Dice di lui Dovizioso, che con Marquez di recente è stato spesso a “stretto contatto”: “Lo spagnolo è l’unico che guida in modo diverso da tutti gli altri; lui praticamente sta tutto fuori dalla moto, il gomito gli serve da appoggio, perché si fida in modo incredibile dei pneumatici che usa”.
E già questa definizione, corroborata dai risultati dello spagnolo, sarebbe sufficiente a comprendere il talento di Marquez che gli consente di essere sempre altamente efficace pur nella apparente discontinuità dell’azione.
Probabilmente a memoria d’uomo un pilota con questa capacità di inventiva, estroverso ma al contempo razionale, non si è mai visto; le cose che fa Marquez fanno parte del suo bagaglio personale, sono istintive, non si fanno “pensandole” o vedendole fare ad altri.
Rende apparentemente semplici manovre che nessun altro sarebbe capace di eseguire: per Marquez non esistono curve in cui non sia possibile un sorpasso, il salvataggio in extremis è diventato il suo marchio di fabbrica data la continuità (non può essere sempre e solo fortuna) e la semplice spontaneità con cui riesce a rimettere in piedi la moto ogni volta che perde l’anteriore.
Ma se per il talento Marquez deve ringraziare madre natura bisogna riconoscergli il grande merito di avere, nonostante l’immenso talento di cui è dotato, una grande determinazione nel volersi continuamente migliorare facendo esperienza dei propri errori e non disdegnando di imparare dagli altri piloti per arricchire il proprio bagaglio tecnico.