ABARTH SE 030
Come abbiamo letto nella storia della Beta Montecarlo, prima che venisse definita la versione definitiva a marchio Fiat dal progetto X1/8 scaturì inizialmente il prototipo da competizione Abarth SE 030, noto anche come Fiat Abarth 030, destinato a dimostrare la vocazione sportiva della berlinetta che la Fiat si stava accingendo a far debuttare al Salone di Ginevra del 1974.
Equipaggiata con il V6 3,2 litri della berlina Fiat 130 maggiorato a 3500cc per una potenza di 280 CV disposto in posizione posteriore/longitudinale, la SE 030 era caratterizzata da vistose appendici aerodinamiche che comprendevano anche uno snorkel per alimentare il motore e la altrettanto vistosa livrea Abarth rosso-giallo.
Furono prodotte solo due scocche, ma solo una fu impiegata nelle competizioni; in particolare venne iscritta al Giro Automobilistico d’Italia del 1974 (dove era iscritta anche la X1/9 Abarth) affidata all’equipaggio Giorgio Pianta e Cristine Becker che colse un brillante secondo posto assoluto alle spalle della “cugina” Lancia Stratos Turbo guidata dalla coppia Andruet/Biche.
Ma subito dopo, avendo abortito il progetto X1/8 convertito nel meno pretenzioso X1/20, la Fiat interruppe anche il programma agonistico della Abarth SE 030.
LANCIA BETA MONTECARLO Turbo Gruppo 5
Nel 1978, per promuovere e incentivare le vendite della Beta Montecarlo, la Lancia ne sviluppò una versione in configurazione Gruppo 5 destinata a partecipare al Campionato Mondiale Marche a partire dal 1979.
Il regolamento del Gruppo 5 stabiliva che le vetture dovevano essere realizzate sulla base di una scocca di serie mantenendo le linee generali della versione stradale (di qui la denominazione “silhouette”) lasciando massima libertà per quanto riguardava l’elaborazione del motore, modifiche al telaio e appendici aerodinamiche; la categoria era poi suddivisa in classi per cilindrata.
La Beta Montecarlo Turbo conquistò i Campionati del 1980 e del 1981.
Nel rispetto del regolamento la vettura condivideva con la versione stradale solo la parte centrale del corpo cui venivano collegati due telai tubolari (anteriore e posteriore) progettati dall’ing. Dallara che supportavano le sospensioni a ruote indipendenti.
Lo sviluppo del motore fu affidato a Nicola Materazzi della Lancia e a Gianni Tonti dell’Abarth. Questi, partendo dal blocco motore della Beta 1800 destinata al mercato americano mentre la testata derivava da quella della Fiat 131 Abarth da rally, si orientarono verso un 4 cilindri turbocompresso da 1.425,9cc che, in virtù del coefficiente 1,4 previsto per i motori sovralimentati, veniva equiparato ad un 1996,26cc. Il motore sviluppava circa 480CV con punte di oltre 500 CV per gare di breve durata. Nel 1980 venne utilizzato anche un motore con cilindrata leggermente maggiorata, mediante aumento dell’alesaggio di 0,1mm, a 1.429,44cc, pari a 2001,1cc, per rientrare nella classe superiore ai 2000cc allo scopo di sottrarre punti alle Porsche; nel 1981, venne utilizzato anche un motore di 1773cc che incrementava la potenza di 10 CV, portandola a 490.
Infine la carrozzeria, opera di Pininfarina, era realizzata in materiali compositi e resine artificiali e “arricchita” di alettoni, spoiler e minigonne.
Per effetto di tutte queste modifiche la Beta Montecarlo Turbo aveva un peso ridotto di 200/300 Kg rispetto alla berlinetta stradale.
La Beta Montecarlo Turbo Gruppo 5 venne presentata ufficialmente il 18 dicembre 1978 presso la Galleria del vento Pininfarina; nel Febbraio del 1979 Riccardo Patrese iniziò i primi collaudi ed infine il 22 aprile all’autodromo di Vallelunga, in occasione del Fiat Day, la Beta Montecarlo Gruppo 5 scese in pista pubblicamente. Il debutto in gara avvenne il 6 maggio 1979 alla 6 ore di Silverstone con una vettura affidata a Riccardo Patrese in coppia con l’asso dei Rally Walter Rhol; purtroppo pagheranno lo scotto del noviziato con il ritiro dopo appena 4 giri per problemi al motore.
