Attualmente nei motori a 4 tempi, sia in campo automobilistico che motociclistico, è ampiamente diffusa la soluzione delle 4 valvole per cilindro.
Nonostante questa soluzione tecnica fosse conosciuta e spesso adottata sui motori da competizione già dai primi anni del 1900, nel secondo dopoguerra era predominante la soluzione con sole 2 valvole con ampi angoli inclusi perché nella ricerca della massima potenza specifica si tendeva a privilegiare il rendimento volumetrico (ovvero una buona “respirazione”) lavorando sul diametro delle valvole e sulle sezioni di passaggio (passaggi sottovalvola), trascurando invece la ricerca di un ottimale rendimento termodinamico delle camere di combustione con la conseguente riduzione dei consumi specifici.
La stessa Ferrari, che sull’efficienza dei suoi motori ha costruito il proprio mito, arrivò all’adozione delle 4 valvole solo nella seconda metà degli anni ’60, circa 20 anni dopo la sua fondazione.
Nei motori a due valvole per cilindro hanno dominato la scena per decenni le camere di combustione emisferiche. E’ agevole infatti verificare che in una camera di forma emisferica con due valvole il diametro di queste tende ad aumentare all’aumentare dell’angolo incluso tra di esse.
Per dare una misura di tale effetto basti ricordare che, partendo da una soluzione a 2 valvole parallele, a parità di alesaggio il loro diametro può essere aumentato progressivamente all’aumentare dell’angolo incluso fino ad un valore superiore del 50% nel caso di valvole a V di 90°, tanto che nel primo decennio del secondo dopoguerra (anni ’50) furono adottati anche angoli di circa 100°.
Ma con una tale soluzione i condotti assumono una forma svantaggiosa derivante dall’ampio angolo incluso tra l’asse del condotto stesso e quello della valvola, forma che impone una forte curvatura nel tratto finale in prossimità del fungo della valvola mentre la forma della camera di compressione, caratterizzata da un elevato rapporto superficie/volume, è tale da costringere il fronte di fiamma a compiere un percorso lungo, difetto accentuato dal fatto di dover posizionare la candela in posizione asimmetrica laterale. Per questo motivo viene spesso adottata la doppia accensione, anche in caso di alesaggi modesti (soluzione che la Ducati ha adottato anche in tempi recenti sui motori a 2 valvole).
Come ulteriore effetto collaterale negativo, per ottenere soddisfacenti rapporti di compressione è necessario adottare pistoni con cielo dalla bombatura accentuata, e quindi molto pesanti e con grandi difficoltà di dispersione del calore.
Volendo invece ottenere un ottimale rendimento termodinamico della camera di scoppio è necessario che la sua geometria, strettamente determinata dalla disposizione delle valvole, sia tale da ottenere un basso rapporto superficie/volume.
Nel corso degli anni ’60 incominciarono ad imporsi le teste a 4 valvole per cilindro prevalentemente per merito dei fenomenali pluricilindrici Honda da Gran Premio.
Inizialmente però l’angolo incluso tra gli steli delle valvole era ancora piuttosto ampio, forse per una forma di “tradizione culturale” ereditata dalla vecchia scuola o anche perché veniva ancora adottato il raffreddamento ad aria e pertanto la zona centrale della testa risultava critica.
Solo dopo essere passati al raffreddamento a liquido l’angolo tra le valvole incominciò ad essere progressivamente ridotto fino ad arrivare alla definizione delle camere “a tetto”.
Fu infatti la Cosworth che contribuì a diffondere l’adozione delle 4 valvole con ridotto angolo incluso attraverso l’efficienza dei sui 4 cilindri di Formula 2 e 8V di Formula 1.
Si raggiunse così un giusto compromesso tra il rendimento volumetrico ed il rendimento termico tanto che, a 50 anni di distanza, viene adottata ancora questa configurazione.
I vantaggi sono notevoli e numerosi: la camera a tetto, avendo un minor rapporto superficie/volume, consente di raggiungere rapporti di compressione molto elevati anche con pistoni con cielo quasi piatto; bassi consumi specifici; quattro valvole sono più piccole di due e quindi ognuna ha un peso ridotto, ovvero minori masse in moto alterno a favore del raggiungimento di elevati regimi; possibilità di piazzare la candela in posizione simmetrica esattamente al centro della camera di scoppio; maggiore sezione complessiva di passaggio ottenuta con alzate minori; valvole di scarico di minori dimensioni perciò meno sollecitate termicamente; infine i condotti sono quasi perfettamente rettilinei, di conseguenza l’angolo tra il loro asse e quello dello stelo della valvola risulta molto ridotto.
Oggi nei motori ad elevate prestazioni l’angolo incluso tra le valvole va da 20° a 28°, ma i valori ottimali si ottengono nel range 22°-24°.
Nel tempo, sulla scia del successo dei 4 valvole, sono state tentate strade più estreme come le 5 valvole della Yamaha (adottate per un breve periodo anche dalla Ferrari in Formula1) o come le testate a 6 valvole sperimentate dalla Maserati ai tempi della gestione De Tomaso.
Qualche costruttore, come Honda e BMW, ha cercato una ottimizzazione delle 4 valvole disponendole radialmente rispetto all’asse del cilindro ma senza ricavarne particolari vantaggi sul piano del rendimento a discapito invece di una maggiore complessità meccanica. Qualcuno ricorderà sicuramente i motori di Formula 2 della BMW dotati di testata a valvole radiali progettata dall’ingegner Ludwig Apfelbeck che dominarono praticamente imbattuti la categoria negli anni ’70.
Infine un breve accenno al tema delle due valvole parallele, generalmente azionate da aste e bilancieri.
In questo caso la camera di combustione può assumere una forma discoidale (detta in gergo a “scatola di sardine”) o, se ricavata nel cielo del pistone, la forma denominata Heron, a ricordo del tecnico Sam Heron che la ideò.
Come esempi di impiego delle camere di combustione discoidali ricordiamo i monocilindrici Morini e Gilera degli anni ’50 e ’60 mentre nei decenni successivi sono i bicilindrici Morini derivati dal 3 ½ e i Guzzi della serie “piccola” (V 35 e V 50) gli esempi più noti e meglio riusciti di motori che hanno adottato la camera Heron.