Molti sono stati i tecnici che hanno contribuito a far nascere prima e consolidare poi il prestigio della Ducati sia nel campo della produzione di moto sportive che nel campo delle competizioni di massimo livello.
Vorremmo ricordare i nomi di Fabio Taglioni, che negli anni ’50 introdusse la tecnologia della distribuzione desmodromica, di Filippo Preziosi, progettista della Desmosedici per la MotoGP che si dimostrò competitiva sin dalle sue primissime apparizioni in pista nel 2003 e ancora Mengoli, Farnè, Armaroli e tanti altri ancora.
Ma oggi vogliamo raccontarvi di Massimo Bordi (Bevagna, 9 maggio 1948) a cui va riconosciuto il ruolo (ed il merito) di “traghettatore” della Ducati dal classico 2 valvole monoalbero di Taglioni al 4 valvole bialbero che ha poi generato tutta la famiglia Desmoquattro e Desmosedici.
Per Claudio Domenicali, attuale AD di Ducati, Bordi è stato “l’uomo più importante della storia di Ducati. È stato grazie al suo lavoro se Ducati negli anni ’90 si trasformò in impresa di alta tecnologia capace di competere con i principali costruttori”.
Da ragazzo già si dilettava a smontava i motori.
Egli stesso racconta: “un giorno mia mamma stava cucinando e io arrivai con una testa di un motore di moto, cui volevo mettere le guide valvole nelle sedi. Presi la testata e la misi in forno, in frigo invece infilai le sedi valvole. Infine presi i pezzi e li poggiai sul tavolo iniziando a martellare per assemblarli. Lei continuò a cucinare senza scomporsi, come se tutto questo fosse del tutto normale.”
Massimo passava buona parte del suo tempo libero nell’officina meccanica di uno zio; dopo qualche esperienza in sella ad una Lambretta arrivò il colpo di fulmine per una Ducati 175 che probabilmente influenzerà le sue scelte future; ce ne parla egli stesso: “Proprio mentre guardavo quella moto bellissima mi dissero che da un contadino, buttata in un angolo, ce n’era un’altra. Ci andai subito e riuscii a farla mia per diecimila lire di allora. La rimisi a nuovo con l’aiuto di un amico meccanico. La mia 175 era una moto davvero unica, sia dal punto di vista meccanico sia sotto l’aspetto estetico: a distanza di decenni ormai, la ricordo ancora con emozione in tutti i suoi particolari. La passione era tanta e così finivo sempre per smontare e rimontare motori. Mia madre che inizialmente si lamentava di questa mia passione, ben presto capì che era davvero forte e quindi non esitò a sostenermi quando decisi di iscrivermi a ingegneria meccanica a Bologna”.
Ancora studente, Bordi comprò un’altra Ducati, una 200 Elite che trasformò in Scrambler in ossequio alla moda di quegli anni in cui lo Scrambler della Ducati spopolava.
Prossimo a laurearsi si presentò in Ducati dall’Ing. Taglioni chiedendogli di poter realizzare con loro la propria tesi di laurea. “Ricordo che Taglioni mi mise in mano un disegno di un bicilindrico da 500 cc quattro valvole con la distribuzione desmo esclusiva delle Ducati. Era un motore non fortunato, per via dell’angolo troppo ampio fra le valvole e io gli proposi di ridisegnare la testa chiudendo l’angolo e inserendo la candela al centro delle quattro valvole. Sostanzialmente il tipo di testa che equipaggia oggi i motori a quattro valvole delle Ducati”.
Bordi sviluppò la sua tesi di laurea sul progetto di una termodinamica con alimentazione e scarico a quattro valvole per cilindro abbinata alla distribuzione desmodromica. Nella progettazione di questa testata Bordi si era fortemente ispirato alle teorie innovative (e vincenti) della Cosworth che prevedeva un angolo molto ristretto tra le valvole in contrapposizione a quello che fino ad allora si riteneva l’angolo ottimale, cioè di 90° (nei motori Ducati quest’angolo era “timidamente” ridotto ad 80°).
I vantaggi di questa configurazione risiedevano in una camera di scoppio dal volume molto contenuto e da pistoni con cupola poco pronunciata.
Il progetto di Bordi prevedeva un angolo incluso tra le valvole di 40°.
Con questa tesi Bordi nel 1975 si laureò in ingegneria meccanica all’Università di Bologna.
La sua attività lavorativa inizia con l’insegnamento e poi con un impiego alle Acciaierie Terni.
Dopo gli obblighi di leva e queste prime esperienze lavorative, nel 1978 Bordi entra in Ducati e viene inizialmente assegnato al reparto che sviluppava i motori Diesel per conto della VM di Cento, azienda del gruppo Finmeccanica di cui faceva parte all’epoca anche la Ducati.
Nel 1980 gli viene affidata la direzione tecnica dell’intera area diesel e moto.
Con la collaborazione degli storici Mengoli e Farnè modifica il bicilindrico a coppie coniche portandolo a 1000 con le bronzine, sviluppa tutta la serie Pantah dal 500 fino all’ 860 per la Parigi-Dakar e le varie versioni per le gare di velocità; nel 1985 subentrano i Castiglioni i quali daranno il loro assenso per la serie F1, la PASO e quindi la 851.
Verrà promosso Direttore Generale, sia del marchio Ducati sia di quello CAGIVA.
Ma forse la moto che più viene legata alla figura di Bordi, forse per la originalità di alcune soluzioni tecniche, è stata SUPERMONO, nota anche con il soprannome di “batacchio” derivante proprio da una soluzione tecnica alquanto inconsueta.
Il motore, che per il regolamento Supermono doveva ovviamente essere rigorosamente monocilindrico, era derivato da quello della famiglia 851/888 privato del cilindro posteriore; per abbattere le vibrazioni la biella del cilindro asportato era stata collegata tramite un’altra bielletta al carter, di qui lo strano soprannome.
Nel dicembre 2000 si dimette per divergenze con la nuova proprietà, il fondo americano TPG.
L’ultimo motore prodotto sotto la sua direzione è il Testastretta.
Approda alla Same Deutz Fahr di Treviglio, uno dei maggiori costruttori di trattori, in qualità di amministratore delegato del gruppo fondato nel 1927 dai fratelli Cassani e ne cura il rilancio in campo internazionale.
Nel 2010 Bordi ritorna nel mondo della moto chiamato da Claudio Castiglioni in qualità di Vice Presidente Operativo alla direzione della MV Agusta ceduta nuovamente ai Castiglioni dalla Harley Davidson che l’aveva rilevata nel 2007.
Il mandato scade nel 2013 e non viene rinnovato; nel giugno del 2015 entra come Amministratore Delegato alla Maschio Gaspardo, società multinazionale che si occupa della produzione di attrezzature agricole per la lavorazione del terreno occupandosi del risanamento dell’azienda.
Nel luglio del 2018 si conclude il suo mandato presso la Maschio Gaspardo.