Nel corso degli anni ’50 l’inglese Aston Martin aveva fronteggiato la Ferrari nel campo delle vetture Sport; nel 1959, dopo aver conquistato con la DBR1/300 il Mondiale Marche a spese della casa di Maranello, annunciò il ritiro dalle competizioni.
Ma poi, su sollecitazione dell’importatore francese che era interessato ad una presenza alla 24 ore di Le Mans, decise di partecipare di nuovo al Mondiale Marche che, dal 1962 al 1965, era stato riservato non più alle vetture Sport bensì alle auto della categoria Gran Turismo, vetture prodotte in serie limitata con un numero minimo fissato in 100 esemplari all’anno senza limitazioni di cilindrata, con possibilità di omologare alcune evoluzioni.
Pertanto per la 24 ore di Le Mans del 1962 l’Aston Martin sviluppò il progetto di una Gran Turismo, la DP212. Nel rispetto del regolamento la vettura montava componenti meccaniche di modelli esistenti, in particolare telaio e motore della DB4GT.
Il motore della DP212, originariamente un 6 cilindri in linea di 3.700cc, venne portato a 4000cc mentre veniva realizzata una carrozzeria aerodinamica studiata per le alte velocità raggiungibili a Le Mans. Al debutto la vettura, affidata alla coppia Graham Hill/Richie Ginther ebbe problemi di lubrificazione con conseguente rottura di un pistone e dovette ritirarsi.
Per la vettura destinata alla Le Mans del 1963 (versione 2), che montava il 4200cc ereditato dalla sport DBR2, venne approntata una carrozzeria con coda tronca e spoiler per ovviare ai problemi di portanza riscontrati l’anno precedente.
Partecipò solo alle prove della 24 ore, con l’equipaggio Bianchi, Schlesser, Ginther e Kimberley, ma poi non prese parte alla gara perché nel frattempo erano state sviluppate le evoluzioni DP214 e DP215.
Anche la DP214, approntata in 2 soli esemplari, era basata sul telaio della DB4GT per motivi regolamentari. La carrozzeria presentava elementi innovativi avendo un frontale diverso e risultando più grossa della 212.
Il motore, pur essendo ancora un 6 cilindri in linea, era diverso da quello della 212; era 3750cc sviluppato da Tadek Marek, un ingegnere polacco che lavorava in Aston Martin a cui si deve il motore della Sport DB2R da cui è poi derivata la famiglia di motori che hanno equipaggiato le DB4, DB5, DB6 e DBS. In seguito Marek ha sviluppato anche il motore V8.
A differenza della 212, la 214 non fu utilizzata solo per la 24 ore di Le Mans ma anche in altre gare di durata. Fece comunque il suo debutto, come la DP 215 di cui vi parliamo nel seguito, alla 24 Ore di Le Mans del 1963, affidata agli equipaggi Bill Kimberley/Jo Schlesser e Bruce McLaren/Innes Ireland, dove fece registrare interessanti dati velocistici.
Ma purtroppo, come l’anno precedente la 212, anche le due 214 dovettero ritirarsi per problemi ai pistoni.
Nel 1964 una sola delle DP214 partecipò alla 24 ore (l’altra era andata distrutta in un incidente); purtroppo l’equipaggio Peter Sutcliffe/Michael Salmon fu squalificato per un intervento irregolare sulla vettura. La DP214 superstite fu poi ceduta a privati.
Come abbiamo visto parallelamente alla DP214 nel 1963 fu costruita anche, in esemplare unico, la DP215 inizialmente destinata a montare un motore V8.
Più leggera della DP214, montava il 4 litri della DP212 rivelandosi la più veloce delle tre sul lungo il rettilineo Mulsanne dove registrò velocità massime dell’ordine dei 320 Km/h.
Per ovvi motivi regolamentari anche la DP215 era basata sul telaio della DB4GT.
Il debutto in gara avvenne alla 24 ore di Le Mans affidata alla coppia Lucien Bianchi/ Phil Hill con l’incarico di fare da ‘lepre’ per la DP214, per indurre le Ferrari all’inseguimento nella speranza di una loro rottura. Ma purtroppo nel corso della terza ora di gara dovettero ritirarsi per rottura del cambio avendo commesso l’errore di montare una trasmissione ereditata dalla vecchia DBR1.
Con questo esito si chiuse l’avventura dell’Aston Martin nel “Campionato internazionale costruttori Gran Turismo”.
Ma vogliamo qui ricordare un precedente illustre dell’impegno dell’Aston Martin nella categoria GT già dal 1961, quando il Campionato era ancora riservato a vetture di categoria sport: la DB4 GT Zagato considerata da molti come la miglior creazione di Zagato, e tanti la considerano anche l’auto inglese, e non solo, più elegante di sempre.
L’Aston Martin DB4 GT Zagato fu prodotta in soli 19 esemplari dal 1960 al 1963; negli anni ’90 vennero realizzati altri 4 esemplari, denominati “Sanction II” sulla base di quattro telai DB4 inutilizzati rinvenuti in magazzino.
Le DB4 GT Zagato erano in sostanza delle DB4 GT con una carrozzeria disegnata da Ercole Spada, in forza alla Zagato, che trasformò la DB4 GT in una vettura più piccola, più aerodinamica e più leggera.
L’alleggerimento fu ottenuto con un massiccio ricorso all’alluminio e al plexiglas e mediante l’eliminazione di parti superflue per le gare come i paraurti. Questi interventi portarono ad un risparmio di 45 Kg.
Il motore era il classico 6 cilindri in linea bialbero da 3670cc della DB4 GT ovviamente elaborato per le competizioni.
Quattro esemplari della Zagato, destinati alle competizioni, vennero allestiti con un telaio alleggerito e una carrozzeria leggermente modificata con tetto ribassato, parafanghi posteriori allargati, ritocchi anche a frontale e coda.
La DB4 GT Zagato esordì in gara nel giorno di Pasqua del 1961 sul circuito di Goodwood; Stirling Moss la portò al terzo posto. Per la cronaca la gara fu vinta da una Ferrari 250 GT davanti ad una Aston Martin DB4 GT.
Ricordiamo due Zagato gestite dalla Essex Racing Stable alla 24 ore di Le Mans del 1961, entrambe costrette al ritiro. In quello stesso anno, a Luglio, la DB4 GT Zagato colse la sua prima vittoria in una gara di contorno al Gran premio di Gran Bretagna, relegando una connazionale Jaguar E Type al secondo posto.
L’anno dopo, alla 24 Ore di Le Mans 1962, un’altra Zagato, guidata dalla coppia Roy Salvadori/Jim Clark, fu costretta al ritiro dopo 9 ore e mezza di gara per la rottura di un pistone.