Nel 2009 con il patrocinio dell’Ufficio Storico della Polizia di Stato è stato pubblicato il libro “Armando Spatafora – Il poliziotto con la Ferrari” di Carmen Spatafora .
Ma chi era questo personaggio?
Armando Spatafora nasce a Siracusa il 9 marzo del 1927. Al termine del servizio militare svolto in Aeronautica presenta domanda per entrare nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Nel novembre del 1950 è a Roma e nel 1955 viene nominato “guardia effettiva” definito “ottimo” nello stato di servizio a seguito di “brillanti operazioni”; la sua vita professionale si è identificata con la storia del pronto intervento della Questura di Roma nel periodo alquanto burrascoso degli anni ’60 e ’70.
Ma come nasce il mito del Maresciallo della Pubblica Sicurezza Armando Spatafora?
Per raccontare questa storia bisogna risalire appunto all’inizio degli anni ’60, quando la locale criminalità romana si era evoluta, in peggio, diventando sempre più arrogante e con sempre meno scrupoli; si vivevano notti da brivido, fatte di rapine e furti nelle case.
I malviventi, dopo aver perpetrato le loro azioni criminose nel corso degli inseguimenti con le loro potenti auto sportive, prevalentemente Alfa Romeo e Maserati rubate, spesso seminavano le pur prestazionali “Pantera” Alfa Romeo 1900 della Polizia sfuggendo così alla cattura.
A Roma nel 1960 la Polizia disponeva di una sola “Volante”, una Alfa Romeo 1900 Super, nera come tutte le macchine della Questura; la situazione si faceva sempre più imbarazzante (per usare un eufemismo) per le forze dell’ordine.
A questo punto l’allora Capo della Polizia, il famoso Prefetto Vicari, decise di avere un confronto diretto con gli agenti della Squadra Mobile per analizzare la situazione dal punto di vista degli uomini che operavano sul campo. E così il 12 gennaio 1962, in una mattina piovosa tutti gli uomini della “Mobile” vennero convocati per un incontro con il “Capo” al quale ebbero modo di rappresentare tutto il loro disagio e la loro impotenza principalmente per la cronica mancanza di mezzi o quantomeno per la loro obsolescenza.
Dopo le solite risposte di circostanza (mancanza di fondi, priorità diverse, ecc.) il Prefetto Vicari, alquanto contrariato, chiese esplicitamente di cosa avessero bisogno.
Fu a quel punto che un brigadiere, che fino ad allora non aveva proferito parola, si rivolse al Prefetto con queste “semplici” parole: “Ci vorrebbe una Ferrari, Eccellenza”; quel brigadiere era Armando Spatafora, un sottufficiale ben noto e forse anche rispettato dalla malavita romana, un uomo minuto con un occhietto vispo che la criminalità capitolina identificava con il soprannome di “Lince”.
A fronte di questa richiesta apparentemente assurda, nella stanza della riunione calò il gelo ma con gran sorpresa degli astanti il Prefetto, evidentemente uomo di estrema concretezza, lapidariamente rispose: “L’avrete”.
Ed effettivamente nel mese di Novembre di quello stesso anno vennero date in dotazione alla Questura di Roma due Ferrari 250GT/E 2+2 nere; sulle porte recavano la dicitura “Squadra Mobile”; sul passaruota anteriore il simbolo della Pantera; erano auto da 240CV per una velocità superiore ai 250 Km/h, ovviamente attrezzate di lampeggiante e sirena.
Spatafora e altri tre colleghi – Carlo Annichiarico, Dalmatio De Angelis e Giuseppe Savi – vennero inviati a Maranello per sostenere un corso di guida veloce durante il quale si mise particolarmente in luce proprio Spatafora. Arrivarono a Maranello dopo 6 ore di viaggio a bordo della Fiat 500 di Armando.
Nel corso dei primi collaudi una delle due Ferrari finì distrutta in un incidente mentre l’altra venne affidata proprio al protagonista della nostra storia che ne diventò consegnatario assieme ai tre colleghi, unici autorizzati a guidarla.
Il brigadiere Spatafora, un uomo dall’aspetto apparentemente mite, famoso per la memoria fotografica con cui ricorda i visi dei pregiudicati, diventa così il poliziotto più temuto dalla criminalità romana per la sua incredibile abilità alla guida, è quasi impossibile sfuggire alla sua nera Ferrari.
