Tra i motociclisti l’uso del freno posteriore è un ricorrente oggetto di discussione; c’è chi lo usa, chi lo usa con parsimonia e chi non lo usa per niente.
L’esempio più estremo di quest’ultima teoria è sicuramente rappresentato da Randy Mamola che, nonostante guidasse moto a 2 tempi con freno motore praticamente pari a zero, addirittura non montava il disco posteriore ritenendolo superfluo, ma forse (involontariamente?) con un vantaggio indotto sul lavoro della sospensione posteriore a causa della riduzione delle masse non sospese.
Innanzitutto sfatiamo due convinzioni tra esse contrapposte: molti neofiti della guida motociclistica sostengono che non si dovrebbe mai frenare con il freno anteriore pena il ribaltamento, senza però chiedersi perché in genere il freno anteriore è molto più potente di quello posteriore e dimenticando che gli effetti del trasferimento di carico vengono assorbiti dalla forcella; al contrario i “piloti della domenica” sostengono fermamente la teoria per cui non si dovrebbe frenare con il posteriore, ma non se ne capisce bene il motivo.
I motociclisti esperti invece utilizzano quasi sempre entrambi i freni sinergicamente per far si che il motoveicolo si “sieda” sul posteriore mantenendo così un assetto piatto e stabile, riducendo il trasferimento di carico sull’anteriore e di conseguenza l’affondamento della forcella.
Insomma siamo convinti che non tutti i motociclisti abbiano la giusta consapevolezza dell’uso del freno posteriore, cioè perché ed in quali situazioni azionarlo.
In una guida turistica il freno posteriore va usato in abbinamento con il freno anteriore nella misura dell’80% all’avantreno ed il 20% al retrotreno; questa tecnica, come abbiamo già visto, consente di mantenere un assetto corretto del motoveicolo. Più precisamente è buona norma iniziare la frenata con il freno posteriore in modo da ricevere un primo feedback sul livello di grip del fondo stradale e immediatamente dopo azionare il freno anteriore con l’intensità che la nostra esperienza ci suggerisce in base al feedback ricevuto.
Molti però pensano che non sia corretto, anzi che sia pericoloso, usare i freni in curva; se questa affermazione è parzialmente vera per quanto riguarda il freno anteriore in realtà è molto meno vera con riferimento al freno posteriore.
Il ricorso al freno anteriore in curva comporta un effetto raddrizzante che induce un sottosterzo che può farci arrivare un po’ “lunghi”; questo fenomeno può essere in parte contrastato con una manovra di controsterzo che consiste nello spingere il manubrio nella direzione opposta a quella della piega.
Spendiamo due parole sulla pratica del controsterzo: spingendo in avanti il manubrio sinistro la moto piegherà verso destra e viceversa; questo fenomeno è il prodotto dell’effetto giroscopico, quello stesso principio in base al quale la moto resta in equilibrio.
Se invece azioniamo il freno posteriore in curva otteniamo un effetto contrario, cioè un sovrasterzo, che porta la moto a stringere la traiettoria impostata e quindi anche a correggere gli eventuali effetti di un eccessivo ricorso al freno anteriore.
In sintesi, premendo progressivamente il pedale del freno posteriore, in modo da evitare il bloccaggio, aumenta la deriva del pneumatico posteriore e si verifica un leggero trasferimento di carico in avanti; l’insieme dei due effetti comporta un lieve sovrasterzo che induce il motoveicolo a stringere la traiettoria con un angolo di piega inferiore.
Sinteticamente la deriva si traduce in uno scivolamento laterale, uno scarroccio. In pratica la direzione del movimento del centro ruota non è più diretta secondo l’asse di simmetria longitudinale del pneumatico. Se la moto soffre di deriva del pneumatico anteriore, che può verificarsi anche per con una pressione troppo bassa, la moto diventa sottosterzante; al contrario la deriva al pneumatico posteriore induce un sovrasterzo.
L’uso del freno posteriore in curva assume quindi una propria importanza nelle correzioni della guida perché aiuta a chiudere meglio le curve e può servire a correggere la traiettoria; in pratica consente di avere un controllo millimetrico sulla traiettoria impostata.
Questa tecnica risulta particolarmente utile nei tornanti, nelle curve a stringere o nelle curve in discesa.
Ma risulta ancor più utile quando si entra troppo lunghi in curva.
In definitiva in frenata azioniamo prima il freno posteriore, e dopo una frazione di secondo l’anteriore. Una volta raggiunto il momento della piega rilasciare il freno anteriore ma non il posteriore, che invece manterremo con una leggerissima pressione per tutta la durata della curva: questo tecnica ci aiuterà ad impedire che la moto allarghi la traiettoria e a diminuire il raggio di curva.
Nella fase di frenata l’azione del freno motore è complementare a quella del freno posteriore specialmente nei motori a 4 tempi di grossa cilindrata e basso frazionamento; con la sofisticata elettronica usata nelle competizioni di massimo livello spesso il freno motore si sostituisce all’azione del freno tradizionale perché può essere totalmente gestito per intensità e durata in funzione delle condizioni di grip e pertanto il pilota può impostarne l’azione, tramite i parametri del software, a proprio piacimento.
Per ribadire l’importanza del freno posteriore, ricordiamo l’uso estremo, e se vogliamo improprio, che se ne è fatto nelle competizioni a seconda delle caratteristiche tecniche delle moto.
Ai tempi delle mostruose 500 2 tempi, in assenza di gestione elettronica, veniva azionato per ridurre l’impennamento in accelerazione. Se si eccedeva nell’impennata si rischiava il capottamento; credo che tutti ricordino quando Max Biaggi, a Brno nel 1998, messa la sua Honda in verticale fino a strisciare il codone per terra, riuscì a rimettere giù la ruota anteriore grazie alla sua prontezza di riflessi nel premere il pedale del freno posteriore.
Anni fa, con le 125 a due tempi con le quali non si poteva parzializzare col gas in percorrenza di curva sia per evitare i grippaggi che per evitare di scendere sotto il regime di coppia, si teneva l’acceleratore aperto e si modulava la velocità con il freno posteriore.
In tempi più recenti Casey Stoner e Nicky Hayden, soprattutto con le brutali potenze delle Ducati, adottavano un disco posteriore dal diametro maggiore dello standard che usavano per controllare l’alleggerimento dell’avantreno.
Una svolta significativa nell’uso del freno posteriore si verificò negli anni ’90 quando Mick Doohan a seguito di un incidente rischiò di perdere la gamba destra e perse la mobilità della caviglia. Non riuscendo più ad usare il freno col piede, gli montarono un sistema manuale sul manubrio sinistro.
A distanza di una ventina d’anni, si è scoperto che azionando la leva col dito pollice, il comando è più sensibile e pertanto la gestione del freno posteriore è più precisa, più millimetrica.
Qualcuno ha testato anche un comando con leva tradizionale.
Tra i piloti più noti che hanno fatto ricorso al comando al manubrio ricordiamo Tom Sykes e Andrea Dovizioso; anche Lorenzo a provato ad usarlo per cercare di prendere maggior confidenza con la Ducati ma non ne è rimasto particolarmente entusiasta.
Un “effetto collaterale” di questa tecnica è il vantaggio per chi, avendo piedi lunghi, ha difficoltà ad azionare il freno nelle curve a destra quando l’angolo di piega supera i 60 gradi.