Quella della I.M.N. (Industria Meccanica Napoletana) è la storia di una fabbrica di moto nata nel Meridione d’Italia, una storia sconosciuta ai più, la storia di un marchio che nel secondo dopoguerra dette il proprio contributo alla diffusione della mobilità individuale degli italiani.
Nella sua evoluzione ebbe un pur flebile legame con la storia della Ducati.
Raro esempio di costruttore di motoleggere nel Mezzogiorno d’Italia, secondo solo alla calabrese O.M.C. (Officine Meccaniche Calabresi) che produsse la sua prima moto agli albori degli anni ’30 del XX secolo, le origini della I.M.N, risalgono ai cantieri navali di Baia nei pressi di Pozzuoli (Napoli) la cui attività produttiva era iniziata intorno agli anni venti; nel 1936, dopo la crisi del 1929, i cantieri vennero riconvertiti alla produzione di siluri.
Solo dopo il secondo conflitto l’ex Silurificio di Baia viene trasformato nella I.M.N.
Ma la fine della guerra aveva trovato l’industria italiana in condizioni critiche.
Perciò, il 18 marzo del 1948, l’I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale) costituì la Finmeccanica (Finanziaria Meccanica) la cui missione era la ripresa e la gestione delle industrie meccaniche e cantieristiche acquisite dall’Istituto, in particolare quelle che, dopo essere state convertite alla produzione bellica, non erano in grado di riconvertirsi autonomamente ad una produzione civile.
Tra le 14 aziende affidate alle “cure” della Finmeccanica, tra cui anche l’Alfa Romeo e la Ducati, cinque erano campane: Fa.Ma. Fabbrica Macchine (Napoli); Metalmeccanica Meridionale (Napoli); Navalmeccanica (Napoli); Stabilimenti meccanici di Pozzuoli e la protagonista della nostra storia: la I.M.N.
Dopo aver pensato alla costruzione di motori diesel, motopompe, compressori, natanti motorizzati, macchine per l’industria molitoria, nel 1950 la I.M.N. inizia a costruire su licenza il MOSQUITO della Garelli, un motore ausiliario di 38 cc. con trasmissione a rullo; successivamente realizza un proprio telaio monotrave aperto in lamiera stampata; il veicolo completamente assemblato viene immesso sul mercato come B.M.G. (Bici Mosquito Garelli).
Nel 1952 nasce il ciclomotore PAPERINO, che usa ancora il motore Mosquito, a cui nel 1954 si affiancheranno il Superpaperino ed il Superpaperino Sport con motore 2 tempi, 3 marce, realizzato in proprio. Il discreto successo di questi economici ciclomotori è tale che “Paperino” diventerà, almeno nel lessico napoletano, il nome emblematico con cui verranno appellati tutti i ciclomotori di analoga architettura.
In questo contesto storico si colloca la figura del primo progettista di motocicli Ducati, l’ing. Gian Luigi Capellino (Genova 1909 ÷1992) noto per essere stato, nel 1949, il progettista del primo telaio elastico realizzato specificamente per il Cucciolo, il motore ausiliario costruito dalla Ducati, poi ceduto alla Caproni che lo sigla CCC (Ciclo Capellino Caproni).
E’ proprio questo personaggio che costituisce il sottile trait d’union tra la Ducati e la I.M.N.
Infatti, dopo la realizzazione del telaio per il Cucciolo, Capellino aveva deciso di continuare in proprio l’attività di progettazione di motocicli, compresa la componente motoristica.
Quando la I.M.N., sull’onda del successo del Paperino, decide di entrare nel settore moto si rivolge proprio all’ing. Capellino.
Nasce così, nel 1953, la motoleggera Baio – una denominazione evocativa della località dove veniva prodotta – su progetto di Capellino.
Esaurita la collaborazione con la I.M.N. l’ingegnere genovese, dopo alcune realizzazioni per conto della SIATA, si dedicherà alla progettazione di bruciatori per impianti di riscaldamento.
