AMX era l’acronimo della sigla ” American Motors eXperimental” utilizzato dalla AMC (American Motor Corporation) per un prodotto di serie, per alcune concept car e per alcuni prototipi.
L’AMX/3 (a volte citata come AMX/III) era un’auto sportiva che la AMC commissionò a Giotto Bizzarrini; nasceva così 50 anni prima della Corvette C8 Stingray del 2020 una GT americana a motore posteriore ma che purtroppo rimase allo stadio di prototipo. Durante i collaudi un esemplare si fregiò del prestigioso appellativo “Monza” per una serie di test svolti sul famoso circuito brianzolo.
L’AMX/3 è considerata come uno delle opere più riuscite di Bizzarrini.
La prima AMX di produzione era una classica “muscle car” a due posti prodotta dal 1968 al 1970 che si poneva in diretta concorrenza con la Chevrolet Corvette ma che, rispetto a quest’ultima, era più compatta avendo un passo più contenuto ed era messa in vendita ad un prezzo inferiore. Ed effettivamente era una vettura ad alte prestazioni che offriva un ottimo rapporto prezzo/prestazioni.
Dal 1968 al 1969 furono disponibili tre motori V8 di cilindrata 4.800cc, 5.600cc e 6.400cc. che erogavano una potenza, rispettivamente, di 225 CV, 280 CV e 315 CV; nel 1969 fu introdotta una versione del 6,4 litri alimentato con due carburatori quadricorpo che gli permettevano di erogare 420 CV. Nel 1970 si aggiunse alla gamma dei propulsori disponibili un V8 da 5.900cc e 285 CV mentre il motore da 6,4 litri, nella sua configurazione con un solo carburatore quadricorpo, fu ulteriormente potenziato a 325 CV.
I propulsori erano montati in posizione anteriore, la trazione era posteriore; erano disponibili due tipi di cambio, un manuale a quattro rapporti ed un automatico a tre rapporti.
Nonostante le sue caratteristiche ed una buona accoglienza iniziale, le vendite non decollarono mai tanto che dopo solo tre anni il modello venne tolto di produzione ed il nome AMX fu utilizzato sulle versioni ad alte prestazioni di altri modelli.
AMX/3: bella ma destinata all’insuccesso
Nella seconda metà degli anni ‘60 il Gruppo American Motors (nel quale erano confluiti gli storici marchi Nash-Kelvinator, Studebaker, Packard e Hudson) ispirandosi alla Lamborghini Miura decise di dar vita ad una Gran Turismo con il motore collocato in posizione posteriore-centrale per contrastare il successo della Chevrolet Corvette e della De Tomaso Pantera motorizzata Ford, anch’essa con il gruppo moto-propulsore in posizione posteriore-centrale.
Il piano industriale inizialmente prevedeva la messa in produzione entro il 1968 con l’obiettivo di una produzione annuale di 5.000 esemplari.
Un primo risultato fu la AMX/2, concepita da Direttore del design Dick Teague e dal designer Bob Nixon; la loro proposta venne preferita a quella della italiana Italdesign.
Il prototipo statico fu esposto al Salone di Chicago del ’69; dalla evoluzione di quel prototipo nacque la AMX/3.
Non avendo alcuna esperienza di progettazione di GT ad elevate prestazioni, il progetto fu affidato a Giotto Bizzarrini che avrebbe dovuto curarne sia lo sviluppo che la produzione.
Il tecnico livornese (ex Alfa Romeo, Ferrari, ATS, Serenissima, Lamborghini, Iso Rivolta e, ovviamente, Prototipi Bizzarrini) impostò il progetto come una evoluzione della sua P538 del 1966.
Il telaio era costituito da un trave centrale con una monoscocca saldata su di esso, una struttura definita “semi-monoscocca”, sul quale venne installato in posizione posteriore-centrale un V8 da 6.300cc in grado di sviluppare 390 CV accoppiato ad un cambio meccanico a 4 marce della italiana OTO Melara; l’interasse era di 2675 millimetri, le sospensioni erano le classiche a triangoli sovrapposti mentre la carrozzeria era realizzata in fibra di vetro.
