Nel 1960, al Salone dell’automobile di Torino, viene presentata la nuova berlina di classe media della Lancia, la Flavia, che desta al contempo scalpore ed interesse nel pubblico e negli addetti ai lavori. La Flavia, infatti, si presenta con molte caratteristiche innovative per l’epoca: trazione anteriore, motore 4 cilindri boxer in alluminio disposto a sbalzo e ancorato al telaio con tasselli elastici per contenere al minimo le vibrazioni; innovativo pure l’impianto frenante a 4 dischi azionati da un doppio circuito idraulico e le sospensioni, indipendenti con quadrilateri deformabili all’avantreno e balestra trasversale e a doppia barra di torsione e ponte rigido al retrotreno. Scelte tecniche che ritroviamo per la prima volta su una vettura italiana di serie.
La nuova berlina della casa torinese si rifà alla tradizione che vuole le Lancia come punta avanzata della tecnologia automobilistica italiana; il progetto è stato perciò affidato all’ing. Antonio Fessia (Torino, 27 novembre 1901 – Borgomasino, 19 agosto 1968) che nel 1946 aveva lasciato la Fiat per la Cemsa perché a suo parere troppo conservatrice. E Fessia coglie l’occasione per portare alla produzione di serie alcune sue idee innovative che già dal 1947 ha sperimentato sulla Cemsa Caproni F11, un prototipo di berlina a quattro posti. La F11 è perciò a buona ragione considerata la progenitrice della Lancia Flavia che avrebbe contribuito alla diffusione della trazione anteriore a partire dagli anni sessanta del XX° secolo.
La Cemsa Caproni F11
Al Salone di Parigi, nell’ottobre del 1947, vengono presentate la Cemsa-Caproni F11 e la nuova Isotta Fraschini 8C Monterosa. Entrambe le aziende sono controllate dal Gruppo Caproni dell’ing. Gianni Caproni, un famoso industriale aeronautico. La Cemsa-Caproni F11 è una “tutto avanti” il cui propulsore è un 4 cilindri boxer da 1100cc, mentre la Isotta Fraschini Monterosa è una “tutto dietro” spinta da un motore otto cilindri a V da 3400cc.
Racconteremo di questa seconda vettura dal marchio prestigioso in altra sede.
Come molte altre industrie italiane, nel dopoguerra anche il Gruppo Caproni, per convertire la propria produzione (attiva prima e durante il secondo conflitto mondiale nel campo degli armamenti e delle costruzioni aeronautiche) aveva deciso di affacciarsi sul mercato automobilistico. Nel 1946 venne perciò assunto l’ingegner Antonio Fessia, e alcuni suoi collaboratori, che aveva lavorato in FIAT sin dal 1925 partecipando alla progettazione della Balilla, della 500 “Topolino” e della 1100. Fessia progettò un’auto molto innovativa, caratterizzata dalla trazione anteriore, dal motore boxer a 4 cilindri, dal cambio con leva al volante, dalle sospensioni anteriori e posteriori a ruote indipendenti. Il motore era un 1100cc in grado di sviluppare una potenza di 40 CV a 4400 giri/min, ma per la produzione di serie era stato pianificato l’impiego di un motore di cilindrata 1250cc da 46 CV a 4400 giri/min.
La carrozzeria a 4 porte era stata disegnata da Bertone con uno stile che anticipava le linee della FIAT 1400; era prevista anche una versione cabriolet.
In omaggio al suo progettista l’auto venne denominata F11 (acronimo di Fessia 1100).
Come abbiamo visto la F11, progettata nel corso di pochi mesi, venne presentata al 34° Salone dell’automobile di Parigi (23 ottobre – 5 novembre 1947).
Ne vennero allestiti una decina di esemplari; alcuni avevano qualche differenza estetica rispetto al primo prototipo.
La innovativa auto italiana suscitò un notevole interesse da parte degli industriali del mondo dell’auto di diverse nazioni. In particolare, la statunitense Tucker Corporation prese accordi per l’importazione negli USA di un migliaio di esemplari ma purtroppo con il fallimento della Tucker nel 1949 l’affare sfumò.
