Oggi vogliamo ricordare la Ferrari 512, una delle auto da competizione della casa di Maranello meno prestigiose in campo sportivo ma che con la versione “M” generò una delle più belle vetture da competizione la cui bellezza fu esaltata nella versione allestita da Roger Penske con i colori SUNOCO.
Causa degli insuccessi furono una certa approssimazione nella preparazione della vettura e il fatto che purtroppo sulla sua strada incontrò come avversarie le temibili e gloriose Porsche 917 e alle modifiche regolamentari che tarparono le ali alla promettente evoluzione 512M.
Nel 1968 la Ferrari si era astenuta dal partecipare al Mondiale Marche per protesta contro il regolamento che di fatto escludeva la gloriosa P4 (o una sua eventuale evoluzione) limitando la cilindrata ad un massimo di 3000cc; in seguito Ferrari si decise a rientrare e dette l’ok per la 312P motorizzata con un V12.
Dopo questa parentesi, nel 1970 la casa di Maranello si ripresentava con un prototipo di grossa cilindrata, la 512S, che poteva essere considerato l’erede della famiglia delle P, tutte caratterizzate dalla collocazione del motore V12 in posizione centrale-longitudinale.
Questi prototipi erano identificati dalla cilindrata unitaria seguita da una P e da un numero progressivo; la serie era iniziata nel 1963 con le 250P (3000cc) e 330P (4000cc); da questa prima serie venne poi derivata la 250 (in realtà una 3300cc) berlinetta LM che nelle intenzioni della Ferrari avrebbe dovuto sostituire la GTO ma non ottenne l’omologazione; seguirono nel 1964 le 275/330P; nel 1965 le 275/330P2; nel 1966 la 330P3 ed infine nel 1967 la famosa e bellissima 330P4.
Era accaduto che a partire dal 1970 il regolamento per il Mondiale Marche ammetteva due categorie di vetture, le Sport Prototipo da 3000cc costruite anche in esemplare unico e le Sport (Gruppo 5) per le quali venivano imposti i vincoli della cilindrata massima di 5000 cc e la produzione di un minimo di 25 esemplari.
Purtroppo, salve qualche sporadica vittoria, le 512S furono ripetutamente battute dalle Porsche 917, che per giunta erano delle 4500 cc, il cui motore 12 cilindri era sostanzialmente ricavato dall’accoppiamento di due 6 cilindri come si poteva evincere dalla presa di forza centrale.
La prima versione della 512S venne realizzata in soli tre mesi dal gruppo di lavoro diretto da Mauro Forghieri; era spinta da un classico 12 a V60° da 4.993,53 cc completamente in lega leggera con quattro valvole per cilindro. Il telaio, derivato da quello della P4 e poi utilizzato con i dovuti irrobustimenti anche sulla 612 CAN AM, era un tubolare rivestito con pannelli di lega leggera definito “semimonoscocca”. La carrozzeria era in poliestere (per il carbonio dovrà passare ancora un decennio). Il motore, collocato in posizione centrale-longitudinale, nella sua versione iniziale erogava 550 CV a 8.500 giri/minuto. Il peso era di 850 kg.
Costruita sia in versione berlinetta che in versione spider, prese parte al Campionato Mondiale Marche nel 1970 vincendo solo la 12 ore di Sebring battuta sempre dalle possenti Porsche 917. Per la 24 Ore di Le Mans venne adottata una speciale carrozzeria aerodinamica a coda lunga per favorire il raggiungimento di una velocità massima superiore ai 340 km/h sul rettilineo dell’Hunadieres lungo oltre 5 km.
Il debutto in gara avvenne il 1° febbraio 1970 alla 24 ore di Daytona dove la Ferrari si presentò con 5 vetture di cui solo una finì la gara piazzandosi al terzo posto; la gara successiva, la 12 ore di Sebring, alimentò le speranze di una 512S competitiva perché, nonostante il ritiro di tre vetture, una quarta, quella di Giunti/Vaccarella/Andretti riuscì conquistare la vittoria. Ma poi arrivarono risultati altalenanti, mai più una vittoria, con solo dei buoni piazzamenti a Spa, Monza e alla Targa Florio. Alla 24 ore di Le Mans, il 16 giugno ci fu una vera debacle; le Porsche occuparono le tre posizioni del podio davanti alle Ferrari di due team privati mentre quelle ufficiali a coda lunga furono costrette al ritiro.
Nell’ultima gara della stagione, la 1000 Km di Zeltweg, l’unica 512 S in gara giunse settima; un risultato “addolcito” dal debutto della nuova Ferrari 512M che, nonostante costretta al ritiro per un problema elettrico, lasciava ben sperare per il 1971.
La 512M
Sulla nascita della 512M si narra che Enzo Ferrari, visti gli scarsi risultati della 512S, al fine di ottenere un parere disinteressato e attendibile sul grado di competitività della vettura, avesse convocato Tino Brambilla per un test sul circuito di Modena, contando sull’esperienza e sulla ben nota franchezza del pilota monzese. Dopo aver effettuato il test Brambilla si rivolse a Ferrari chiedendogli: «Vuole che le dica la verità o le racconto delle balle?» e, ricevuto l’assenso del Drake, sentenziò «Guardi, se qui sul volante ci mette un manettino quest’auto diventa un tram». Immediatamente Ferrari convocò lo staff tecnico e da quell’incontro scaturì la 512M (dove la “M” sta per “modificata”).
