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Perché le CRT erano così lente?
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Perché le CRT erano così lente?

Marzo 15th, 2018 Fabio Avossa Articoli Tecnici, BLOG di Fabio Avossa

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Ricordate le CRT? Questa categoria – un ibrido tra un prototipo e una derivata di serie – fu introdotta nel 2012 per dare la possibilità ai team privati di poter usufruire di una serie di agevolazioni regolamentari; più specificamente il regolamento consentiva l’utilizzo di motori derivati dalla serie simili a quelli impiegati nel campionato SBK alloggiati in ciclistiche prototipo.

Fu un flop; venne perciò abrogata a fine 2013 introducendo la categoria OPEN che in vesti leggermente differenti sopravvive tutt’oggi.

Eppure spesso, di recente, le prestazioni delle SBK si sono avvicinate a quelle della MOTOGP, almeno sul giro secco, con gomme da tempo e forse anche con condizioni meteo più favorevoli.

E allora perché le CRT, che in teoria erano delle SBK anabolizzate,  andavano così piano?

In realtà le CRT erano penalizzate nella potenza, nel peso e nella capacità di sfruttamento ottimale degli pneumatici.

Prendiamo come riferimento la ART dell’Aprilia, sicuramente la migliore CRT in campo: il telaio, l’elemento che presentava minori criticità rispetto a quello dei prototipi, riprendeva le quote della SBK ma con forcellone allungato e rigidità differenti.

Il motore Aprilia della CRT era meno potente di quello per la SBK perché, paradossalmente, in SBK non c’erano limiti nella disponibilità dei motori mentre nella CRT vigeva un limite di 12 motori per stagione; in pratica il motore CRT aveva 1000 giri e 20 CV meno della SBK e 40 meno di un motore da MotoGp.

Il peso era di circa 7 Kg oltre il limite dei 165 consentiti mentre le MotoGP dovevano essere zavorrate, con il vantaggio di poter definire, con diversi posizionamenti delle zavorre, la distribuzione delle masse in funzione delle diverse esigenze, una fra tutte le diverse morfologie dei piloti; il maggior peso dipendeva dal basamento di serie realizzato per garantire affidabilità.

Le gomme Bridgestone, realizzate per moto con almeno 40 CV in più, mettevano in crisi le CRT, in particolare al posteriore: in alcuni circuiti la morbida tendeva a distruggersi mentre la dura, poco stressata dalla minore cavalleria, aveva difficoltà ad entrare in temperatura.

In pratica per pareggiare le prestazioni delle CRT con quelle della MotoGP si darebbe dovuto intervenire su più punti: innalzare ancora il limite di peso delle MotoGP, diminuire ulteriormente il carburante a disposizione delle MotoGP, aumentare il numero di motori disponibili per le CRT e realizzare un pneumatico specifico per la CRT.

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Fabio Avossa

Napoletano, perito metalmeccannico, pensionato, vive a Napoli. Appassionato di motori a 2 e 4 ruote in tutti i risvolti ma con particolare interesse per la storia delle corse. Motociclista da oltre 50 anni, tifa Ducati e Ferrari (made in Italy).

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