La storia di Fabio Taglioni – il “dottor T- padre del desmodromico Ducati è ben nota agli appassionati per essere stata raccontata più volte in diverse sedi (libri, riviste di settore, siti web, pagine facebook); su questo stesso sito ve ne abbiamo parlato.
Tutti d’accordo nel riconoscergli non già “l’invenzione” della distribuzione desmodromica quanto la capacità di risolverne i problemi di base tanto da riuscire a trasformarla da sofisticata soluzione tecnica riservata alle meccaniche da competizione ad applicazione per le moto di serie.
Un dettaglio della sua vita che però non era stato mai chiarito era l’argomento della sua tesi di laurea: alcune fonti accennavano ad un monocilindrico da 75cc, altre parlavano di un 250 4 cilindri probabilmente desmodromico.
Finalmente grazie alla dottoressa Nunzia Manicardi, che ce ne parla nel suo libro “Fabio Taglioni, la Ducati, il Desmo” edito dall’ASI Service srl, possiamo appurare la verità testimoniata dalla pubblicazione della copertina della tesi, pubblicazione autorizzata dall’autrice.
Taglioni nasce il 10 settembre del 1920 a S. Maria in Fabriago, frazione di Lugo di Romagna, la stessa città dell’eroe Francesco Baracca di cui era fervente ammiratore tanto che adottò il simbolo del Cavallino Rampante sulle carene delle Ducati 125 GP.
Frequentò le Magistrali, dove conobbe la futura moglie Norina; successivamente si iscrisse al Liceo Scientifico di Ravenna. Dopo il diploma si iscrisse all’Università di Bologna ma nel 1940 fu costretto ad interrompere gli studi per lo scoppio della guerra durante la quale prestò servizio come Direttore Tecnico di officina di manutenzione auto e moto; in Sicilia subì una ferita alla gamba sinistra di cui porterà per sempre i segni.
Dopo la guerra continua gli studi universitari e si laurea nel 1948 con una tesi su un “Motore da corsa di 500cc a 4 cilindri per automobili”. Inizialmente aveva pensato al progetto di un 75 monoalbero.
Nel 1949, Taglioni ottiene un incarico all’Istituto Tecnico Alberghetti di Imola dove insegna Meccanica e Disegno; lì decide di dare vita al progetto del 75 monocilindrico in collaborazione con i suoi allievi.
Questo 75, denominato MISTERO, in origine aveva la distribuzione ad aste e bilancieri; poi fu riprogettato come bialbero ed infine il progetto fu semplificato realizzando un monoalbero con comando a cascata di ingranaggi ed assunse la denominazione di TORNADO. I disegni furono realizzati in parte all’Istituto ed in parte a casa dello stesso Taglioni, così come la realizzazione materiale del motore che vide la luce nel 1952.
Ma l’insegnamento non faceva per lui ed incominciò ad offrirsi alle varie case motoristiche. Gli fece una proposta la Benelli che Taglioni rifiutò per non trasferirsi a Pesaro.
Offrì il progetto della sua 75 al conte Boselli, titolare della Mondial e appassionatissimo di corse; questi però non aveva alcun interesse per la classe 75 ma era invece molto interessato al geniale progettista. Boselli prese allora una decisione salomonica: assunse Taglioni e contemporaneamente suggerì a Ceccato di acquisire il progetto della 75, garantendo di concedere a Taglioni l’autorizzazione a seguirne lo sviluppo. Questa strana forma di collaborazione sarà tanto più evidente quando alle Milano/Taranto si vedranno le aree destinate all’assistenza condivise tra Ceccato e Mondial.
La Ceccato 75 Sport sarà presentata al Salone di Milano del 1954.
Inizialmente il prototipo della Ceccato 75 adottava il comando della distribuzione a catena per poi ritornare alla cascata di ingranaggi. La Ceccato 75 di Taglioni, che avrà anche una versione 100cc e una versione bialbero, si distinguerà particolarmente nelle gare di gran fondo (Milano/Taranto e Motogiro), come buon viatico ai futuri successi delle Ducati Marianna 100 e 125.
Così nel 1952 Taglioni viene assunto alla Mondial dove lavora su una 125 bialbero e una 175 monoalbero, portando sempre avanti i suoi studi sul desmo. Offeso perché non invitato ai festeggiamenti per la vittoria al Motogiro del 1954 se ne va: il 1° maggio varca i cancelli della Ducati che in quel periodo non navigava in buone acque.
Egli stesso ricorda le parole del Direttore Generale Montano quando gli fece la proposta di assunzione: “Conosciamo il suo talento e ne abbiamo bisogno. Se costruisce una moto per vincere il prossimo Motogiro d’Italia, Ducati continuerà a vivere. Abbiamo denaro per pagare solo la prossima mensilità agli operai. Se ci riesce produrremo 100 moto e ci guadagneremo tutti, altrimenti chiuderemo e ognuno tornerà a casa sua“.
Taglioni, ferito nel suo orgoglio per lo sgarbo subito alla Mondial, accettò la sfida.
Il suo primo progetto in Ducati fu la 100 Gran Sport del 1954, ribattezzata Marianna, alcuni dicono in onore dell’Anno Mariano secondo altri il nome è legato al debutto in gara avvenuto nel giorno di Santa Anna Maria ma in entrambi i casi in omaggio alla moglie di Montano, donna molto religiosa.
La moto era caratterizzata dalla distribuzione monoalbero comandata da albero verticale a coppie coniche che costituirà la caratteristica di una famiglia di monocilindriche che avrà una vita lunga circa venti anni e tale soluzione sarà applicata anche alla prima famiglia dei bicilindrici ad L fino all’avvento del Pantah con comando a cinghie dei primi anni ’80.
Le Marianna, anche nella versione 125, domineranno le gare di gran fondo vincendo il Motogiro nel 1956 e 57 e la Milano-Taranto nel 1955 e 56.
Il 1956 è segnato dalla nascita della Desmo 125 tre alberi, preceduta dalla bialbero, entrambe derivate dalla Marianna.
Nel 1995 Taglioni va in pensione ma resta in rapporto di consulenza con la Ducati, per la quale aveva rifiutato offerte allettanti quali la Benelli, la FORD che gli offrì un assegno in bianco ma anche MV Agusta, Norton e Piaggio lo volevano; si diceva che anche Ferrari, con il quale aveva ottimi rapporti personali, fosse interessato ai suoi studi sul desmo.
Purtroppo ci lascia il 18 luglio del 2001.