Allo sviluppo della nascente GT statunitense partecipò anche una delegazione di tecnici BMW.
La vettura venne presentata al Salone di Chicago del 1970 e poi a Roma a pochi giornalisti selezionati; l’impressione che fece fu ottima.
Oltre al primo prototipo venne commissionata la costruzione di altri 5 esemplari di preserie che furono assemblate a Moncalieri.
Purtroppo gli obiettivi di produzione e vendita furono clamorosamente ridimensionati quando, dopo aver fatto le prime realistiche valutazioni sulla efficacia del progetto, il potenziale di vendita venne stimato in non più di 20 esemplari l’anno.
E non solo:
– nel marzo ’70, arrivò una nuova norma dell’amministrazione americana in materia di sicurezza che imponeva l’impiego di paraurti a deformazione capaci di resistere fino a una velocità di 5 miglia orarie; l’adeguamento alla norma avrebbe deturpato la bellissima linea della carrozzeria;
– le leggi anti inquinamento diventavano sempre più costrittive;
– la spirale inflazionistica penalizzava il potere d’acquisto spingendo gli utenti a comprare auto più piccole;
– gli elevati premi assicurativi penalizzavano il segmento di mercato auto sportive.
Tutto ciò, unito alla crisi economica in cui si trovava l’azienda fece vacillare la convinzione dei vertici sulla validità commerciale del prodotto.
Ma il colpo di grazia per il progetto arrivò quando il prezzo di vendita remunerativo della AMX/3 venne stimato in circa 12.000 dollari, più elevato della De Tomaso Pantera e più del triplo della AMX di serie.
A quel punto i vertici AMC misero la parola fine al progetto e ordinarono di distruggere tutte le auto completate; Bizzarrini per fortuna ignorò questa disposizione. La leggenda vuole che Richard Teague, il designer della AMX/3, ne abbia acquistati quattro esemplari e comunque si ha la certezza della esistenza dell’esemplare che viene ricordato con l’appellativo Monza che è stato anche oggetto d’asta in tempi più recenti.
LA NUMERO 4 “Monza”
Si tratta di una delle sei sole vetture esistenti che venne utilizzata dallo stesso Bizzarrini sul circuito di Monza per una serie di importanti test di aerodinamica, tenuta di strada e prestazioni massime; sembra essere l’unica contraddistinta dalla denominazione “AMX/3 by Bizzarrini”
Questo esemplare con telaio WTDO 363 2/55/55, la numero quattro costruita, era stato sottoposto ad una serie di modifiche volte ad ottimizzare il raffreddamento del potente V8 da 6.400cc; la vettura, verniciata in rosso, era infatti dotata di grosse aperture sul cofano, sotto le luci anteriori e dietro i finestrini posteriori.
Alla sessione di test di Monza, oltre a Bizzarrini, parteciparono anche alcuni tecnici della BMW.
La AMX/3 evidenziò un certo alleggerimento dell’anteriore alle alte velocità, così non furono superati 230 orari; alcune fonti riportano velocità prossime ai 260 Km/h ma comunque da calcoli teorici si stimò che, con i giusti accorgimenti aerodinamici, la vettura avrebbe potuto superare i 270 Km/h.
Le impressioni furono invece del tutto positive per quanto riguardava motore e telaio che il team BMW dichiarò di averlo trovato come uno dei più rigidi da loro mai testati, addirittura più del 50% rispetto ad alcuni modelli di riferimento di altri costruttori; lo stesso Bizzarrini lo definì il telaio più rigido che avesse mai prodotto. Nella stessa occasione i tecnici della BMW definirono la AMX/3 una concorrente di classe mondiale tra l’elite delle auto a motore centrale.
Dopo lo stop al progetto la vettura, nel frattempo riportata a Livorno, fu venduta in America.