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La storia della TECNO, la “Rossa” di Bologna
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Amarcord

La storia della TECNO, la “Rossa” di Bologna

Luglio 4th, 2019 Fabio Avossa Amarcord

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La TECNO, fondata nel 1962 dai fratelli Gianfranco e Luciano Pederzani, nasce a Borgo Panigale nelle vicinanze della Ducati; i suoi piloti hanno vinto tantissimo nei Kart, in Formula 850, Formula 3 e Formula 2.

Nei Kart ricordiamo i Campioni del Mondo Guido Sala (1964/65) e Susanna Raganelli (1966).

Nelle formule minori ricordiamo Giovannino Salvati, François Mazet, Jonathan Williams, Carlo Facetti mentre in Formula 2 si formarono piloti che avranno successo anche in Formula 1, quali François Cevert, Patrick Depailler,  Nanni Galli, Jean-Pierre Jabouille, Jean-Pierre Jassaud (che nel 1968 vinse il prestigioso GP di F3 di Monaco), Arturo Merzario, Ronnie Peterson, Pedro Rodriguez, Jo Siffert; su tutti ricordiamo Clay Regazzoni Campione Europeo di Formula 2 nel 1970.

Tutti volevano quelle monoposto dall’architettura diversa dal solito ma, forse per questo, vincenti; le richieste erano tante che per soddisfare le richieste la Tecno divenne un produttore di monoposto in serie, ruolo ricoperto oggi dalla Dallara.

Nel 1972 i Pederzani decidono di entrare in Formula 1 con una monoposto interamente fatta in casa. Un’avventura probabilmente superiore alle loro risorse, nonostante la sponsorizzazione della Martini, per cui non riuscirono ad arrivare ad un livello di sviluppo accettabile e alla fine del 1973 l’avventura finì.

Le uniche, piccole, soddisfazioni che arrivarono dalla massima categoria automobilistica furono il terzo posto di Nanni Galli nel Gran Premio della Repubblica Italiana a Vallelunga e un misero punticino conquistato da Chris Amon al Gran Premio del Belgio del 1973.

Dopo la sfortunata avventura della Formula 1 la Tecno scomparve per sempre dalle corse.

Rinascerà sotto altre vesti quando la Montecarlo Automobile, fondata nel 1983 da Fulvio Maria Ballabio, dopo aver acquisito il marchio Tecno darà vita alla TECNO Montecarlo per la costruzione di esclusive supercar.

I fratelli Luciano (1926-1987) e Gianfranco Pederzani (1934) erano imprenditori di successo nel campo dell’oleodinamica; all’inizio degli anni Sessanta fondano a Bologna Borgo Panigale la Tecnokart e arrivano ben presto a dominare la scena del karting mondiale.

Nel 1964, con l’obiettivo di passare alle gare per monoposto, realizzano la piccola K 250, una formula scuola che aveva l’obiettivo di fare da ponte tra il kart e la monoposto, equipaggiata con un monocilindrico della Ducati.

Un paio d’anni dopo, debuttano le monoposto destinate alla Formula 850, altra formula addestrativa, nel luglio del 1966,  la Formula 3 caratterizzata da un originale telaio tubolare a passo corto con serbatoio centrale che dona alla monoposto un comportamento pesantemente sottosterzante ma che, se ben interpretato, si rivela molto prestazionale e perdipiù la monoposto si rivela anche affidabile.

I  Pederzani resteranno fedeli  questa configurazione  fin  quasi alla fine della loro attività agonistica.

Tra i piloti italiani ricordiamo Giancarlo Baghetti, Carlo Facetti ed Ernesto Brambilla che porterà la Tecno F3 alla prima vittoria sul circuito di Vallelunga. Oltre a vari campionati nazionali arriverà anche la prestigiosa vittoria di Jean-Pierre Jaussaud al GP di F3 di Monaco del 1968.

Contemporaneamente veniva sviluppato anche il progetto Formula 2 strettamente derivato dalla monoposto minore; il motore era un classico Ford Cosworth FVA elaborato in un primo tempo dalla Novamotor e poi da Renato Armaroli, un tecnico ex Ducati, passato alle dipendenze dei Pederzani. Nel 1968, Clay Regazzoni ottenne due podi concludendo il campionato al settimo posto. L’anno seguente gareggiarono per il team anche Nanni Galli e François Cevert che conquistò la prima vittoria in F2 per la Tecno finendo terzo nella classifica finale; quell’anno Cevert partecipò anche al Gran Premio di Germania di Formula 1, infatti il regolamento dell’epoca, per rinfoltire la griglia di partenza, consentiva anche alle monoposto di Formula 2 di schierarsi al via dei Gran Premi.

Quella partecipazione è stata la prima apparizione della Tecno nello scenario della Formula 1.

Infine, nel 1970 Regazzoni si laureò campione  europeo di Formula 2.

Poi, il cambio del regolamento della Formula 2, che nel 1972 sanciva  il passaggio dai motori 1.600cc a quelli di cilindrata 2.000cc, diede lo spunto ai Pederzani per realizzare il loro sogno.

Dovendo comunque impegnarsi in un nuovo progetto i fratelli bolognesi puntano in alto, trovano nella Martini un solido sponsor e varano il progetto Tecno Formula 1 che si ispira profondamente alla formula vincente adottata dalla Ferrari in quel decennio (ricordiamo i due titoli di Lauda e quello di Scheckter oltre 4 secondi posti ed un terzo) quindi realizzano tutto in casa intorno ad un motore 12V 180° e battezzano il loro progetto 123 (12 cilindri, 3 litri) per distinguersi dalla sigla 312 della Ferrari.