La versione M si distingueva per una linea dalle linee tese e per una coda molto simile a quella della 917K; il motore era stato potenziato a circa 610CV a 9000 giri/minuto, furono modificati anche il sistema frenante e le sospensioni; il peso era contenuto in circa 815 kg.
Per costruire le versioni modificate la Ferrari utilizzò esemplari della versione S riconvertiti alle nuove specifiche.
Purtroppo alla fine del 1970 venne annunciata una ulteriore modifica al regolamento che, a partire dal 1972, avrebbe richiesto per le vetture Sport un minimo di 1000 esemplari. La Ferrari perciò abbandonò lo sviluppo della 512M, lasciando ai privati il compito di portarla in gara, per dedicarsi allo sviluppo in pista della 312PB in ottica 1972.
Secondo molti addetti ai lavori, Forghieri in primis, fu un errore, una decisione affrettata perché la M debitamente sviluppata aveva tutte le carte in regola per contrastare la 917. Se ne ebbe la riprova dalla competitività che dimostrò la 512M sviluppata in totale autonomia dal team Penske-Sunoco con Donohue e Hobbs.
Dopo l’esordio, nel 1970 sul circuito di Zeltweg, la nuova Sport della Ferrari vinse a Kyalami una gara fuori campionato con Ickx e Giunti.
La 512 M si dimostrò davvero all’altezza della Porsche 917 sebbene problemi di affidabilità la privarono della vittoria quando era in testa in alcune gare e alla fine non riuscì ad aggiudicarsi nessuna gara del mondiale. Il risultato migliore di quella stagione fu un secondo posto a Daytona ad opera della scuderia NART di Chinetti con l’equipaggio Bucknum/Adamovicz. La 512M dimostrò una buona velocità, ma ancora una volta scarsa affidabilità, con la vettura della scuderia Montjuch, guidata da José Juncadella e Nino Vaccarella, che resistette per lungo tempo al comando della 24 Ore di Le Mans del 1971 prima di essere costretta al ritiro.
Una piccola soddisfazione arrivò dal successo all’unica partecipazione ad una gara del Campionanto Nazionale Interserie quando, il 2 maggio 1971 ad Imola, la vittoria andò ad Arturo Merzario. Sembra che in quella occasione sia stato sperimentato il motore da circa 7000cc destinato alla 712 CAN AM.
La 712 CAN AM
La 512 fu utilizzata come base di partenza per sviluppare una vettura destinata al Campionato CAN-AM, un campionato riservato alle vetture Gruppo 7, praticamente delle Sport senza limitazioni se non la carrozzeria biposto.
Il progetto nacque probabilmente su pressione dell’importatore statunitense della Ferrari, Luigi Chinetti, il titolare della NART, e fu accolto con entusiasmo dagli organizzatori della serie, desiderosi di trovare seri concorrenti per l’incontrastato dominio della McLaren.
Le gare di questa serie si svolgevano su circuiti tortuosi spesso ricavati in vecchi aeroporti che richiedevano propulsori che fornissero una coppia elevata già dai bassi regimi perciò la Ferrari decise di sviluppare quello che ancora oggi è il motore di maggior cilindrata della casa di Maranello, circa sette litri.
Di questa vettura fu realizzato un esemplare unico ottenuto trapiantando su una 512M, n° di telaio 1010, il motore di maggior cilindrata e, in un secondo momento, la carrozzeria tipo barchetta 2 posti come richiesto dal regolamento Gruppo7.
Il motore era un 12V di quasi 7000cc derivato dal 6,2 litri già in uso a Maranello (la Ferrari si era già cimentata nel campionato americano nel 1968 prima con delle P4 modificate e poi con la 612 CAN AM appositamente realizzata sulla base della P4) ; l’alesaggio e la corsa erano rispettivamente di 92 e 86 mm per una cilindrata effettiva di 6860,33cc; la potenza massima erogata era di 680 CV a 7000 giri/min.
Come in uso quasi sempre alla Ferrari, la sigla numerica nel nome del modello, 712, riassumeva le caratteristiche del motore, un 7 litri V12.
L’esordio, ancora con il corpo vettura della 512M, avvenne il 2 maggio 1971 ad Imola nel Campionato Interserie affidato alla guida di Arturo Merzario che, dopo aver ottenuto la pole position e la vittoria in entrambe le batterie preliminari, vinse la gara davanti alla McLaren M8E di Chris Craft e alla Porsche 917 Spyder di Leo Kinnunen con ampio margine di vantaggio, circa 30 secondi; in quella occasione la cilindrata del motore era 6300cc.
Una curiosità: avendo conservato nell’occasione la carrozzeria originale della 512M, la vittoria dovrebbe essere attribuita a questo modello, seppur dotato di un motore diverso, ma il sito ufficiale Ferrari riporta questa come la prima gara e la prima vittoria della “712” CAN AM .
La versione definitiva della 712 iscritta alla CAN AM prese parte solo alla gara di WatkinsGlen dove conquistò il quarto posto con Mario Andretti dopodiché la Ferrari ritenne quell’impegno troppo oneroso da un punto di vista economico e con scarse ricadute promozionali sulla produzione di serie e perciò cedette quell’unico esemplare alla NART di Chinetti che la impiegò sporadicamente fino al 1975 , quando fu ceduta ad un collezionista.