Lo Scrambler, in campo motociclistico, indica un tipo di motoveicolo con caratteristiche principalmente stradali, al quale sono state apportate lievi modifiche per renderlo adatto ad affrontare percorsi sterrati o brevi tratti fuoristrada di trascurabile difficoltà. Il termine “scrambler” deriva dal verbo inglese “to scramble” che significa appunto mischiare.
Così erano chiamate, in alcuni territori di provincia statunitensi della fine anni cinquanta, le motociclette stradali cui venivano applicati manubri, pneumatici e rapporti da fuoristrada, al fine di essere impiegate sulle lunghe strade sterrate che collegavano i “ranch” alle vie di comunicazione pubbliche.
Ma “to scramble” ha un doppio significato perché può essere tradotto anche in arrampicarsi e, considerata la destinazione d’uso di questa categoria di moto, forse questa è l’interpretazione più realistica.
Arrivato in Europa, il termine fu utilizzato soprattutto dalle case italiane e inglesi che, negli anni sessanta, sfornano un cospicuo numero di modelli “scrambler”.
In Italia, molte delle più importanti case costruttrici avevano in listino un modello turistico trasformato “scambler”, come Moto Guzzi, Moto Morini, MV Agusta e Gilera, oppure un modello appositamente concepito come le Ducati monocilindriche 250/350/450, per cercare uno sbocco commerciale sul mercato americano.
A margine di questa nota vorrei ricordare che in un’altra mia nota facevo notare come oggi nel campo automobilistico sia di moda il downsizing (ridimensionamento). Un buon esempio di downsizing nel campo delle moto “premium” è sicuramente la MV Agusta che con le sue 3 cilindri 675/800 a prezzi significativamente più bassi delle 4 cilindri ha fatto anche un’operazione di richiamo al passato rifacendosi ai successi delle 3 cilindri 350/500 di Agostini.
Il downsizing della Ducati potrebbe puntare addirittura al monocilindrico (il richiamo allo Scrambler potrebbe essere interpretato da una moto realizzata con la stessa filosofia della KTM 690).