L’accoppiata Spatafora-Ferrari 250 entra nella leggenda, impazzando tra il Dicembre del 1962 e il 1968 per tutta Roma in rocamboleschi inseguimenti da film, e conseguenti arresti, senza farsi più seminare dai malviventi braccandoli dai larghi viali di periferia alle stradine del centro e di Trastevere, Via Veneto, via Nomentana, sotto San Pietro (“Ma con le sirene spente, per non svegliare il Papa…”).
“Se vai in giro a tarda sera, occhio sempre alla pantera! Ma se esci a tarda ora, occhio amico a Spatafora”, così recitativa un articolo del quotidiano di Roma “Il Tempo” del 4 ottobre 1964.
Per la nouvelle vague della criminalità capitolina la musica è cambiata. Spatafora è diventato l’incubo dei criminali romani ma la semplicità dell’uomo unita alla leggendaria abilità di guida fanno si che si stabilisca uno strano rapporto, quasi di stima, dei criminali nei confronti del brigadiere/pilota. Si diceva che alcuni ladri cercassero volutamente Spatafora per sfidarlo.
Fin qui la storia, poi diventata leggenda.
Incominciò infatti a girare una storia raccontata in mille modi diversi, una storia dai risvolti rocamboleschi che però non ha mai trovato una conferma ufficiale da parte del Ministero e perciò si è coperta di un alone di leggenda.
Una notte del mese di marzo del 1964, nei pressi di Piazza Navona, Spatafora incrocia un’Alfa Romeo 2.500 rossa che accelera non appena si accorge della Ferrari.
Il brigadiere riconosce subito l’uomo alla guida, è un inafferrabile e ben noto ladro di auto conosciuto negli ambienti della mala come “Lo Zoppo”; al suo fianco c‘è un altro malvivente noto come “Il Pennellone” (qualcuno invece parlava di un fantomatico “Marsigliese” alla guida di una Citroen).
Parte l’inseguimento tra stridore di gomme, controsterzi, freni a mano, derapate e l’urlo lacerante della sirena.
“Lo Zoppo” cerca di seminare la Spatafora facendo a sportellate e salendo sui marciapiedi; arrivano fino a Ponte Milvio; non riuscendo a seminare la Ferrari, “Lo Zoppo” tenta un’ultima carta lanciandosi giù per la scalinata di Trinità dei Monti, certo che Spatafora avrebbe evitato di danneggiare la sua preziosa Ferrari.
Ma il brigadiere non ci pensa due volte e si lancia a sua volta giù per i gradini fino a Piazza di Spagna dove l’Alfa dello Zoppo si arresta di colpo per i danni subiti a causa dei violenti sobbalzi.
I due ricercati vennero arrestati mentre la Ferrari, per i danni subiti a sua volta, venne spedita a Maranello per la sostituzione delle quattro le gomme, della balestra e del cambio.
Mentre lo ammanettano lo Zoppo non può esimersi dall’esclamare: “Brigadiè, ammazza come corri!”
Divenne così un personaggio ricercato dalla stampa con la quale ebbe un ottimo rapporto pur essendo un uomo schivo.
Si raccontava anche (ma forse è ancora leggenda) che Enzo Ferrari, durante i test a Maranello, avesse chiesto al brigadiere Spatafora di lasciare la divisa e andare a correre per lui. Il poliziotto, però, avrebbe risposto: “No, Commendatore. Grazie, ma è un mestiere troppo pericoloso”.
Armando Spatafora venne poi promosso al grado di maresciallo, quindi andò in pensione. Terminò i suoi giorni senza clamore fino al giorno della sua morte che avvenne il 26 febbraio del 1987.
La sua storia ha ispirato documentari e il film “Poliziotto Sprint” con tanto di scena della scalinata.
E la sua Ferrari? Una volta cessato il servizio, nel 1968, se ne persero le tracce. Venne data per scomparsa, forse demolita. In realtà la macchina era stata comprata da un collezionista a un’asta di mezzi militari e conservata a lungo in un garage. Verrà poi recuperata dalla polizia per la propria collezione di mezzi storici.
In seguito in dotazione alle Volanti arriveranno le più “modeste” Alfa Romeo 2600 Sprint.