Nasce a Torino il 27 aprile 1913; dopo aver conseguito il diploma di perito industriale, fatto il servizio militare, nel 1937 fu assunto in FIAT con l’incarico di calcolatore all’ufficio tecnico dei motori d’aviazione; successivamente passò all’ufficio tecnico autoveicoli ferroviari sperimentali.
Nel 1939 entrò in Alfa Romeo dove si occupò di vetture da corsa sotto la direzione di Orazio Satta Puliga.
Durante la seconda guerra mondiale Busso rimase in Alfa alle dipendenze dell’ingegnere spagnolo Wilfredo Ricart (lo stesso che aveva avuto pesanti diverbi con Enzo Ferrari e che ne causò la fuoriuscita dall’Alfa) prestando la propria opera nel servizio studi speciali. In questo periodo completò gli studi utilizzando dispense e pubblicazioni del Politecnico di Milano. In qualità di progettista si occupò di compressori e turbine d’aviazione.
Nel 1946 Gioacchino Colombo riesce a portarlo alla Ferrari che muoveva allora i primi passi.
Busso lavorò sulla 125 S, la prima Ferrari, e su due progetti di motori: un 1500 cc a dodici cilindri con compressore ed un sei cilindri, ricavato da una sola delle due bancate del motore della 125 S, che però non vennero realizzati. Studiò una rivoluzionaria tipologia di sospensione posteriore e partecipò al progetto della 159 che vincerà il Gran Premio Città di Torino il 12 ottobre 1947, pilotata da Raymond Sommer.
Nel 1948, dopo aver collaborato allo studio del tipo 166, a causa di divergenze con Colombo rientrò in Alfa Romeo dove si dedicò allo sviluppo di tutti i modelli della rinascita dell’Alfa Romeo: 1900, Giulietta, Giulia e Nuova Giulietta. Suo anche lo studio di una vettura a trazione anteriore che dette vita ad un prototipo, la Tipo 103 del 1959, che però non ebbe seguito produttivo.
Nel 1968 realizzò il motore V6 che gli alfisti più devoti al marchio identificarono con il suo progettista, tanto che era noto come il “V6 Busso”. Questo propulsore è universalmente ritenuto come uno dei migliori motori di sempre e più specificamente è stato ritenuto come il miglior V6 al mondo.
Il V6 dell’Alfa nacque per sostituire i 2.600 6 cilindri in linea; le specifiche di progetto richiedevano un motore più compatto di un V8 con una cilindrata superiore ai 2 litri.
Così lo ricorda il suo progettista:
« Verificammo certe nostre ipotesi con un 4 cilindri sperimentale che girò a Parigi in un centro di sviluppo della Bosch, che mise l’Alfa Romeo in condizione di compiere i primi esperimenti con l’iniezione elettronica. La distribuzione avveniva tramite un albero a camme in testa azionato da una cinghia posteriore che comandava direttamente le valvole di aspirazione e, attraverso una piccola punteria e un bicchierino, quelle di scarico. I positivi riscontri ci incoraggiarono a derivare da quello schema un 6 cilindri a V di 60° con cilindrata di 2.5 – 3 litri, che iniziò a “girare” al banco verso la fine del 1968.»
Il V6 Busso equipaggiò numerosi modelli dell’Alfa Romeo a cominciare dalla Alfa 6; rivisto ed aggiornato venne utilizzato per più di 25 anni sulle versioni più potenti dell’Alfa 164, della Fiat Croma, della Lancia Thema, della Lancia K e delle successive Alfa 147, Alfa 156, Alfa 166, Alfa GTV e Lancia Thesis.
Ma fu adottato anche dal fuoristrada Raiton Fissore e da sportive come l’Ultima GTR, la Hawk HF Series, la DAX e la Gillet Vertigo sports car, nonché su numerosi prototipi come le Lucchini del Campionato Italiano Prototipi.
La massima evoluzione del V6 progettato da Busso è senza dubbio costituita dall’unità montata sulla 155 V6 TI che ha vinto il Campionato DTM nel 1993 con Nicola Larini.
Ci preme precisare che il prestigioso “V6 Busso” non deve essere confuso con il V6 che equipaggiò i modelli 159, Brera e Spider che era un motore di origine Holden, marchio australiano nell’orbita GM ai tempi dell’alleanza tra Torino e Detroit.
Frutto della progettualità di Busso anche il V8 della 33 da competizione, da cui derivò poi il motore della Montreal e, ovviamente, della 33 Stradale.
Andato in pensione nel 1977, Busso è rimasto sempre molto legato all’Alfa tanto da mantenere la carica di co-direttore generale.
Muore ad Arese il 3 gennaio 2006: pochi giorni prima era stato prodotto l’ultimo V6 che porta il suo nome.