Sembra ormai certo che il Motomondiale 2020, dopo la lunga interruzione indotta dalla pandemia, ripartirà il 19 luglio; è forse la pausa più lunga nella storia del Campionato del Mondo?
Mentre scriviamo (siamo nei primi di Giugno 2020) saranno passati più di sei mesi dalla disputa dell’ultimo Gran Premio del 2019 (non tenendo conto del Gran Premio del Qatar disputato l’8 marzo 2020 benché orfano della MotoGP) e, quando e se si ripartirà il 19 luglio a Jerez, ne saranno passati otto, un intervallo lunghissimo ma non il più lungo della storia.
In passato, ai tempi in cui l’ambiente del Motomondiale veniva definito come il “Continental Circus”, il periodo di intervallo tra un Campionato ed il successivo a volte durava anche nove mesi.
I calendari delle prime due stagioni del campionato del mondo nel 1949 e nel 1950 contavano solo sei gare da disputarsi tra giugno e settembre; la pausa tra l’ultimo GP del 1949, a Monza il 4 settembre, e il primo del 1950, il Tourist Trophy il 10 giugno, durò nove mesi e sei giorni.
Ma per i tempi moderni, da almeno 30 anni, questo del 2020 è sicuramente il periodo più lungo che i piloti hanno trascorso senza gareggiare. Sarà interessante verificare quali effetti abbia avuto questa prolungata assenza su di essi e sulle loro capacità di pilotaggio, in particolare sull’approccio alla competizione, al confronto diretto con gli avversari.
Magari qualcuno ne avrà tratto vantaggio avendo avuto più tempo a disposizione per recuperare deficit fisici o più semplicemente alcuni si saranno ritemprati sia mentalmente che fisicamente.
Alcuni di loro saranno diventati più forti mentre altri si potrebbero essere indeboliti? O più semplicemente sarà confermato lo status quo della scala dei valori?
Questa mancanza di allenamento potrebbe comportare più errori/incidenti del solito?
Nei primi anni ’80 alcuni piloti, per riprendere ritmi e meccanismi prima dell’inizio del campionato, partecipavano alla 200 miglia di Daytona nel mese di marzo.
Fino allo sconvolgimento causato dal coronavirus il calendario della MotoGP prevedeva un periodo di stasi invernale di poco più di tre mesi; il campionato 2019 si è concluso il 17 novembre e quest’anno sarebbe dovuto iniziare il 7 marzo, con un intervallo di appena tre mesi e tre settimane.
Molti anni fa, una pausa invernale di sette o otto mesi era la norma. L’ultima volta che i piloti hanno dovuto “affrontare” una pausa così lunga è stato durante l’inverno tra il 1985 ed il 1986, quando lo stop ai Gran Premi si è protratto dal GP di San Marino all’inizio di settembre fino al GP di Spagna nel maggio successivo, un intervallo di otto mesi e tre giorni. Era stato infatti annullato il Gran Premio del Sudafrica che si sarebbe dovuto svolgere sul circuito di Kyalami nel mese di marzo 1986.
Nel corso degli anni ’80 il calendario incominciò ad infittirsi crescendo dagli 8 round del 1980 ai 15 del 1989, tanto che la off-season venne ridotta da otto mesi a sei.
Era iniziata l’era dell’espansione delle reti televisive i cui interessi collimavano con quelli degli sponsor più potenti che allora facevano parte prevalentemente dell’industria del tabacco: Cabin, Gauloises, HB, Lucky Strike, Marlboro, Rothmans. Le TV cercavano contenuti da offrire mentre gli sponsor cercavano sempre maggiore visibilità nelle TV; di conseguenza sempre più gare e più sponsorizzazioni come in un circolo virtuoso (vizioso?).
Alla fine degli anni ’80 le gare di GP erano cambiate per sempre, i tempi ruspanti del Continental Circus facevano ormai parte della storia del Motomondiale.