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L’Aprilia RS Cube per la MotoGP
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L’Aprilia RS Cube per la MotoGP

Gennaio 11th, 2021 Fabio Avossa Amarcord

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Nel dicembre 2001, al Motor Show di Bologna, l’Aprilia presentava la RS³ (RS Cube), il prototipo realizzato dalla casa veneta per la MotoGP, la nuova classe del motomondiale destinata a sostituire, a partire dal 2002, la tradizionale classe 500 che era rimasta in vigore con poche modifiche normative sin dal 1949.

La caratteristica più distintiva della nuova moto della casa veneta era il motore, un 3 cilindri di caratteristiche molto avanzate che, nel rispetto delle nuove regole, era un 4 tempi di 990cc di cilindrata.

Non era la prima volta che l’Aprilia si cimentava nella massima categoria del Motomondiale; aveva infatti gareggiato nella classe 500 dal 1994 fino al 2000 con una bicilindrica 2 tempi ritenendo che potesse essere competitiva contro le imperanti 4 cilindri favorita dal regolamento che consentiva 105 kg di peso minimo per le bicilindriche contro i 130 kg per le 4 cilindri. I risultati in pista però non corroborarono questa teoria e già sul finire del 1996 il reparto corse della casa italiana si era indirizzato verso una motorizzazione a 4 cilindri realizzando un prototipo, noto come RSW 500 V4, sviluppato sulla base della MuZ Swissauto con l’intento di farlo debuttare in pista nella stagione 2001.

Ma poi in Aprilia venne deciso di concentrare tutte le risorse sul progetto MotoGP e pertanto la casa veneta si astenne dalla partecipazione all’ultima stagione della 500cc 2 tempi, appunto il 2001, ed il progetto 4 cilindri 2 tempi fu abortito sul nascere.

L’idea della RS Cube nacque dall’entusiasmo di Ivano Beggio, storico presidente di Aprilia, e dalla mente e dall’opera di tre tecnici quali Jan Witteveen, capo del reparto corse Aprilia Racing, Luigi Dall’Igna, project manager, e Claudio Lombardi, in qualità di consulente specializzato nella progettazione di motori a 4 tempi.

Il team di progetto valutò diverse soluzioni, dal bicilindrico al 3 in linea, fino al V4 per poi optare per il 3 cilindri in linea. Diversi i motivi di questa scelta.

Prima di tutto perché secondo le regole della nascente classe MotoGP, che stabilivano una scala di pesi dell’intero motoveicolo a seconda del frazionamento del motore, almeno in teoria risultavano avvantaggiate le configurazioni a 3 e 5 cilindri.

“Abbiamo scelto un motore a tre cilindri per diversi motivi” spiegò Ian Witteveen. “Abbiamo scartato il V4 perché eravamo convinti che la maggior parte dei giapponesi avrebbe scelto questa soluzione. La nostra esperienza ci dice che per batterli devi seguire un percorso diverso dal loro.

Inoltre, storicamente, il tre cilindri è un concetto tutto europeo.”

Venne presa in considerazione anche l’ipotesi di una replica stradale da cui eventualmente derivare una versione SBK ed ancora una volta il 3 cilindri apparve il miglior candidato perché ritenuto facile da produrre su larga scala, con costi relativamente ridotti paragonabili ad un V2.

Ancora Witteveen: “La terza ragione è che volevamo sfruttare i vantaggi della tecnologia della Formula 1 per sviluppare una centralina high-tech. Un tre cilindri di 990 cm³ ha una cilindrata di 330 cm³, molto vicina ai motori F1 a 10 cilindri da 3,5 litri.”

Sulla base di queste ultime considerazioni, la progettazione e lo sviluppo delle testate vennero commissionate alla Cosworth; questa decisione consentì di accelerare i tempi di realizzazione del prototipo, tanto che si passò dalla progettazione al computer alla pista in meno di 8 mesi.

Quella del 3 cilindri fu una strada percorsa dalla sola Aprilia.

Il prodotto di questa collaborazione italo-inglese fu un motore di incredibile potenza per l’epoca, 220 cavalli per arrivare ai 260 cavalli nelle ultime versioni. Una potenza che rendeva la RS Cube la moto più potente della nuova categoria e che sarà raggiunta e poi superata solo quando la MotoGP, dopo l’intermezzo normativo che ne limitava la cilindrata ad un massimo di 800cc, passerà alla cilindrata piena dei 1000cc.

Un motore che sorprendeva non solo per l’insolita soluzione del tricilindrico ma anche per i tanti contenuti tecnologici altrettanto insoliti per l’epoca.

Il motore della RS Cube presentava infatti caratteristiche innovative ed all’avanguardia per un motore motociclistico di quei tempi come le valvole a richiamo pneumatico che solo dal 2008 sostituiranno definitivamente le molle su tutti i prototipi della MotoGP (fatta eccezione per il desmodromico Ducati), controllo elettronico dell’acceleratore (ride-by-wire), controllo di trazione, albero motore controrotante, frizione in carbonio.

