Quella del 1999 fu la cinquantunesima edizione del Campionato del Mondo che si disputò su 16 Gran Premi; il Campionato iniziò il 18 aprile con il Gran Premio della Malesia mentre spettò al Gran Premio d’Argentina chiuderlo il 31 ottobre.
Quel campionato riservò alcune novità come il primo ed unico titolo della 250 di Valentino Rossi ed il primo ed unico titolo della 500 di Àlex Crivillé, primo spagnolo iridato nella storia della top class.
In verità il titolo dello spagnolo fu favorito da un incidente in cui incorse durante il Gran Premio di Spagna Mick Doohan che si infortunò gravemente tanto da essere costretto al ritiro definitivo dall’attività agonistica.
Ma, incidente di Doohan a parte, l’episodio più clamoroso di quella stagione fu il titolo della 125 conquistato da Emilio Alzamora che si laureò Campione del Mondo ai danni di Marco Melandri nonostante non avesse vinto alcun Gran Premio; alla fine l’italiano fu battuto per un sol punto nonostante avesse ottenuto ben 5 vittorie in Campionato.
Melandri (Ravenna il 7 agosto 1982) incomincia la carriera agonistica a 5 anni con le BMX ma a 8 anni passa alle minimoto con le quali nel 1992 e nel 1994 è campione italiano. Nel 1996 vince la Coppa Honda. Nel 1997 è collaudatore ufficiale Honda, si laurea campione italiano della 125, disputa alcune gare dell’Europeo; chiamato a sostituire l’infortunato Mirko Giansanti esordisce nel mondiale al Gran Premio della Repubblica Ceca che finisce al 17º posto. Nel 1998 è pilota ufficiale della Honda; dopo aver sfiorato la vittoria al Mugello riesce a vincere due GP, quello d’Olanda, grazie al quale diviene il più giovane pilota ad aver vinto un Gran Premio di motociclismo all’età di 15 anni e 324 giorni, e quello della Repubblica Ceca.
E si arriva al Mondiale del 1999.
Macho, che i media già indicano come l’erede designato di Rossi, è ancora al via della classe 125 in sella ad una Honda; purtroppo il suo campionato non parte sotto i migliori auspici infatti non accumula nessun punto nelle prime tre gare perché cade e si frattura durante le prove del Gran Premio di Malesia e deve perciò rinunciare alle prime due gare mentre è costretto al ritiro nella terza.
La fase iniziale del campionato vede il dominio di Azuma e Locatelli che si aggiudicano rispettivamente cinque e due Gran Premi. Ma poi, dopo alcune gare a corrente alternata inizia la striscia vincente di Melandri con 4 vittorie intercalate da un ritiro seguite da due podi e la vittoria nel Gran Premio finale in Argentina. Ma purtroppo il dominio nella seconda parte del Campionato non gli sarà sufficiente per la conquista del titolo: peseranno troppo i tre zeri iniziali ed un regolamento che ormai da alcuni anni aveva abolito la regola che consentiva di scartare i peggiori piazzamenti dal conteggio utile ai fini della classifica finale.
Le altre quattro gare andranno a Scalvini (2), Ueda e Arnaud.
Determinante per quel singolare esito (raro ma non unico) del campionato sarà un misero punticino raggranellato a Phillip Island da Alzamora che, in gran rimonta dopo una caduta, giunse quindicesimo grazie al compagno di team Angel Nieto jr. che gli cedette il passo, forse “invitato” a farlo dal padre Angel sr. che all’epoca era il loro team manager. Probabilmente in quel momento neanche il grande Nieto poteva immaginare che importanza avrebbe avuto quella decisione ai fini del campionato.
Prima del Gran Premio d’Argentina, l’ultima di campionato, la situazione di classifica vedeva Alzamora in testa con 207 punti seguito da Melandri con 201 punti e Azuma con 190.
C’era una grande tensione; ad Alzamora sarebbe stato sufficiente arrivare alle spalle di Melandri mentre l’italiano per sperare nella conquista del titolo doveva vincere e contare sulla circostanza che qualche altro pilota tagliasse il traguardo davanti ad Alzamora.
Loris Reggiani, il manageri di Melandri, cercò di ottenere collaborazione da parte degli altri italiani, ma senza esito; in particolare Locatelli dichiarò: “Le moto sono un sport individuale”.