La Gruppo 5 della Lancia gareggiò dal 1979 al 1981 poi, a causa del nuovo regolamento che estrometteva le Gruppo 5 dal Mondiale Marche a partire dal 1982, la Lancia cedette le vecchie vetture alle squadre private che partecipavano a gare non titolate.
Costretta al prematuro pensionamento nel 1982 la Montecarlo Turbo fu sostituita dalla nuova LC1, un prototipo Gruppo 6.
Nonostante risultati non particolarmente brillanti causa problemi di gioventù, il migliore fu un secondo posto alla 6 ore di Pergusa con Patrese e Facetti, nel 1979 la Lancia si aggiudicò il Titolo Costruttori nella divisione fino a due litri
Vennero iscritte due vetture anche al Giro Automobilistico d’Italia affidate agli equipaggi Villeneuve-Röhrl-Geistdorfer e Patrese-Alén-Kivimäki, ma furono squalificate per aver percorso un tratto di autostrada durante un trasferimento.
Nel 1980 la Lancia partecipa a dieci delle undici gare in programma vincendole tutte nella propria categoria ma in due si aggiudica la vittoria assoluta con Facetti e Finotto alla 24 ore di Daytona e Patrese e Röhrl alla 60re di Brands Hatch battendo le poderose Porsche 935 che gareggiavano nella classe oltre 2 litri.
Alla 6 Ore del Mugello e di Vallelunga Patrese e Cheever gareggiano con una Montecarlo dotata di un nuovo motore con cilindrata maggiorata che li fa rientrare nella classe oltre 2 litri; in entrambe le gare ottengono la vittoria nella divisione oltre i due litri e al Mugello anche quella assoluta.
La casa torinese conquista il suo primo Campionato Mondiale Marche interrompendo il dominio Porsche che durava dal 1976.
Anche nel 1980 la Beta Montecarlo partecipa al Giro d’Italia; le due vetture si piazzano al primo e secondo posto con Patrese, Alen e Kivimäki che precedono Alboreto, Bettega e Bernacchini.
Nel 1981 il Mondiale Marche cambia nome in Mondiale Endurance ma la formula rimane la stessa. La Lancia affida la gestione delle Montecarlo Turbo al team Martini Racing che prende parte a sette delle quindici prove del Campionato ottenendo sei vittorie di Divisione; alla 6 ore di Watkins Glen Patrese e Alboreto centrano anche la vittoria assoluta. Pur non avendo disputato tutte le prove in calendario la Lancia domina la sua Divisione e si aggiudica per la terza volta consecutiva il Titolo di categoria e per la seconda volta il Campionato mondiale assoluto.
Nella sua breve carriera sono molti i piloti che si sono avvicendati alla guida della Montecarlo Turbo: Michele Alboreto, Markku Alen, Attilio Bettega, Eddie Cheever, Bernard Darniche, Andrea De Cesaris, Carlo Facetti, Martino Finotto, Beppe Gabbiani, Piercarlo Ghinzani, Hans Heyer, Riccardo Patrese, Giorgio Pianta, Emanuele Pirro, Walter Rohrl, Giorgio Schon, Gilles Villeneuve.
Esaurito il compito di difendere i colori della Lancia nel Mondiale Marche, la Beta Montecarlo costituirà la base di partenza per un mito dei rally: la leggendaria Lancia 037.
LANCIA RALLY 037
A partire dal 1983 il regolamento per l’ammissione alle competizioni rallistiche cambia: il Gruppo B (praticamente dei prototipi potentissimi derivati da una vettura stradale costruita in un minimo di 200 esemplari, non a caso battezzati “mostri”) sostituisce il Gruppo 4 e questo determina la fine della gloriosa carriera della Fiat Abarth 131.
La Fiat deve correre ai ripari ma si ritrova la soluzione praticamente in casa: partendo dalla base della Beta Montecarlo, anch’essa estromessa dalle competizioni a causa del nuovo regolamento del Mondiale Marche, viene prodotta una delle auto da rally più mitiche di tutti i tempi, la Lancia Rally 037 che segna anche il ritorno del marchio torinese alle gare su strada.
