Credo che nella storia del motociclismo nessun pilota abbia mai avuto un fine carriera tormentato e misterioso come Freddie Spencer.
Ci piace invece ricordare un particolare del suo esordio: Spencer condivide con il grande Mike Hailwood un primato di precocità avendo debuttato nella classe 500 del Motomondiale entrambi a poco più di 18 anni. Hailwood infatti, nato il 2 aprile 1940, debuttò con una Norton Manx al Tourist Trophy che si disputò il 6 giugno 1958 classificandosi tredicesimo. Aveva perciò 18 anni e 2 mesi. Spencer, nato il 20 dicembre 1961, debuttò il 6 luglio 1980 al Gran Premio del Belgio sul circuito di Zolder con una Yamaha OW48 gestita da Erv Kanemoto. Aveva 18 anni e poco più di 6 mesi. In prova si classificò 11° ma la gara andò male: al via, che all’epoca era a spinta, dette una ginocchiata al serbatoio rompendo il rubinetto della benzina e fu costretto al ritiro.
4 maggio 1986 GP di Spagna, prima gara del Motomondiale che si svolge sul circuito di Jarama.
Forse è proprio in quella occasione che finisce la carriera di Freddie Spencer.
Spencer è reduce da una stagione che lo ha fatto rientrare di diritto tra i grandi di tutti i tempi conquistando i titoli mondiali della 250 e della 500. Durante l’inverno ha svolto pochi test a causa di una forte sinusite che gli ha comportato anche una labirintite; per questo motivo ci si aspetta che non sia nel pieno della forma.
Ma Spencer smentisce tutti conquistando la pole. Al via parte al comando e stacca tutti, come suo solito, ma al 13° giro il colpo di scena: rientra direttamente al box. Ufficialmente è una tendinite che lo ha fermato.
Al successivo GP d’Austria è vittima di una caduta ed annuncia il ritiro dalle competizioni.
Nel 1987 ci ripensa e la Honda lo accoglie a braccia aperte: anche se il team ufficiale Honda/Rothmans è già definito con Wayne Gardner, Shunji Yatsushiro e Roger Burnett ma gli viene comunque affidata una Honda con i colori della HRC affidata alle cure di Erv Kanemoto. Purtroppo sembra non avere più la velocità di un tempo e cade spesso; a volte, senza fornire spiegazioni, non si presenta alla partenza. In campionato accumula soli 4 punti ed alla fine annuncia per la seconda volta il ritiro.
Nel 1989, dopo un anno di stop, viene ingaggiato nel team Yamaha/Marlboro di Giacomo Agostini orfano di Lawson; ma ancora una volta si dimostra abulico e lento; riuscì a dare un’unica grande dimostrazione di forza nel secondo Gran Premio stagionale a Phillip Island dove, partito in ritardo, rimontò sui primi ma purtroppo la gara si chiuse con una ennesima caduta. Il miglior risultato sarà un 5° posto in Spagna ma subito dopo ci sarà il divorzio anticipato prima del GP d’Inghilterra.
Ed è nuovamente il ritiro, il terzo.
Nel biennio 1991/92 partecipa al campionato statunitense AMA SBK in sella ad una HONDA RC30 del team Two Brothers con risultati modesti in rapporto al suo passato. Durante l’inverno matura l’intenzione di un rientro ai GP e gli viene concesso un test sulla Honda di Gardner ma il progetto non si concretizza.
Rientra comunque nel 1993 in sella ad una ROC Yamaha del team Motor France; la sua partecipazione, a soli 3 o 4 GP, risulterà assolutamente insignificante e subirà ancora un infortunio.
La fase finale della sua carriera si svolge nel biennio 1995/96 in sella ad una Ducati 916 del team Ferracci con la quale partecipa al campionato AMA SBK ed a qualche gara del mondiale.
Alla fine del 1996, undici anni dopo la trionfale stagione del 1985, si conclude definitivamente la carriera di questo grande e misterioso pilota che rimarrà per sempre nella mente degli appassionati che lo hanno visto gareggiare se non altro per aver introdotto oltre 30 anni fa quella tecnica particolare di spigolare le curve e raddrizzare al più presto la moto.
Verranno fatte tante congetture sulle cause che motivarono la fine della carriera di Spencer, ma nessuno ha mai saputo la verità. Forse neanche il pilota stesso.