Aurelio Lampredi (Livorno, 16 giugno 1917 – Livorno, 1º giugno 1989), dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico Superiore di Friburgo (Svizzera), inizia l’attività lavorativa come disegnatore presso i Cantieri Navali di Livorno; nel 1937 viene assunto alla Piaggio dove presta la sua opera all’Ufficio Progetti diretto dall’ing. D’Ascanio. Lasciata la Piaggio si impiega alle Fonderie Bassoli per passare poi alle Officine Meccaniche Reggiane-Caproni; fu proprio uno dei tecnici della Reggiane che, nel 1946, segnalò Lampredi a Enzo Ferrari, magnificandone le doti di ingegnere motorista.
E così nel settembre del 1946 passa alla Ferrari rimanendovi fino al 1947 quando, avendo avuto accesi contrasti con i tecnici Giuseppe Busso e Gioacchino Colombo, decide di accettare l’offerta di lavoro dell’Isotta Fraschini, non senza aver assicurato a Enzo Ferrari la sua disponibilità a tornare a Maranello a condizione di potersi esprimere in autonomia. Ed infatti qualche anno dopo rientrò alla Ferrari dopo che Busso era tornato all’Alfa Romeo e Colombo si era dato alla professione libera offrendo consulenza sia alla Ferrari stessa che all’Alfa.
A Maranello si dedicò allo sviluppo del suo primo motore 12 cilindri che, a differenza del motore V12 progettato da Gioacchino Colombo nato come 1500cc, nasceva con cilindrata di 4500cc. Fu proprio questo il motore che regalò alla Ferrari il primo successo iridato in Formula 1, montato sulla 375 F1 di Froilan Gonzalez.
Si dedicò successivamente al progetto della 500 F2 4 cilindri che portò alla Ferrari due titoli mondiali, con Alberto Ascari, nel 1952 e nel 1953.
Poi si rese protagonista dell’episodio che determinò il seguito del suo percorso professionale.
Nel corso della trasferta di Indianapolis, nel 1952, Lampredi, rimasto impressionato dalle grosse cilindrate unitarie dei motori americani, aveva maturato l’idea di costruire un motore per la Formula 1 frazionato in due soli cilindri, ritenendo che avrebbe potuto esprimere una erogazione particolarmente favorevole rispetto ai motori più frazionati.
Tra il 1953 ed il 1955 ne studiò la fattibilità dopodiché si decise ad esporla nel corso di una riunione che, per l’esito che ebbe, rimase famosa negli ambienti Ferrari come “quella riunione”.
La riunione era stata indetta da Ferrari per definire con i propri tecnici la nuova monoposto di Formula 1 che per regolamento prevedeva motori da 2500cc; furono proposte le più disparate configurazioni di motore e Lampredi colse l’occasione per proporre la propria idea del bicilindrico.
Ferrari sollevò una immediata opposizione, ritenendo improbabile che un simile motore potesse dare buoni risultati. Lampredi infelicemente replicò: “Qui, fra tanti praticanti e praticoni, l’ingegnere sono io e io dico che andrà bene”. Calò nella stanza un silenzio premonitore di una delle solite sfuriate di Ferrari. Questa volta invece il Drake mantenne la calma “Faremo il motore – disse lentamente – e datevi tutti da fare: voglio i disegni complessivi da passare alla modelleria. Fatemi un piano delle fusioni, delle lavorazioni, dei trattamenti, dei controlli, delle finizioni, del montaggio dei gruppi e del montaggio finale”.
“Voglio un piano completo – concluse – e la previsione di data per andare sul banco prova”.
Si alzò e se ne andò: tutti capirono, sopratutto Lampredi, che era stata imboccata una pericolosissima strada senza ritorno.
La costruzione fu ultimata a tempo di primato; il motore – un bialbero con cilindrata unitaria di 1246,69 cc (alesaggio x corsa = 118 x 114) per una cilindrata complessiva di 2493,38cc che esprimeva una potenza presunta di 160 CV – fu fissato sul banco ma appena messo in moto strappò le zampe di attacco e saltò a sfondare il soffitto della tettoia (ma forse questo particolare fa parte della leggenda).
Il disastroso esito del test provocò un insanabile contrasto tra il progettista ed Enzo Ferrari: il divorzio di Aurelio Lampredi dalla Ferrari era automaticamente maturato.
Esiste anche un’altra versione, raccontata da Romolo Tavoni, al tempo segretario di Enzo Ferrari. “Ferrari non era un tecnico, ma aveva fiuto e metteva spesso i tecnici a confronto tra di loro per vedere chi era più determinato e convinto a sostenere la propria tesi; e quando Bazzi propose un 8 cilindri, Amorotti pensava a un 6 e altri volevano stare sul 12, Lampredi propose non più un 4 ma un 2 cilindri. Il discorso di Lampredi fu questo: <<Noi non dobbiamo fare il certo, dobbiamo fare sperimentazione. Questo motore avrà una coppia così alta che, considerata la media dei circuiti, sarà idoneo per l’80% di essi>>. Il discorso (le riunioni si verbalizzavano interamente) fu questo: (Ferrari) <<Lampredi io glielo faccio fare ma lei è così convinto?>> – (Lampredi) <<Sì io sono convinto>>, <<Bene, allora, farà un anno da oggi o il 2 cilindri sarà competitivo o non avremo niente più da dirci>>.
La mattina di un anno dopo, esattamente 365 giorni dopo, alle 11 Ferrari telefonò a Segni, il capo del personale: “Che ora è oggi, che giorno è? Bene vai in banca prendi i soldi per Lampredi, pagalo per gli ultimi due anni, digli che non c’è bisogno di venirci a salutare perché ci siamo detti tutto un anno fa”.
Passato alla Fiat, Aurelio Lampredi ha lavorato inizialmente sui motori a sei cilindri in linea con distribuzione ad aste e bilancieri della 1800 e della 2100, apparsi nel 1959, e quindi su quelli della 1300 e della 1500 (1961), a quattro cilindri. A lui si devono le camere di combustione polisferiche; le due valvole di ogni cilindro erano inclinate tra loro con un angolo di 48°. In seguito progettò motori particolarmente apprezzati tra cui quello per la Fiat 124 che rimase in produzione, in diverse configurazioni di cilindrata e distribuzione, dal 1966 al 2000 ed il V6 della Fiat Dino ed il V6 della 130.
È poi da sottolineare la messa a punto, nel 1977, del moderno motore 1050cc, che Lampredi operò in collaborazione con la filiale brasiliana Fiat di Belo Horizonte; questo motore fu montato sulla Fiat 127 seconda serie e su di una versione della Ritmo, per la quale progettò anche il propulsore diesel.
Lampredi rimase in Fiat fino al 1982, quando andò in pensione.