Il sabato la pole andò al terzo incomodo Azuma, seguito da Melandri, Alzamora, Locatelli, Poggiali, Borsoi, Ueda, Ui, Vidal e Cecchinello.
Al via il più lesto è Locatelli che “brucia” Azuma; dopo due giri Azuma si ritira abbandonando così le ultime speranze di conquista del titolo lanciando così Melandri e Alzamora nella rincorsa al titolo.
Melandri conquista la testa ma Alzamora, dopo qualche difficoltà nella prima parte di corsa risale dal quinto al secondo posto, si accoda all’italiano e non lo molla controllando la situazione ben sapendo che se la gara finirà così sarà lui il Campione del Mondo.
Marco è nettamente più veloce e ben presto distacca l’avversario.
Ma Melandri, forse mal gestito dal muretto, commette un fatale errore di tattica: cerca di guadagnarsi un discreto margine di sicurezza per assicurarsi la vittoria che però non gli basta per arrivare il titolo; sarebbe stato più opportuno cercare di tenere il gruppo compatto nella speranza che qualche altro pilota si intromettesse tra lui ed Alzamora, unica condizione che gli avrebbe consentito di laurearsi Campione.
A cinque giri dalla fine Melandri ha accumulato più di tre secondi sul suo rivale per il titolo.
A tre giri dalla fine il box segnala a Melandri di rallentare ma lui, forse per inesperienza o forse perché in preda alla foga agonistica, non rispetta le segnalazioni e continua nella sua folle corsa.
Solo all’ultimo giro, compreso l’errore, realizza che il titolo è svanito; disperato si volta all’indietro, rallenta, aspetta Alzamora e quando questi gli arriva a ridosso dà vita ad un duello ai limiti della correttezza. Va così in scena un dramma sportivo: ha capito che ormai il titolo che ritiene di meritare gli sta sfuggendo di mano, è fuori di sé, è disperato e tenta l’ultima carta: rallenta vistosamente dando fastidio platealmente ad Alzamora cercando di rallentarlo nella speranza che qualcuno risalga dalle retrovie ma ormai gli avversari erano distaccati e allora perde completamente il controllo e tenta di speronare l’avversario cercando di buttarlo fuori pista.
La tattica di Melandri è chiara quanto inutile e scorretta; Alzamora schiva abilmente tutte le manovre ostative dell’avversario assicurandosi la seconda posizione sufficiente per la conquista del titolo anche se con il risicato margine di un solo punto e senza nessuna vittoria all’attivo.
In definitiva vittoria in gara per Melandri ma titolo mondiale allo spagnolo, secondo sotto la bandiera a scacchi.
A Melandri resta l’amarezza di non aver ricevuto nessun aiuto dagli altri, numerosi, italiani in gara (com’era invece accaduto nel 1990 con Capirossi): Borsoi, Cecchinello Giansanti, Locatelli, Sanna e Scalvini.
Pur condannando il suo scriteriato e antisportivo comportamento dell’ultimo giro, sono comprensibili la delusione e la rabbia di Melandri che, per quanto fatto vedere nella seconda parte del campionato, si è dimostrato il più forte della 125.
Solo i suoi 17 anni, le aspettative e la pressione su di lui che veniva già designato come l’erede di Rossi, consentono un giudizio clemente sul suo deprecabile comportamento.
Ai box verrà evitata la rissa con Alzamora che avrebbe voluto “chiarirsi” con l’italiano che comunque sarà multato con 10.000 franchi svizzeri per “pilotaggio irresponsabile”.
Nelle interviste del dopo gara Marco dichiara: “Credo oggi si sia visto che il più forte in questa classe è seduto sulla moto n.13…”. Come dargli torto.
E allora, quasi a rendere giustizia a Melandri, ci siamo esercitati ad applicare alla classifica del 1999 tutte le regole degli scarti che si sono succedute negli anni; ebbene, come potete verificare dalla tabella allegata, in tutti i casi il titolo sarebbe andato a Melandri. Stimolati dall’esito di questa simulazione, ci siamo esercitati anche nel mantenere invariato il punteggio, quindi senza scarti, salvo assegnare 5 punti in più al vincitore ritenendo che la vittoria dovrebbe essere premiata con una congrua differenza di punti rispetto al secondo posto; ebbene anche in questo caso il risultato sarebbe cambiato assegnando il titolo a Melandri.