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I grandi motoristi italiani: Luca Marmorini
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I grandi motoristi italiani: Luca Marmorini

Novembre 1st, 2018 Fabio Avossa Piloti, storie e glorie

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Nasce ad Arezzo il 17 giugno 1961; nel 1986 si laurea in Ingegneria all’Università di Pisa, dove ha conseguito quattro anni più tardi il Dottorato di ricerca lavorando anche presso il Massachussets Institute of Technology.
Nel 1990 viene assunto alla Ferrari dove viene impiegato nell’ufficio calcoli della Gestione Sportiva; si mette in luce e fa carriera arrivando a ricoprire il ruolo di responsabile del reparto Ricerca e Innovazione.
Alla fine del 1999 lascia la Ferrari per affrontare il progetto di Formula 1 della Toyota.

Dopo dieci anni rientra in Ferrari per sostituire il motorista Gilles Simon; dal 2009 al 2014 è Direttore Motori ed Elettronica della Scuderia.

Dopo il deludente avvio di stagione lascia il proprio incarico in Ferrari a fine luglio 2014, terzo licenziato eccellente dopo Aldo Costa nel 2011 e Stefano Domenicali all’inizio del 2014.

Qualche mese dopo, smentendo le voci che lo volevano in direzione Renault, è entrato a far parte dello staff tecnico MV Agusta.

Nell’agosto del 2017 approda in Aston Martin come responsabile del settore power unit nell’ambito del quale porta avanti gli studi preliminari per l’unità del 2021.

Infatti l’obiettivo della Casa inglese è quello di entrare nel Circus della Formula 1 come motorista nel 2021, anno in cui dovrebbe entrare in vigore il nuovo regolamento sportivo con i V6 con una sola unità ibrida (MGU-K).

In seguito si è trasferito a Modena alla HPE, l’azienda di Piero Lardi Ferrari, dove sviluppa progetti per conto di committenti del mondo della Formula 1  (Aston Martin) e della MotoGP (Aprilia e Yamaha).

Qui di seguito, in una intervista rilasciata al noto giornalista Leo Turrini nell’agosto 2014, tutta la verità di Marmorini sui motivi che lo hanno portato fuori dalla Ferrari.

<<Per cominciare lasciami dire che non parlo per la mia persona. Io con la Ferrari ho chiuso e sai come, quindi non c’entro più niente. Nemmeno mi spinge l’amore per la polemica inutile: purtroppo a Maranello c’è gente che si diverte ad addossare responsabilità a chi dovrebbe tacere, insomma scrivi che apro bocca in risposta, anche, ad una serie di provocazioni…

In breve. E’ stata fatta passare l’idea che tutti i guai della F 14 T sono colpa della power unit. Come se in una azienda con la storia della Ferrari avessimo disimparato a fare i motori! Voglio dire, accetto qualunque accusa, ma non venitemi a dire che a Maranello ci sta gente che non conosce il mestiere, il turbo, gli ibridi, eccetera…

Io non mi chiamo fuori da niente. Però, vediamo di ristabilire la verità. Insieme ai miei collaboratori ho confezionato una power unit con certe dimensioni, cioè più piccola della versione Mercedes e anche della versione Renault, perchè questo ci è stato chiesto dal responsabile del progetto della vettura, il signor Tombazis…

Ci dissero: vogliamo una PU molto compatta, con radiatori piccoli, perchè compenseremo la minore potenza con soluzioni aerodinamiche che ci garantiranno un vantaggio sulle monoposto spinte dal Mercedes e sulle monoposto spinte dal Renault. E’ andata esattamente così: solo che, quando ci siamo confrontati con la concorrenza, i cavalli in meno ovviamente c’erano, ma la compensazione da aerodinamica non esisteva assolutamente!

E’ andata così e mi sarebbe piaciuto spiegarlo a Marco Mattiacci, quando è stato messo al posto di Domenicali. Ma con Mattiacci in tre mesi ho scambiato quattro parole, ci siamo visti due volte, la prima per i saluti, la seconda quando lui mi ha sottoposto la lettera che sanciva il mio addio alla azienda.

Guarda, io non voglio accusare nessuno. Davvero. Segnalo però che la Ferrari ha preso una strada che prevede di affidare il reparto corse a persone inesperte, le quali persone inesperte si avvalgono di consiglieri che finora nulla hanno dimostrato e che però godono di una fiducia incondizionata.

Chi sono i consiglieri di cui sopra? Pat Fry e James Allison.

La Ferrari rischia di danneggiare anche lo zoccolo duro sul quale in passato ha costruito tanti successi. Non parlo per me, io ormai sono out. Ma mi dispiace per i tecnici che conosco e che sono ancora lì, ottime persone che si stanno demoralizzando.

Nei miei confronti è stata usata tanta superficialità nell’esprimere giudizi negativi. Ma io rimango sereno, la mia sorte è stata decisa a tavolino ma quando penso a chi era quel tavolino neanche mi dispiace, se non per la Ferrari in quanto tale. Binotto il mio successore? Gli voglio bene, gli auguro solo di non mettere gli interessi di carriera davanti a tutto.

Il mio futuro? Non è vero che ho già firmato per la Renault. Anzi, nel presente a me una Formula Uno nella quale un motorista in pratica non può lavorare sulla sua creatura, causa regolamenti che impongono il congelamento, piace pochissimo. Però sono sincero, le corse da Gran Premio hanno un loro fascino, magari tra un mese io cambio idea e ai box ci torno…>>.

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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccanico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da circa 60 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy), oggi sul suo profilo Facebook si diletta a parlare di moto e auto con particolare attenzione alle vicende del Motomondiale e della Superbike.

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