Tonino Benelli (1905 – 1937) fu attore di un insolito caso di conflitto di interessi … motociclistici.
Tonino era l’ultimo dei sei fratelli Benelli. È stato uno dei piloti più talentuosi nel periodo a cavallo tra gli anni ’20 e gli anni ’30. Debuttò nel 1923; molti i suoi successi in sella alla 175 di famiglia, una moto sofisticata per i suoi tempi con il suo monocilindrico con albero a camme in testa e distribuzione a cascata d’ingranaggi. Tra le più prestigiose ricordiamo i quattro titoli italiani della classe 175 nel 1927-1928-1930-1931, il titolo europeo del 1931 perso per una foratura all’ultimo giro, il secondo posto nella prova unica valida per il Campionato d’Europa del 1932, un Gran Premio di Francia, quattro Gran Premi delle Nazioni, tre Circuito del Lario, due Gran Premi del Moto Club d’Italia e due Gran Premi Reale Roma. Purtroppo morì a causa di un incidente stradale il 27 settembre 1937; a suo nome è stato intitolato lo Stadio Tonino Benelli della città di Pesaro.
Ebbe quindi molte soddisfazioni nel corso della sua carriera di pilota e contemporaneamente come titolare della casa costruttrice della sua cavalcatura ma proprio per questa doppia veste era tormentato dalla contrapposizione tra l’ambizione di affermarsi come pilota talentuoso e vincente e la responsabilità di dimostrare il livello tecnico dei prodotti del marchio di famiglia. Spesso infatti la stampa attribuiva al notevole livello tecnico della sua moto le tante vittorie; ad esempio ricordiamo una cronaca della rivista Motociclismo sul Gran Premio Reale Roma del 1930: <<L’ottimo Tonino Benelli ha corso con la consueta maestrìa, dominando la gara dal principio alla fine. È sempre un ottimo guidatore, peccato soltanto che egli ingrassi un poco e aumenti di peso. Ma la sua piccola, gagliarda, cavalcatura non se ne dà per intesa e continua a vincere>>.