La Typ 64 (questa la sigla originale) del 1939, conosciuta anche come Type 60K10 o anche VW Aerocoupe, è l’anello di congiunzione fra la Volkswagen e la Porsche. Chiamarla Porsche non è corretto visto che è stata costruita ben prima della fondazione del marchio però è lecito affermare che senza di lei non sarebbero mai nate la Porsche 356 realizzata con la stessa idea di base, e poi le 550 e le 911. Fu infatti realizzata dagli stessi ingegneri che si sarebbero in seguito cimentati nel progetto 356.
Il Nationalsozialistisches Kraftfahrkorps (NSKK, l’organizzazione paramilitare del partito nazionalsocialista) che doveva promuovere la “cultura dell’automobile” e le autostrade tedesche, orgoglio della patria nazionalsocialista, commissionò a Ferdinand Porsche la costruzione di una versione da corsa della nuovissima KdF-Wagen, il futuro Maggiolino Volkswagen, con l’intento di partecipare alla gara Berlino-Roma di 1500 km che avrebbe dovuto svolgersi nel settembre del 1939.
Ma lo scoppio della seconda guerra mondiale fece si che la Berlino-Roma non si sarebbe più disputata ma Porsche riuscì comunque a completare tre esemplari della Typ 64; uno fu danneggiato in un incidente da un membro del consiglio di amministrazione Volkswagen all’inizio della seconda guerra mondiale mentre le due vetture rimanenti furono utilizzate dalla famiglia Porsche per uso personale.
Nel 1944 Porsche trasferì la sua azienda a Gmünd, in Austria, portando con sé le due Typ 64 rimaste nella sua disponibilità; nel 1945, a guerra conclusa, i militari Usa ne sequestrarono una alla quale tagliarono il tetto trasformandola in spyder.
Nel 1946 l’unico esemplare superstite fu registrato in Austria con il logo Porsche applicato a mano dallo stesso Ferdinand sul cofano anteriore e venne perciò ribattezzata ufficialmente Porsche 64.
Nel 1947 Ferdinand Porsche affidò a PininFarina il compito di restaurarla e la espose a fianco della prima Porsche 356 nel giorno del debutto di quest’ultima, nel 1948.
Successivamente, nel 1949, la Porsche 64 fu acquistata dal pilota austriaco Otto Mathé che la utilizzò in diverse gare diventando così il primo pilota Porsche della storia; Mathé la conservò per 46 anni fino al giorno della sua scomparsa avvenuta nel 1995. In seguito la 64 venne acquistata dall’austriaco Thomas Gruber, uno dei massimi esperti di Porsche.
Anche se la base di partenza era quella della modesta Type 1, la 64 era un trionfo di tecnologia basata su criteri costruttivi aeronautici applicati al telaio e alla carrozzeria; Porsche ne affidò la costruzione ad una piccola officina di Zuffenhausen, la Reutter Works, specializzata nella lavorazione dell’alluminio e vantava profonda conosceva della tecnologia aeronautica. I pannelli in lega, infatti, venivano rivettati al telaio come negli aerei caccia.
Lo stile della Typ 64 è opera di Erwin Komenda, lo stilista che per Ferdinand Porsche ha disegnato tra le altre il Maggiolino, la 356 e la 550 Spyder. Per renderla ancora più aerodinamica le ruote venivano coperte con pannelli amovibili.
Per ridurre il peso complessivo anche il pavimento e alcune parti della meccanica della Typ 64 furono realizzati in alluminio.
Per far fronte agli eventuali problemi alle gomme dovuti a una gara così impegnativa la vettura venne dotata di due pneumatici di scorta posizionati nel cofano anteriore, sopra il serbatoio del carburante.
Il motore quattro cilindri boxer raffreddato ad aria posteriore era derivato dalla unità di serie Volkswagen di 985cc; l’adozione di valvole più grandi e di doppi carburatori ne incrementò la potenza da 34 a 50 CV.
Grazie all’elevata coppia del motore e al peso di soli 600 kg la Typ 64 aveva una buona accelerazione e la velocità massima, notevole per il tempo, superava i 160 km/h, grazie anche alla sofisticata aerodinamica del corpo vettura.