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Qualche riflessione sul monomarca Michelin arrivato al terzo anno
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Qualche riflessione sul monomarca Michelin arrivato al terzo anno

Maggio 2nd, 2018 Fabio Avossa BLOG di Fabio Avossa

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Nel 2016, dopo sette anni di assenza, la Michelin è tornata in MotoGP in qualità di fornitore unico di pneumatici in sostituzione della Bridgestone.

Inizialmente i pneumatici francesi hanno palesato problemi di incostanza ma principalmente di tenuta che in qualche caso hanno messo a serio rischio l’incolumità dei piloti.

Ma questo è un problema annoso nel campo degli sport motoristici.

Un problema che peraltro affligge tutte le componenti del mezzo meccanico che nel campo agonistico è soggetto a continua sperimentazione nella ricerca del limite estremo di performance e di tenuta alla distanza contemporaneamente.

Episodi in cui i pneumatici hanno avuto la loro parte nel determinare un risultato sportivo li troviamo già dagli inizi del Motomondiale:

  • Nel 1950 Geoff Duke perse il mondiale per il Dunlop posteriore disintegratosi sia a Spa in Belgio che ad Assen in Olanda;
  • Ma scorrendo rapidamente nel tempo non possiamo dimenticare l’esplosione del Bridgestone posteriore di Nakano al Mugello nel 2004 in rettilineo alla velocità di circa 300 Km/h;
  • Anche Valentino Rossi fu costretto al ritiro nel GP della Repubblica Ceca del 2002 quando un pneumatico posteriore Michelin andò in pezzi;
  • E, passando alle 4 ruote, come dimenticare quando nel 2005 al GP degli Stati Uniti, disputato sulla pista di Indianapolis, gareggiarono solo i team Bridgestone in quanto Michelin diramò un comunicato ufficiale in cui chiedeva ai suoi team di non prendere parte alla gara per problemi di sicurezza.

Ma oggi, per fortuna, i pneumatici Michelin sembrano essersi stabilizzati.
In effetti non tutte le colpe dei problemi possono essere addossate al costruttore francese perché in regime di monogomma bisogna trovare una soluzione che si adatti alle caratteristiche di moto spesso concettualmente differenti tra loro. Contemporaneamente le moto devono in qualche modo adeguarsi ai pneumatici. Insomma è la solita questione di compromesso, che oggi sembra finalmente raggiunto.

Ma ora sembra che si presenti un problema di “controllo qualità” ovvero che non tutte le gomme dello stesso tipo offrono la stessa performance.

Se fosse vero questo sarebbe un grosso problema perché se in prova un pilota delibera un determinato tipo di gomma poi si aspetta che una gomma nuova dello stesso tipo offra in gara esattamente la stessa performance.

Questo purtroppo non sempre accade.

Eppure la Michelin afferma che vengono controllati il peso e l’equilibratura di tutti i pneumatici e tutti i compound vengono controllati nel laboratorio dell’azienda.

La Michelin, più che difendersi sull’argomento, ha una propria spiegazione basata sostanzialmente sulla “delicata sensibilità” dei pneumatici della MotoGP.

Basti pensare che differenze di pochissimi decimi di secondo al giro possono determinare una differenza di temperatura di circa 15 gradi.

Altro elemento determinante ai fini della performance del pneumatico è la pressione; per Michelin la differenza anche di pochi centesimi di bar è una grande differenza.

Da non trascurare la “preparazione” del pneumatico, cioè la modalità con cui il pilota effettua il giro di riscaldamento.

Infine ogni pneumatico viene monitorato in pista dai tecnici Michelin; per quanto tempo rimane nella coperta termica e a quanti cicli di riscaldamento viene sottoposto. Su quest’ultimo punto Michelin afferma che in base alla loro esperienza un pneumatico va bene per cinque cicli di riscaldamento, non oltre.

Ovviamente non vanno trascurate le variazioni climatiche di temperatura e umidità che possono verificarsi tra le prove del sabato e la gara della domenica (il warm up dovrebbe servire proprio, o quantomeno anche, a questo).

Questo per quanto riguarda le attività in pista.

Ma anche il modo in cui i pneumatici vengono trasportati e immagazzinati fa una grande differenza, infatti Michelin si raccomanda che, quando  i pneumatici vengono trasportati su camion, aereo o nave, la temperatura si mantenga mentre sempre nel range compreso tra 20 e 22 gradi.

Alcuni problemi sono stati riscontrati durante il weekend del GP del Qatar sui pneumatici rimasti a lungo lì dopo l’ultimo test pre-campionato e poi utilizzati per il Gran Premio. Molto probabilmente, dato il lungo periodo, hanno subito ampie escursioni termiche.

Insomma il problema più che di controllo qualità sarebbe di “gestione” in senso lato del pneumatico.

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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccanico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da circa 60 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy), oggi sul suo profilo Facebook si diletta a parlare di moto e auto con particolare attenzione alle vicende del Motomondiale e della Superbike.

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