Ed infatti non sono pochi gli elementi della carrozzeria in comune con la Montecarlo Turbo come i vetri laterali, il parabrezza e l’abitacolo; in buona sostanza la cellula centrale del corpo vettura è la stessa. Il tetto presenta due caratteristici rigonfiamenti, soluzione analoga a quella adottata spesso in passato dalla carrozzeria Zagato.
Costruita per raccogliere l’eredità della Stratos e della 131 Abarth, la 037 portò felicemente a termine la propria missione nel 1983 conquistando il titolo costruttori nel Mondiale Rally, l’ultima auto a due ruote motrici della storia prevalere sulle più avanzate auto a trazione integrale.
Per capire quanto sia stata gloriosa la carriera della 037 basterà ricordarne le avversarie più accreditate: Audi Quattro S1, Ferrari 288 GTO, Ford RS 200, Peugeot 208 T16 e Porsche 959.
Anche la 037, come la Montecarlo Turbo, era figlia di un progetto congiunto tra Lancia, Abarth e Pininfarina. Quale responsabile del progetto fu incaricato l’ing. Sergio Limone.
Ancora una volta il motore, montato in posizione posteriore/longitudinale, era il quattro cilindri in linea Fiat sviluppato dall’ing. Lampredi, dotato di una testata in lega leggera a 4 valvole, alimentato con un carburatore doppio corpo, sovralimentato come nella Montecarlo.
Ma la sovralimentazione in questo caso era ottenuta mediante un compressore volumetrico a lobi; questa soluzione tecnica, battezzata “Volumex” dal gruppo Fiat, fu scelta perché non produce l’effetto turbo-lag fornendo potenza già dai bassi regimi, caratteristica fondamentale nelle competizioni su terreni sterrati.
Nella versione stradale il motore erogava 205 CV ed era perciò in grado di far raggiungere alla 037 una velocità massima di 220 km/h con una accelerazione da 0 a 100 km/h in meno di sette secondi.
Nella versione da gara, attraverso vari step evolutivi, la cilindrata passò da 1995cc a 2111cc mentre la potenza fu incrementata dagli iniziali 260CV fino a 350CV mentre nel 1984 il carburatore veniva sostituito dall’iniezione.
Le sospensioni erano a quadrilatero come nei modelli da pista anziché del tipo McPherson come sulla 131. Il peso della stradale era di 1170Kg contro i 960 Kg della versione preparata per i rally.
La 037 venne prodotta tra il 1982 ed il 1983 nelle sole 200 unità necessarie all’omologazione nel Gruppo B; di queste 53 vennero destinate all’utilizzo in gara. La versione stradale non riscosse particolare successo; d’altronde il costruttore non si impegnò in nessuna campagna promozionale essendo interessato alla costruzione dei 200 esemplari solo allo scopo di ottenere l’omologazione senza programmare un significativo futuro commerciale.
Dopo un 1982 avaro di successi, la berlinetta Lancia nel 1983 conquista il titolo mondiale costruttori, il secondo posto nel Mondiale Piloti con Walter Rohrl ed il Campionato Europeo ed Italiano con Miki BIasion grazie ad alcuni risultati prestigiosi quali: la doppietta a Monte Carlo con Walter Röhrl e Marku Alén; quattro 037 nei primi quattro posti al Tour de Corse con Alén, Röhrl , Vudafieri e Tarozzi; ancora una doppietta con Röhrl e Alén all’Acropoli; vittoria di Röhrl e terzo posto di Bettega in Nuova Zelanda; tripletta al Sanremo con Alén, Röhrl e Bettega.
Ma nel 1984, nonostante una significativa evoluzione tecnica, con le sole due ruote motrici la 037 non è più in grado do contrastare i mostri a 4 ruote motrici; l’unico ed ultimo successo iridato arriva al Tour de Corse con la doppietta firmata da Alén e Biasion. Peggio ancora andò nel 1985 quando il miglior piazzamento sarà il secondo posto di Biasion in Portogallo; quell’anno fu funestato dall’incidente mortale di Attilio Bettega al Tour de Corse.
Al termine della stagione 1985 si chiude ufficialmente la carriera agonistica della Lancia Rally 037 e con essa il suo sviluppo.
Sua degna erede sarà la Lancia Delta S4.