Alcuni opinionisti, anche prestigiosi e accreditati, esprimono criticamente qualche perplessità sull’influenza che hanno gli pneumatici (I o GLI pneumatici?) sulla performance dei piloti della MotoGP.
Gli stessi però mostrano memoria corta ritenendolo un fenomeno dell’era moderna legato all’introduzione del monomarca Michelin; in realtà, senza scomodare quanto accade in Formula1 e senza andare troppo indietro nel tempo, vorrei ricordare quando, nei primi anni della MotoGP in pieno regime di competizione tra Michelin e Bridgestone, la casa francese riusciva ad approntare una gomma nuova tra il sabato notte e la domenica mattina in base ai dati rilevati nel corso delle sessioni di prova, riservandola a pochi meritevoli eletti.
O quando la Ducati trasse notevoli vantaggi dalla scelta di legarsi in esclusiva alla Bridgestone che approntava pneumatici specifici per le caratteristiche particolari della Desmosedici. E quante volte nel passato abbiamo esaltato l’abilità di qualche pilota nostrano nella gestione della gomma “finita”?
Le opinioni sono tutte lecite e rispettabili, ma personalmente sono in disaccordo su questa critica perché alla fin fine lo pneumatico è un componente del veicolo così come lo sono le sospensioni, i freni, il telaio, l’aerodinamica, la gestione elettronica, e, non ultimo, il motore stesso, il cuore pulsante del veicolo.
In definitiva anche la scelta e la gestione in gara dello pneumatico ricade nelle considerazioni che ho esternato in quello che in un’altra nota ho definito “Un apparente paradosso dei Campionati del Mondo Piloti MotoGP e Formula 1”, le due massime espressioni della tecnica motoristica a 2 e 4 ruote che nacquero nel secondo dopoguerra per attribuire il titolo di migliore del mondo ai piloti ma che di fatto, tranne nel caso di veri e rari talenti, sono pesantemente condizionati dal mezzo meccanico generando ciclicamente una formula esplosiva quando circostanze favorevoli portano ad incontrarsi il pilota più talentuoso e la moto più efficiente del momento.