Il motore della Baio è un monocilindrico 4 tempi di 100 cc con distribuzione ad aste e bilancieri, il rapporto alesaggio/corsa (52×47) è superquadro e la camera di scoppio è piatta. Questo motore presenta alcune caratteristiche veramente uniche: per ridurre al minimo le parti rotanti il primario del cambio è allocato sul prolungamento a sinistra dell’albero motore mentre le camme sono posizionate sul prolungamento a destra del secondario. Il telaio è costituito da un monotrave con il motore applicato a sbalzo; la sospensione posteriore è “cantilever” (una seconda versione avrà una sospensione posteriore più tradizionale con doppio ammortizzatore); la forcella telescopica è a perno avanzato.
A garanzia della qualità del prodotto I.M.N. nel 1954 fu realizzato un raid pubblicitario che portò 3 Baio e 15 Paperino da Baia fino a Trieste e ritorno.
Un piccolo lotto di Baio verranno forniti al corpo dei Vigili Urbani di Napoli.
E’ forse il periodo più florido dell’azienda napoletana che nel 1955 realizza il Baio Sport e il Superpaperino Lusso che riprende le caratteristiche del Paperino Normale.
Nel 1956, è la volta del Paperino Sport Super Lusso di 49 cc a due tempi, cambio separato a tre rapporti, trasmissione a catena e velocità di 70 km/h.; nello stesso anno vengono prodotti anche un motore di 65 cc a due tempi con cambio a tre velocità, una motoleggera di 65 cc, uno scooter completamente carrozzato con lo stesso motore e una nuova motoleggera di 100 cc con cambio a quattro velocità.
Alla fine del 1956, viene presentata la Rocket 200, con motore a due cilindri orizzontali contrapposti di 200 cc, distribuzione ad aste e bilancieri, potenza di 11 CV a 6000 giri/min, cambio in blocco a quattro velocità con comando a pedale e trasmissione finale ad albero. Il telaio è in tubi a traliccio con motore a sbalzo, forcella telescopica anteriore e ammortizzatori posteriori semi-idraulici.
Chiamata “la napoletana”, era un modello unico nel suo genere perché dotato di alcune peculiarità alquanto inedite: tutto il gruppo propulsore costituito da motore, cambio, forcellone, trasmissione finale, costituiva un tutt’uno che, infulcrato nella parte inferiore del telaio, era reso oscillante così da fungere da sospensione posteriore (come avviene oggi in quasi tutti gli scooter).
Nel 1957 esce il Paperino Sprint di 65 cc., di cui verrà venduto anche il solo motore sciolto e viene approntata la Punch 100, che adotta la ciclistica della Rocket e la trasmissione a catena.
Per la progettazione della Punch 100 e della Rocket 200 la IMN si era avvalsa della collaborazione dell’ingegnere romano Carlo Gianini, famoso per aver progettato la Rondine 500 nel 1933, il Bisiluro di Piero Taruffi, la Guzzi 500/4 da GP, la MV 350 bicilindrica in versione sia GP che strada.
Purtroppo e vendite non decollano e nel 1958 la produzione viene definitivamente interrotta.
Molteplici sono i motivi che portarono alla chiusura: l’incapacità di creare una efficace e capillare rete di vendita e assistenza, l’insipienza dei burocrati dell’IRI/Finmeccanica che avevano occhi solo per i grandi complessi industriali (quali, per esempio, il polo siderurgico ILVA di Bagnoli) ed infine la crisi delle due ruote nel ruolo di mezzo di motorizzazione di massa, fortemente contrastato dalle arrembanti utilitarie a 4 ruote, FIAT 600 e Nuova 500 prima di tutte.
Dopo il 1958 gli stabilimenti ebbero una serie di trasformazioni fino ad arrivare all’attuale Selex Sistemi Integrati (ex Selenia).