuma, Ui, Tokudome, Manako, Tsujimura, Shinya Nakano, che nel 2000 ha perso il titolo della 250 all’ultimo Gran Premio per 14 millesimi, e Toru Ukawa che ha vinto anche in MotoGP, nel 2002; l’ultima vittoria in Top Class di un pilota giapponese risale al Gran Premio del Brasile del 2004 con Makoto Tamada.
Ricordiamo anche Ishikawa, Wakai e Tomizawa purtroppo caduti mentre davano sfogo alla loro passione.
E ci piace qui citare anche Noriyuki Haga che in SBK ha vinto ben 43 gare.
Tra i più accreditati per il successo oggi calcano le piste del circuito mondiale Tatsuki Suzuki in Moto3 e Takaaki Nagakami nella MotoGP.
Ma noi vogliamo oggi ricordare il primo pilota giapponese vincitore di un Gran Premio iridato: Kunimitsu Takahashi (nella foto di copertina lo vediamo affianco a Soichiro Honda).
Lo storico evento si verificò il 14 maggio 1961 sul circuito di Hockenheim dove si svolgeva il Gran Premio di Germania; in sella ad una Honda 250 Takahashi vinse, probabilmente agevolato dal ritiro del maggior candidato alla vittoria Gary Hocking (MV Agusta), battendo d’un soffio, appena 4 decimi, il più accreditato compagno di marca Jim Redman e, a seguire, una bella schiera di nomi importanti quali Tarquinio Provini (Moto Morini), Ernst Degner (MZ), Alan Shepherd (MZ), Hans Fischer (MZ), Silvio Grassetti (Benelli), Mike Hailwood (Honda).
Kunimitsu Takahashi è nato a Tokyo il 29 gennaio 1940; è morto il 16 marzo 2022. Soprannominato “Kuni-san”, è conosciuto anche come il “padre del drifting” .
Inizia a gareggiare nel 1958 e approda al motomondiale nel 1960 nelle classi 125 e 250. Il miglior risultato di quell’anno è un 4° posto con la 250 al Gran Premio delle Nazioni.
L’anno successivo Takahashi diviene il primo pilota nipponico a vincere un Gran Premio del motomondiale nella classe 250; quello stesso anno otterrà una vittoria anche con la 125 al Gran Premio dell’Ulster.
Nel 1962 con la 125 s’impone nei primi due Gran Premi dell’anno, Spagna e Francia dove ottiene anche un 6° ed un 2° posto nella classe 50, ma al Tourist Trophy è vittima di un grave infortunio che gli impedisce di gareggiare per il resto della stagione.
Dopo alterni risultati in 125 e 250 nel 1963, nel 1964 alterna la partecipazione al motomondiale con la disputa di alcune gare in auto per poi passare definitivamente alle 4 ruote partecipando al campionato nazionale di Formula 2.
Nel 1977 viene iscritto al Gran Premio del Giappone di Formula 1 dal Meritsu Racing Team che gli fornisce una Tyrrell 007 privata; si qualifica all’ultimo posto nelle prove ufficiali ma saprà conquistare il nono posto al termine della gara e questa rimarrà l’unica sua partecipazione al massimo campionato mondiale di automobilismo.
Saprà comunque distinguersi anche con il volante vincendo per quattro volte il titolo nazionale nei prototipi (1985, 1986, 1987 e 1989). In seguito crea una propria scuderia con la quale fa gareggiare una Porsche 962. Nel 1994, la Honda gli affida il compito di sviluppare la NSX-GT con la quale conquisterà l’ottavo posto alla 24 Ore di Le Mans del 1995. Nel 2000 si ritira dallo sport attivo per gestire la sua scuderia e diventa il presidente della Japanese GT Association.