Sulla nascita di questa vettura girano due differenti storie, una che l’attribuisce alla volontà dell’ing. Rivolta di dare una erede alla Grifo A3/C (che troverà continuità agonistica nella Bizzarrini 5300 GT Strada) e l’altra che ne attribuisce la paternità alla iniziativa di un imprenditore comasco, Carlo Bernasconi. Forse la verità sta nel mezzo; è probabile infatti che l’ing. Rivolta abbia voluto supportare l’iniziativa imprenditoriale di Bernasconi per tastare con discrezione la risposta di un potenziale mercato. Ma una conferma ce la potrebbero dare solo i due diretti interessati perciò, per non incorrere in errore e non toccare la suscettibilità di nessuno, riporterò entrambe le storie così come io stesso le ho apprese.
Nel 1964 l’ing. Giotto Bizzarrini, che all’epoca era ancora in forza alla Iso Rivolta, realizzò la versione sportiva della Grifo, la A3/C. L’ing. Rivolta, ritenendo che si potesse fare di meglio, incaricò lo stesso Bizzarrini di realizzare una nuova vettura da competizione ancor più performante (e forse già qui nacquero i ben noti dissidi che portarono Bizzarrini a lasciare la Iso Rivolta per fondare un proprio marchio di auto sportive).
Nacque così la Daytona basata, come la Grifo A3/C, su di un telaio monoscocca in acciaio che si differenziava dai canoni telaistici dell’epoca fondati su strutture tubolari. Questa diversa impostazione del telaio era stata propiziata dallo stesso Cav. Rivolta che chiese a Giotto Bizzarrini e a Pier Luigi Raggi, tecnico esperto della lavorazione della lamiera, di progettare un telaio fatto di lamiere stampate e saldate a punti, molto più adatto per la grande produzione in serie. Inoltre questo tipo di struttura lasciava un buon grado di libertà nella realizzazione della carrozzeria che poteva essere realizzata sia in versione chiusa che in versione aperta, in questo secondo caso senza dover intervenire con rinforzi supplementari.
Come propulsore venne montato uno Chevrolet 396 Big Block V8 da 490 cv (la Iso Rivolta aveva adottato motori Chevrolet sin dalla nascita; solo a partire dalla fine del 1971, a causa delle svantaggiose condizioni economiche imposte dalla General Motors, la ISO si convertì ai motori Ford Cleveland).
Prima che venisse terminato lo sviluppo Bizzarrini lasciò la Iso, ma Renzo Rivolta non abbandonò il progetto e affidò la realizzazione della nuova GT alla Carrozzeria Modenese Neri & Bonacini, conosciuta anche come NEMBO acronimo dei nomi dei due titolari Giorgio Neri e Luciano Bonacini e della città dove risiedeva la carrozzeria stessa (NEri Modena BOnacini); perciò la vettura divenne nota anche come NEMBO II Daytona. Bizzarrini offrì comunque la propria assistenza tecnica al progetto come collaboratore esterno.
Le forme si rifacevano agli stilemi dell’epoca riprendendo a grandi linee le forme di altre GT di successo; in particolare la forma del padiglione si ispirava fortemente a quella di alcuni prototipi della Ferrari, con una spiccata rassomiglianza con quello della GTO/64.
La Iso Daytona venne presentata al pubblico in occasione del Gran Premio di Monza del 1966 dove fu accolta con grande entusiasmo. La brochure di presentazione la illustrava come «un nuovo concetto di automobilismo ad alte prestazioni» ma, nonostante avesse suscitato tanto interesse non debuttò mai nelle competizioni. Anche la produzione di serie non ebbe alcun seguito; non se ne conosce con esattezza il numero di esemplari prodotti, alcune fonti riportano che non siano state superate le cinque unità. Con certezza si conoscono 3 esemplari attualmente in circolazione; di altri 2 non si hanno notizie.
La storia alternativa
Gli anni ’60 furono un fiorire di Gran Turismo (Apollo, ATS, Bizzarrini, De Tomaso, Gordon Keeble, Intermeccanica, la stessa Iso Rivolta, Lamborghini, LMX, Serenissima); Carlo Bernasconi, comasco, noto imprenditore dell’epoca e grande appassionato di auto sportive, voleva far parte anche lui della “festa” e perciò decise di realizzare un piccolo lotto di 5 vetture, sportive, potenti e leggere da vendere negli USA, un mercato nel quale svolgeva molti suoi affari e dove perciò aveva molti contatti importanti.
Egli stesso ne abbozzò le linee essenziali e poi affidò alla carrozzeria Neri & Bonacini di Modena la definizione dello stile e la costruzione delle carrozzerie. Inizialmente non si pensò a come denominare la nuova GT perciò la stampa specializzata si divertì a citarla con i nomi più fantasiosi come “Strale Daytona 6000GT”, Iso Nembo”, “Iso Daytona” oppure “Nembo II” con chiaro riferimento al nome del carrozziere.
Per la realizzazione di questa piccola serie venivano utilizzati telai della Iso Rivolta Grifo da 2500 mm di passo; la carrozzeria, costituita da pannelli di alluminio e acciaio, veniva saldata sulla scocca in acciaio. La carrozzeria inizialmente pensata definita come coupé due posti venne realizzata anche nella versione “targa“, con tettuccio amovibile.
Nella ricerca di una motorizzazione che potesse competere sul piano della potenza erogata con quelle della migliore concorrenza, Ferrari in primis, ma ad un costo molto più abbordabile, inizialmente ci si orientò verso il Ford V8 di 6277 cc da 430 cavalli oppure ad un V8 della Chevrolet di equivalenti valori di cilindrata e potenza, ma furono scartati entrambi in quanto difficoltosi da procurarsi se non direttamente dagli Stati Uniti e a costi eccessivi. Alla fine si optò per una più economica motorizzazione V8 Chevrolet 327 da 5.358 cm³ di cilindrata, modificata dal pilota/tuner americano Dick Moroso.