Certamente in quegli anni i successi della Ducati in SBK “ingelosirono” i giapponesi che tra un traliccio ed un motore V90° provarono ad offrire al pubblico degli appassionati un prodotto similare e al contempo alternativo alle moto bolognesi.
Honda e Suzuki si dedicarono a produrre un bicilindrico a V di 90°,
ma ci fu anche qualche tentativo da parte di Yamaha di realizzare un telaio a traliccio.
Da queste moto derivarono anche alcune italiane con motori Suzuki: la BIMOTA SB8 che, in versione R, vinse anche una manche del WSBK con Tony Gobert (e con l’assistenza di Franco Farnè) e la famiglia delle CAGIVA Raptor che montava motori Suzuki 650 e 1000, ma che probabilmente nelle intenzioni dei Castiglioni avrebbe dovuto essere l’erede del Monster se non avessero ceduto il marchio.
Ed in realtà la Honda riuscì a centrare l’obiettivo battendo la Ducati ad armi pari (entrambe erano bicilindriche) nel 2000 e nel 2002, in entrambi i casi con Colin Edwards.