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Le avversarie della GTO: la Chevrolet Corvette Grand Sport, un capitolo mancato nella storia delle competizioni
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Le avversarie della GTO: la Chevrolet Corvette Grand Sport, un capitolo mancato nella storia delle competizioni

Novembre 8th, 2020 Fabio Avossa Amarcord

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Gli appassionati di “ruote coperte” ricordano come avversarie più agguerrite della gloriosa Ferrari GTO le versioni da competizione delle inglesi Jaguar E Type e Aston Martin DB4 nonchè la Cobra di Shelby che nel 1965 riuscì a battere la berlinetta di Maranello conquistando il Campionato Internazionale Costruttori Gran Turismo.

Pochi però ricordano che nel 1963 stava per scendere in campo un’altra potenziale contendente della GTO, la Chevrolet Grand Sport derivata dalla Corvette Sting Ray profondamente modificata e spinta da un V8 di 6200cc alimentato ad iniezione che erogava 550CV (485 CV la versione alimentata a carburatori).

La Chevrolet aveva lanciato il programma Grand Sport nel 1962 con l’obiettivo di realizzare una Corvette C2 alleggerita destinata alla partecipazione alle gare cui era ammessa la classe Gran Turismo.

La filosofia progettuale di questa vettura si ispirava a quanto stava realizzando Carroll Shelby con la Cobra. Il progetto venne assegnato all’ingegnere di origine belga della Chevrolet Arkus-Duntov Zora (Bruxelles, 25 dicembre 1909 – Detroit, 21 aprile 1996). Ne venne programmata una produzione di almeno 100 esemplari richiesti per l’omologazione Gran Turismo Internazionale.

Zora Arkus-Duntov fu la forza trainante alla base del programma Grand Sport; la leggerezza era la chiave della formula tanto che il programma originariamente era noto all’interno di General Motors come “The Lightweight” ed infatti i primi prototipi riuscirono ad abbattere significativamente il peso originario della Stingray grazie a componenti leggeri come alluminio, magnesio e fibra di vetro ultrasottile. La carrozzeria in plexiglas era caratterizzata da uno speciale pacchetto aerodinamico; il veicolo risultante vantava specifiche molto impressionanti, caratterizzato esteticamente da una serie di componenti aerodinamici e grandi prese d’aria.

La convenzionale struttura in lamiera stampata con longheroni e traverse venne sostituita da un più razionale telaio in tubi in acciaio da 6”, con rinforzi laterali; lo schema delle sospensioni invece era simile a quelle di serie anche se realizzate con elementi più leggeri.

La Corvette Grand Sport era pronta all’inizio del 1963; i 550 Cv a 6400 giri/m e il peso di appena 950 kg facevano chiaramente capire che sarebbe stata una protagonista assoluta.

Purtroppo i vertici della General Motors, ricordandosi che ­ nel 1957 le Case americane legate all’AMA (Auto Manufacturers Association) avevano stretto un patto che vietava la partecipazione alle corse, bloccarono il progetto prima che venissero realizzati i 100 esemplari necessari per l’omologazione.

Un accordo in realtà piuttosto simbolico, tanto che la Ford non ne ha affatto tenuto conto quando, all’inizio degli anni ’60, iniziò ad investire ingenti somme nello sport ottenendo importanti risultati come le vittorie alla 24 Ore di Le Mans e titoli a ripetizione in Formula 1 con il motore Cosworth.

Il 21 gennaio 1963, quando erano state approntate le prime cinque vetture ed era stata già organizzata una seduta di prove per selezionare i piloti, Frederic Donner in persona, presidente e amministratore delegato della General Motors, ordinò ad Arkus-Duntov di bloccare il programma e di distruggere le Grand Sport costruite.

L’ordine fu rispettato solo in parte perché gli unici 5 esemplari assemblati vennero ceduti a scuderie private che li schierarono in gare americane sfidando, senza sfigurare, le grosse vetture sport Chaparral, Cooper-Monaco, Maserati, Scarab; in seguito due vetture vennero trasformate in roadster.

Alla 12 Ore di Sebring del 1964 la Corvette Grand Sport di Roger Penske e Jim Hall ebbe un inizio folgorante; nelle prove il miglior tempo tra le GT era stato ottenuto dalla Cobra Daytona Coupè di Bob Holbert e Dave McDonald ma la Corvette Grand Sport di Roger Penske e Jim Hall (ammessa come Prototipo, seppure in con­figurazione GT) era stata più lenta appena per un secondo; lontanissima invece la Ferrari GTO ufficiale di Carlo Mario Abate e Jean Guichet superata anche da una Ferrari 250 Le Mans, la vettura che avrebbe dovuto prendere il posto della GTO e che invece non ottenne l’omologazione. Il momento più impressionante si verificò all’inizio del secondo giro di gara, quando la Corvette superò con apparente facilità in accelerazione e velocità la Ferrari 330 P di Lodovico Scar­fiotti, il prototipo che in quell’anno avrebbe portato a Maranello l’ennesimo Challenge Mondiale di Velocità e Durata.

Ma quello momento di gloria fu anche il canto del cigno della Grand Sport.

La Grand Sport ha sempre ottenuto prestazioni superiori rispetto alle Cobra, anche se la sfida non poteva essere diretta essendo le due vetture ammesse a due categorie differenti; Dick Thompson fu il solo a portare alla vittoria questa auto vincendo sul circuito di Watkins Glen una gara della Sport Car of America.

Per la General Motors, e la Chevrolet in particolare, una probabile occasione persa, per la Ferrari e per le Ford Cobra un probabile pericolo scampato.

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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccanico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da circa 60 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy), oggi sul suo profilo Facebook si diletta a parlare di moto e auto con particolare attenzione alle vicende del Motomondiale e della Superbike.

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