La Caproni iniziò a convertire i propri stabilimenti alla produzione in serie della F11; nel
1949 l’auto venne presentata anche al Salone dell’Automobile di Torino, dove riscosse significativi apprezzamenti ma purtroppo le difficoltà finanziarie in cui il gruppo Caproni si era trovato fin dal periodo bellico si aggravarono e la CEMSA fu costretta a cancellare il programma relativo alla F11 e successivamente a cessare qualunque attività.
Gli esemplari di preserie vennero messi in liquidazione.
Un esemplare venne acquistato dalla Minerva, una casa automobilistica belga che prese anche accordi per l’acquisto dei macchinari e della licenza per la produzione della F11 ma, dopo aver esposto il prototipo al 36° Salone dell’Automobile di Bruxelles (17 – 28 gennaio 1953) non portò avanti il progetto industriale. Un secondo esemplare rimase alla Tucker; altri due restarono in Italia: il primo è attualmente esposto presso il museo aeronautico di Volandia mentre il secondo è esposto nel Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese. Gli esemplari rimanenti, revisionati da un’officina di Saronno, vennero venduti a privati con un secondo motore di riserva.
La CEMSA (Costruzioni Elettro Meccaniche di Saronno), un’azienda italiana di costruzioni elettromeccaniche e di locomotive a vapore ed elettriche, era stata fondata a Saronno nel 1925 dall’ingegnere Nicola Romeo e dal Credito Italiano, e si era insediata negli stabilimenti della Costruzioni Meccaniche di Saronno precedentemente acquisita; avendo subito pesantemente le conseguenze della crisi economica del 1929, nel 1935 fu acquisita dall’IRI e l’anno dopo fu venduta al Gruppo industriale dell’ingegnere aeronautico Gianni Caproni che già controllava l’Isotta Fraschini.
L’azienda venne convertita alla produzione di materiale bellico e rinominata, nel 1941, come Caproni Elettro Meccanica di Saronno lasciando così invariata la sigla; all’indomani della Seconda guerra mondiale si trovò costretta ad abbandonare la produzione di materiale bellico e alla riconversione degli impianti, indirizzando la produzione in campo motoristico di ciclomotori, motoleggere e automobili.
Alcune commesse di lavoro giunsero dalla Garelli di Sesto San Giovanni per la costruzione del motore Mosquito e dalla ditta Cicli Umberto Dei, per la realizzazione di mozzi per biciclette.
Il progetto di costruzione di motoleggere venne lasciato momentaneamente cadere per poi essere ripreso più tardi sviluppandosi in diverse direzioni: la Caproni-Taliedo presentò nel 1946 un ciclomotore con cambio idraulico a due marce e telaio molleggiato che non ebbe un successo commerciale apprezzabile; la Aeroplani Caproni Trento o Aerocaproni (che in seguito muterà in Aeromere, acronimo di Aero Meccanica Regionale) inizialmente realizzava i telai del Cucciolo per la Ducati e in seguito, al Salone di Milano del 1951, presentò la motoleggera Capriolo 75 che ottenne un buon successo sia commerciale che sportivo a cui si affiancò due anni dopo la bicilindrica boxer Cento50, e nel 1956 il Capriolo 125 monocilindrico; la Caproni-Vizzola presentò al Salone di Milano 1953 un modello con motore NSU Max 250, cui se ne affiancò un altro con motore NSU Lux 200, un ciclomotore sempre con motore NSU e una 175cc con motore FBM.
Per il settore automobilistico venne affidato l’incarico della progettazione all’ing. Antonio Fessia, che aveva lasciato la Fiat e che in soli 18 mesi realizzò la CEMSA F11 che fu presentata al salone di Parigi nel 1947.
Nel biennio 1948 – 49, per prepararsi alla produzione in serie della F11, vennero sostenuti notevoli investimenti per la riconversione degli stabilimenti e per l’acquisto dei macchinari necessari alla produzione in serie.
Ma purtroppo verso la fine del 1949 la situazione economica della CEMSA peggiorò, il processo di industrializzazione della F11 venne sospeso e il 30 novembre del 1949 cessarono tutte le attività della CEMSA che venne messa in liquidazione.
L’ing. Fessia dopo un quinquennio (1950/54) durante il quale aveva collaborato come consulente con Ducati, Pirelli e NSU-Fiat di Heilbronn, nel 1955 venne viene chiamato alla Lancia dove fu messo in grado di mettere a frutto l’esperienza maturata grazie al progetto della F11 per realizzare la Flavia.