Aprilia aveva infatti sviluppato un proprio software per la gestione elettronica del motore che controllava, oltre l’accensione e l’iniezione, il comando elettronico del gas che consentiva anche un embrionale controllo di trazione.

Il sistema di scarico era un Akrapovic 6-3-1, costituito da collettori a doppia uscita (uno per valvola) per ciascuno dei tre cilindri, che alla fine del percorso confluivano in un unico scarico di grande diametro.

Al contrario la ciclistica, nella quale Aprilia poteva vantare grande esperienza, era alquanto tradizionale.

La moto aveva dimensioni molto compatte, simili a quelle delle vecchie mezzo litro e sfoggiava una invidiabile leggerezza: 135 kg a secco, contro i 145 kg dei prototipi a 4 e 5 cilindri e i 155 kg concessi per i motori a 6 cilindri; ma questo probabilmente era più un obiettivo che un risultato concreto, forse raggiunto solo alla fine dello sviluppo.

Per comprendere quanto quel motore fosse avanti rispetto alla concorrenza ci basti ricordare che la Yamaha si schierò con la M1 a 4 cilindri in linea alimentata a carburatori e senza controlli elettronici; ed in effetti la MotoGP dell’Aprilia, mancando di una elettronica evoluta, si dimostrò troppo in anticipo sui tempi.

Lombardi ricorda così il comportamento del motore della RS cube: “il nostro 3 cilindri MotoGP era affascinante, bellissimo, potente e aveva un sound straordinario, ma i cavalli erano troppo in alto e non c’era allora un’elettronica così sofisticata per gestirli. Ci siamo poi rifatti con il motore della RSV4…”

In effetti il motore, forse a causa dell’intervento della Cosworth sulle termiche, cuore pulsante di un motore 4 tempi, condivideva con la Formula 1 non solo il layout delle testate ma anche una erogazione estremamente appuntita; in basso era vuoto mentre esplodeva in alto mettendo in crisi la ciclistica e distruggendo le gomme ben prima di metà gara rendendo così la vita difficile ai suoi piloti. Si cercò di contenere l’esuberanza del motore modificando la ciclistica ma, nonostante la grande esperienza dell’Aprilia nello sviluppo dei telai, i risultati furono alquanto deludenti.

La partecipazione al Motomondiale

L’Aprilia partecipò al Motomondiale con la RS Cube dal 2002, primo anno della MotoGP, fino al 2004 quando fu costretta a deporre le armi.

Il debutto avvenne in Giappone con il solo Regis Laconi che conquistò un promettente ottavo posto, replicato poi al Mugello, che rimase il miglior risultato stagionale.

Nel 2003 in sostituzione di Laconi arrivò la coppia Colin Edwards/Noriyuki Haga insieme ad un telaio modificato. Edwards cominciò con un ottimo sesto posto a Suzuka, miglior risultato stagionale, mentre Haga collezionò numerose cadute da attribuire al comportamento scorbutico della moto. Al riguardo Edwards dichiarò che era nata male con tanti problemi da risolvere come la tendenza al wheeling, il chattering, la mancanza di sensibilità sull’avantreno ed una risposta imprevedibile dell’acceleratore ride-by-wire.

Nel 2004 la Cube, ulteriormente evoluta in tutti suoi componenti, venne affidata ad una nuova coppia di piloti costituita da Jeremy McWilliams e Shakey Byrne; quest’ultimo, infortunato a causa di un di un incidente in prova a Brno, venne sostituito da Michel Fabrizio a sua volta sostituito da Garry McCoy per lo stesso motivo essendo incappato a sua volta in un infortunio in Portogallo. Ma nonostante tutte le novità i risultati non cambiarono anzi, a dire il vero, peggiorarono facendo registrare come miglior piazzamento della stagione il modestissimo decimo posto conquistato da Byrne in Italia.

Nonostante il continuo cambio di piloti di buona levatura, ognuno con il proprio stile di guida, nessuno di loro è mai riuscito a padroneggiare la Cube. Probabilmente è mancato un pilota in grado di fare sviluppo, ruolo che avrebbe potuto ricoprire Max Biaggi, ben conosciuto in Aprilia, che all’epoca era già in rotta con la Yamaha.

L’assoluta mancanza di risultati, unitamente ad una grave crisi economica che già attanagliava l’Aprilia, fu molto probabilmente il motivo per cui l’Aprilia alla fine del 2004 interruppe la propria partecipazione alla MotoGP, troppo elevato l’impegno economico rispetto ai risultati ottenuti in pista.

Al termine della stagione 2004, la casa madre Piaggio che da poco aveva acquisito l’Aprilia, attraverso il suo amministratore delegato Rocco Sabelli annunciava: “L’Aprilia conferma l’impegno nelle classi 125 e 250, ma stiamo seriamente valutando di non essere più presenti nella MotoGP perché antieconomica e poco redditizia”.

Per rivedere l’Aprilia impegnata nella MotoGP dovremo aspettare il 2015.

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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccanico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da circa 60 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy), oggi sul suo profilo Facebook si diletta a parlare di moto e auto con particolare attenzione alle vicende del Motomondiale e della Superbike.

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