Negli anni prima della seconda guerra mondiale vi erano cinque case italiane costruttrici di motociclette che costituivano la cosiddetta “pentarchia“; Benelli, Gilera e MotoGuzzi sono ancora oggi presenti sul mercato mentre altre due, Sertum e Bianchi, non sono più operative.
In questa sede vogliamo brevemente ripercorrere la storia della Bianchi.
Nel corso della sua storia industriale la Bianchi ha prodotto autoblindo, biciclette, motociclette, autovetture, autocarri, motori fuori bordo e scafi in vetroresina.
La F.I.V. (Fabbrica Italiana Velocipedi) Edoardo Bianchi è oggi la fabbrica di biciclette più vecchia al mondo ancora in attività.
La storia della Bianchi risale al 1885, quando Edoardo Bianchi aprì a Milano una bottega per la costruzione e riparazione di velocipedi che si distinse per essere stato il primo costruttore italiano, nel 1888, a passare dall’uso delle gomme piene a quello delle gomme Dunlop con camera d’aria.
Pochi anni dopo, nel 1901, mise in produzione la prima bicicletta a motore, mentre nel 1903 fece il gran salto passando alla produzione di autovetture con la ragione sociale di Fabbrica Automobili e Velocipedi Edoardo Bianchi.
Nel 1924 la Bianchi fa il suo debutto in ambito agonistico affidando la guida delle sue moto a Tazio Nuvolari, il “mantovano volante”.
Nell’ambito del ciclismo da competizione ci pregiamo di ricordare che nel 1945 approda alla Bianchi il grande Fausto Coppi che rimarrà legato alla Bianchi per 15 anni; altri grandi campioni italiani legati alla Bianchi sono stati Felice Gimondi, Gianni Bugno e Marco Pantani.
La Bianchi saprà riprendersi dalle disgrazie della seconda guerra mondiale nonostante le difficoltà economiche e gestionali insorte alla morte del fondatore Edoardo con alcuni modelli di motocicli indovinati come Aquilotto, Bianchina, Tonale, Sila, Stelvio, lo scooter Orsetto 80 e la MT61 per l’Esercito Italiano.
Ma poi, con l’avvento della utilitaria a 4 ruote, la Bianchi entrerà in crisi come altri marchi italiani fino ad arrivare alla chiusura definitiva nel 1964.
In precedenza, nel 1955, la divisione auto era stata scorporata e ceduta ad una partecipazione paritetica di PIRELLI e FIAT, operazione che dette luogo alla nascita della AUTOBIANCHI; nel 1968 l’intero capitale azionario ed il marchio verranno incorporati nel gruppo FIAT per poi scomparire nel 1995.
L’attività del settore delle biciclette continuerà per iniziativa dell’imprenditore Angelo Trapletti prima e del Gruppo Piaggio poi. Dal maggio 1997 la Bianchi entra a far parte del gruppo svedese Cycleurope AB, il più importante costruttore mondiale di biciclette; la produzione di massa non avviene più in Italia, mentre nello stabilimento italiano di Treviglio, rimane parte della progettazione e della produzione finale dell’alto di gamma di telai professionali, denominato “Reparto Corse”.
Le competizioni motociclistiche
Tra i personaggi che hanno contribuito a rendere celebre questo marchio in campo motociclistico abbiamo già citato Tazio Nuvolari che, prima di passare alle 4 ruote, si aggiudicò il Campionato d’Europa, classe 350, nel 1925 e il Campionato Italiano, classe 350, nel 1926 con la Freccia Celeste 350, prima moto italiana con distribuzione a doppio albero a camme in testa comandata tramite ingranaggi a coppie coniche.
Ma non possiamo dimenticare Dorino Serafini e Amilcare Moretti che si aggiudicarono vari Campionati Italiani e, nel dopoguerra, Ernesto Brambilla (Campione Italiano classe 500 nel 1961), Remo Venturi (campione italiano classe 500 nel 1964) e Silvio Grassetti, nonché gli stranieri Bob McIntyre, Derek Minter, Alistair King, Dickie Dale e Hugh Anderson.
Le bicilindriche da Gran Premio
Alla fine degli anni cinquanta, con la realizzazione delle 250-350-500 bicilindriche bialbero, la Bianchi si affacciò alla ribalta dei Gran Premi.
Capo dell’Ufficio Tecnico incaricato della realizzazione di quelle moto era Lino Tonti.
Il grande giornalista/pilota gentleman Roberto Patrignani scrisse di queste moto: “esempio di come bellezza e meccanica possano fondersi e varcare i confini dell’arte”.
L’ing. Tonti, classe 1922, era entrato alla Bianchi nel 1958 quando vantava già precedenti in Benelli, Aermacchi, Mondial e Paton; a lui si devono, oltre le bicilindriche da Gran Premio, la MT61, il Sila, il Tonale da corsa e le versioni da cross.
Lasciata la Bianchi entrò in Gilera per passare poi alla MotoGuzzi dove realizzò il suo capolavoro, la V7 Sport, per dedicarsi infine ad una 500 GP destinata ai privati, la LINTO.
E’ venuto a mancare nel Luglio 2002.
Alla Bianchi Tonti sviluppa inizialmente il progetto di una 250 bicilindrica che avrebbe dovuto competere con Benelli, MV Agusta e Ducati. Ma la moto si rivelò troppo pesante per la sua categoria per cui si decise di aumentarne l’alesaggio da 55 a 65 mm per gareggiare nella classe 350 e, in questa nuova veste, la moto divenne subito competitiva.
All’esordio nel 1960 a Monza, Ernesto Brambilla tenne il passo delle MV di Surtees e Hocking girando a un decimo dalle più blasonate concorrenti.
L’anno successivo la 350 fu maggiorata a 385cc, successivamente a 405cc e infine a 425cc per competere nella classe 500.
Come abbiamo già ricordato, nel 1961 Brambilla conquistò il campionato italiano classe 500.
Per gli impegni in campo internazionale furono ingaggiati anche Bob Mc Intyre e Alistair King, Derek Minter, Dickie Dale, Hugh Anderson e Silvio Grassetti. Mc Intyre fu secondo a Assen e terzo al Sachsenring a cui si aggiunse il secondo posto di Alistair King al Gran Premio dell’Ulster. L’anno succesivo toccherà a Silvio Grassetti portare sul terzo gradino del podio al Gran Premio delle Nazioni sia la 350 che la 350 “maggiorata” nella classe 500.
Nel 1963, quando la Bianchi era già entrata in crisi, arrivò Remo Venturi.
A Modena e a Cesenatico ebbe la meglio sulla MV di Hailwood, a Imola ebbe la meglio su Minter e Hartle, a Hockenheim fu secondo dopo la Honda quattro di Redman, a Monza arrivò terzo ma venne poi squalificato avendo portato in gara la moto del suo compagno di squadra Renzo Rossi. Contemporaneamente Silvio Grassetti vinceva alcune gare nei circuiti del Belgio e della Spagna.
Per Venturi Tonti costruì una 500 a cilindrata piena (498 cc), che però a causa delle vicende aziendali non fu sviluppata e perciò non utilizzata in gara, e una 350 con telaio in due pezzi separati e motore stressato chiamata per questo “bikini”.
Nel 1964 Venturi conquistò il Campionato Italiano della 500 mentre nel Mondiale conquistò ad Assen il secondo posto nella 500 ed i l terzo nella 350.