Inizialmente alla direzione del progetto del 12 piatto si pone Luciano Pederzani che coordina Armaroli ed alcuni giovani tecnici già in forza alla casa bolognese.

Un primo prototipo è pronto all’inizio del 1972; i primi responsi del banco dinamometrico sono positivi: vengono letti 432 CV a 12.100 giri, un regime che il motore regge sufficientemente a lungo tanto da far credere in una buona affidabilità.

Per accorciare i tempi di progettazione e sviluppo vengono scelte le misure geometriche di 80,98 mm di alesaggio e di 48 mm di corsa esattamente uguali ai motori Ford da un litro utilizzati in F2 e F3; con queste misure la cilindrata risulta di 2960cc e verrà in seguito portata a 2995cc mediante un piccolo aumento della corsa.

Questo prototipo ha sette supporti di banco ed è interamente in alluminio per cui risulta troppo pesante ed ingombrante per l’utilizzo in Formula 1.

I Pederzani allora ricorrono a chi ha indubbia esperienza sui motori con questa architettura: assumono il giovane ingegnere parmense Giuseppe Bocchi che in Ferrari si è occupato dello studio dei metodi di calcolo della rigidezza strutturale e vibrazioni; Bocchi ridisegna tutto il motore per alleggerirlo ma in particolare riprogetta il  manovellismo realizzandolo a 4 supporti di banco come il Ferrari.

Nella realtà pare che non siano mai stati superati i 420/430 CV, cioè una ventina meno del V8 Ford-Cosworth e circa 60 meno del Ferrari. Anche sul piano dell’affidabilità il 12 piatto della Tecno nella sua breve carriera sarà sempre afflitto da problemi di surriscaldamento e lubrificazione mai risolti. Inoltre il propulsore soffriva di tremende vibrazioni entrando in risonanza con il telaio che si incrinava all’altezza degli attacchi  del motore alla scocca.

Queste difficoltà creano tensione e incomprensioni nel team tanto che Armaroli, in disaccordo con  Luciano Pederzani, lascia la Tecno convinto che la cronica mancanza di affidabilità derivasse dalla inesperienza dei meccanici montatori e dalla scarsa messa a punto dovuta agli inesperti addetti alla pista.

Anche il telaio, derivato da quello della F2 tagliato subito dietro il roll-bar e modificato per alloggiare il nuovo motore, si rivelò inadeguato alla potenza erogata dal propulsore; mantenendo la caratteristica tipica dei telai Tecno aveva un passo di 2270 mm, circa 120 mm più corto dei quello della monoposto di riferimento, la Ferrari 312B.

Infine il peso, 640kg, accusava un handicap notevole rispetto ai 550 kg della Ferrari 312B2, ai 540 kg della Tyrrell 003 e ai 575 kg della McLaren M23.

L’esordio vero e proprio in formula 1 avvenne nel 1972 al Gran Premio del Belgio con Nanni Galli che in seguito verrà affiancato da Derek Bell. Nell’anno del debutto Nanni Galli portò la vettura al terzo posto nel primo ed unico Gran Premio della Repubblica Italiana (gara senza titolazione mondiale) disputato il 18 giugno sul circuito di Vallelunga. La stagione fu poco positiva, tanto che solo nel Gran Premio d’Austria, in Agosto, la vettura riuscì a tagliare il traguardo ma, essendo finita  a nove giri dal vincitore, non fu classificata.

Nel 1973 al posto di Galli e Bell arriva Chris Amon.

Il 3 giugno, a Montecarlo, i fratelli Pederzani godono di una piccola soddisfazione: Amon si aggiudica la 12° casella in griglia;  due file indietro, in 16° posizione, troviamo Merzario con la Ferrari (l’altra Ferrari, guidata da Jackie Ickx, è più avanti in settima posizione). Per la prima volta la “rossa” di Bologna ha sopravanzato la “rossa” per eccellenza. Purtroppo in gara Amon sarà costretto al ritiro quando si trovava in settima posizione; uguale sorte subiranno anche le due Ferrari.

In seguito Amon giungerà sesto nel Gran Premio del Belgio, regalando alla scuderia il primo e unico punto nella sua storia in formula 1.

Gli scarsi risultati inaspriscono  i rapporti tra i Pederzani e lo sponsor Martini che dà sempre più poteri a David Yorke, il direttore sportivo. Grande imputato è il telaio;  dopo una breve consulenza di Ron Tauranac (ex co-fondatore e progettista della Brabham nonché fondatore della RALT) il team si divide in due schieramenti, quello di Yorke che commissiona un telaio monoscocca al telaista inglese Gordon Fowell  mentre i Pederzani si rivolgono al neozelandese Alan McCall per cui il team spesso si presenta in pista con due monoposto diverse.

Infuriano le polemiche, e ovviamente questa situazione non può portare a nulla di buono.

L’epilogo arriva al GP d’Austria del 1973. È il 19 agosto e Chris Amon, dopo un travagliato turno di prove scende dalla vettura, fa le valigie ed abbandona il Team.

Al termine della stagione il ritiro dei finanziamenti dello sponsor Martini segnerà la fine dell’avventura della Tecno in Formula 1.

Sfumato il sogno della F1, i Pederzani approntano un motore piatto 8 cilindri, 2 litri destinato ad essere montato sulle vetture Sport ma purtroppo anche questo propulsore non si rivelerà competitivo e dopo poche apparizioni in gara, verrà abbandonato.

Della Tecno in pista non si sentirà più parlare.

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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccanico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da circa 60 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy), oggi sul suo profilo Facebook si diletta a parlare di moto e auto con particolare attenzione alle vicende del Motomondiale e della Superbike.

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