Il nome RONDINE ha una sua dignità storica che attraversa un periodo di circa 70 anni di storia del motociclismo e che riconosce all’Italia motociclistica il merito di avere per prima intuito la validità della configurazione motoristica del 4 cilindri in linea trasversale che le ha consentito di fregiarsi, con le ovvie evoluzioni e sotto diverse vesti (marchi motociclistici), di innumerevoli titoli.
In realtà il legame tra la Rondine del 1934 e quella che vi presentiamo in questo articolo è solo “affettivo” perché per la loro realizzazione i fratelli romani Filippo e Marco Nuccitelli, pur non adottando una motorizzazione a 4 cilindri in linea trasversale, hanno voluto riprendere uno dei pochi nomi, se non l’unico, che ha dato lustro alla Roma motociclistica che in realtà non si è mai distinta particolarmente per iniziative in questo campo.
Perciò, prima di parlarvi della Rondine dei nostri giorni, voglio ricordarvi la storia di questa antenata e delle sue discendenti.
Nel 1926 gli ingegneri Pietro Remor e Carlo Giannini (alcuni storici riferiscono che il suo cognome fosse Gianini, con una sola N) con il supporto finanziario del conte Bonmartini, in società con il principe Lancellotti ed il principe Ruspoli, progettano la OPRA (Officine di Precisione Romane Automobilistiche), una 500 4 cilindri verticali, monoalbero con comando della distribuzione ad ingranaggi, raffreddata ad aria che eroga 26 CV; la moto debutta vittoriosamente alla gara in salita Cecchina-Albano. Nel 1928 arriva una evoluzione del motore con distribuzione bialbero, raffreddamento misto (acqua per le teste, aria per i cilindri) con potenza elevata a 32 CV; purtroppo a causa di dissapori interni e per difficoltà finanziarie il progetto venne abbandonato.
Nel 1934 l’ing. Gianini, che nel frattempo aveva assunto il ruolo di direttore tecnico alla CNA (Compagnia Nazionale Aeronautica) dove aveva ritrovato come presidente il conte Bonmartini, venne incaricato di sviluppare un motore 500 4 cilindri. Ovviamente Gianini ripartì dal progetto OPRA e realizzò la RONDINE (dal nome di un aereo prodotto dalla stessa CNA), dotata di un motore bialbero raffreddato ad acqua, con i cilindri inclinati in avanti di 45°; la moto, sovralimentata con compressore volumetrico, erogava 80 CV. Forcella e telaio erano in lamiera stampata. Si stimava una velocità massima di circa 220 Km/h.
Dello sviluppo vennero incaricati Taruffi, Vinciguerra e Calligaris. Nel 1935 Taruffi vinse a Tripoli e Pescara e stabilì alcuni record mondiali. Alla fine di quello stesso anno però la CNA fallì e il progetto venne ceduto alla industria aeronautica CAPRONI che però, per non distogliere i suoi tecnici dalla produzione aeronautica, nel 1936 cedette tutto il pacchetto, progetto e sei moto già costruite, alla GILERA che, per mantenere la continuità del progetto, nel pacchetto volle comprendere anche l’assunzione del progettista Remor e dell’ingegnere/pilota Taruffi.
Il motore venne profondamente rivisto, il telaio realizzato in tubi. Nel 1937 Taruffi stabilirà con la Gilera 500/4 altri record mondiali mentre Aldrighetti si affermerà al GP delle Nazioni a Monza. Nel 1938 e nel 1939 arriveranno altre vittorie; nel 1939 Dorino Serafini conquista il Campionato Europeo, che può ritenersi l’antenato del Campionato Mondiale ma poi, allo scoppio della seconda guerra mondiale, le competizioni subiscono uno stop. Alla ripresa delle attività agonistiche, nel 1945, la Gilera 500/4, pur privata del compressore vietato dai regolamenti, domina le gare della classe 500.
Nel 1949 parte il Campionato del Mondo.
La Gilera non si fa trovare impreparata presentandosi al via con una 500 bialbero raffreddato ad aria con i cilindri inclinati di 30° che può legittimamente essere ritenuto una ulteriore evoluzione della Rondine. Nel 1950, mentre la Gilera conquista il suo primo mondiale, debutta la MV Agusta progettata sempre dall’ing. Remor che nel frattempo è passato alle dipendenze della casa varesina; di conseguenza non è del tutto improprio affermare che anche il motore della MV sia un discendente della Rondine tanto che, per distinguersi dalla Gilera, Remor progetta per la MV una ciclistica alquanto originale.
Dopo il ritiro della Gilera dalle competizioni iridate, avvenuto alla fine del 1957 unitamente a Guzzi e Mondial, la MV continuerà l’avventura mondiale per poi passare all’innovativo 3 cilindri mentre la Gilera farà qualche sporadica riapparizione negli anni ’60 con Benedicto Caldarella, Phil Read, Geoff Duke e Remo Venturi con quest’ultimo che il 3 aprile 1966, 9 anni dopo il ritiro ufficiale della Gilera, vincerà la gara di Riccione della Temporada Romagnola, l’ultima per la Gilera 500 quattro cilindri. Col marchio MV Agusta questo motore troverà applicazione anche su moto stradali: la R19 500 Turismo del 1950, rimasta allo stadio di prototipo, e due moto di serie: la MV 600 e la MV 750 e le sue derivate (da non confondere con la F4 dell’era Castiglioni).
La RONDINE MOTOR
Dopo questa lunga, ma spero interessante, divagazione storica, veniamo all’oggetto della nostra narrazione.
I fratelli Marco e Filippo Nuccitelli, titolari a Roma di un’azienda di costruzioni meccaniche per il settore aeronautico, essendo appassionati di moto erano riusciti a stringere rapporti di collaborazione anche con aziende motociclistiche, Bimota in particolare. Poi nel 2000 la casa riminese fallì e i Nuccitelli decisero di costruire una loro moto, che battezzeranno Rondine RRV1, realizzando una ciclistica esclusiva per motori Ducati 2 o 4 valvole.
Ovviamente per rendere esclusiva la loro creazione applicarono nella progettazione e nella realizzazione tutte le loro conoscenze più avanzate nel campo delle costruzioni aeronautiche: progettazione al CAD, analisi strutturale, macchine a controllo numerico; utilizzo di materiali raffinati quali alluminio aeronautico, acciaio inox, titanio, ergal, carbonio e kevlar.
Il telaio della RRV1 venne realizzato in alluminio aeronautico in pezzi ricavati dal pieno e poi incollati; anche il forcellone, infulcrato nel carter motore, venne realizzato con la stessa tecnica e lavorava collegato ad un ammortizzatore MUPO in posizione rovesciata. Anche la forcella é una MUPO da 43 mm, mentre l’inclinazione del canotto é regolabile tra 23° e 24°. Il serbatoio carburante è montato sotto al motore ottenendo così il doppio vantaggio di un air box più grande ed un baricentro più basso.
Il motore Ducati venne montato ruotato all’indietro di 15° così da ottenere spazio per il serbatoio sottostante ed un interasse più contenuto; lo scarico è in configurazione 2 in 1 con uscita sottosella laterale. Il peso a secco dichiarato è di 140 Kg.
Alla sua presentazione, nel 2005, la RRV1 veniva offerta ad un prezzo di 63.000,00 euro.