In tempi recenti ha spesso tenuto banco su queste pagine la discussione sui “numeri” dei piloti, ovvero si discuteva se il numero di titoli conquistati fosse sufficiente a stabilire la grandezza assoluta di un pilota.
Ebbene il caso di Fangio sembrerebbe smentire questa tesi.
In genere i pluri-iridati sia con le due che con le 4 ruote hanno conquistato i loro titoli, o la maggior parte di questi, con lo stesso costruttore dimostrando chiaramente che, a parte il loro indubbio talento, si sono pur meritatamente trovati quasi sempre integrati in un progetto vincente di netta supremazia tecnica.
Rimanendo in ambito di Formula 1, ma il discorso “tiene” anche nel campo motociclistico, ricordiamo Schumacher con 5 titoli consecutivi in Ferrari e 2 in Benetton; Hamilton con 5 titoli con la Mercedes più uno con la McLaren, Vettel con 4 titoli consecutivi conquistati con la Red Bull, Prost con 3 titoli in McLaren e uno con la super tecnologica Williams ed infine Senna anche lui 3 titoli con la McLaren.
Ma ai vertici di questa categoria si piazza Fangio con 5 titoli, preceduto solo da Schumacher e Hamilton, conquistati con le monoposto di quattro diversi costruttori; Alfa Romeo (1951); Mercedes (1954/55), Ferrari (1956), Maserati (1957).
Poco credibile la teoria secondo la quale sarebbe stata una sua capacità quella di saper scegliere la monoposto vincente. Quali elementi concreti avrebbe avuto per operare una tale scelta? Anzi, al riguardo vorrei ricordare che nel 1954, non essendo ancora pronta la Mercedes, iniziò il campionato vincendo i primi due GP con una Maserati.
Più credibile, a mia personale opinione, che fossero i costruttori convinti di scegliere il meglio contendendosi l’ingaggio dell’asso argentino.