La data del 7 settembre 2017 rappresenta una vera e propria pietra miliare nella storia della Ducati. Quel giorno, infatti, nell’Hospitality Ducati Corse all’Autodromo Marco Simoncelli di Misano Adriatico, dove in quel fine settimana si sarebbe disputato il Gran Premio di San Marino e della Riviera di Rimini, la Casa di Borgo Panigale tolse i veli al nuovo motore V4 denominato “Desmosedici Stradale”.
Poi, il 5 novembre, nel corso della Ducati World Premiere 2018 riservata a pochi eletti ma trasmessa in streaming, venne presentata la Panigale V4, prima pluricilindrica di serie prodotta dalla Casa di Borgo Panigale.
Infine, ad EICMA 2017, la moto venne presentata al folto pubblico di appassionati nelle tre versioni Panigale V4, V4s e V4 Speciale.
Come nostra consuetudine riportiamo alcuni cenni storici attinenti al tema che stiamo trattando: il 4 cilindri nella storia della Ducati.
In Ducati sono stati realizzati altri motori con architettura 4 cilindri a V di 90°, ma nessuno è di questi progetti è minimamente imparentato con i moderni V4 né è mai sfociato in un prodotto di serie.
L’unico precedente di moto stradale che si possa accostare alla Panigale V4 è la esclusiva Desmosedici RR -una replica fedele della GP6, il prototipo che la Ducati schierò in MotoGP nel 2006- prodotta in un numero limitato di esemplari tra il 2007 ed il 2008.
Il primo progetto di una Ducati a 4 cilindri è stata la APOLLO del 1963, una delle moto di Borgo Panigale più rare e sconosciute. Fu commissionata e finanziata, alla fine del 1961, da Berliner, importante importatore Ducati negli USA, che voleva proporla ai corpi di Polizia americani in alternativa alle Harley Davidson.
Ecco perché tra le tante peculiarità di questa moto troviamo le ruote da 16”, imposte dalle specifiche della Polizia americana e che causarono tanti problemi agli pneumatici dell’epoca, visto il peso e la potenza in gioco. La moto, denominata come progetto D/B-V/4, era mossa da un 4 cilindri a V di 90° superquadro (84,5 x 56) da 1257cc con distribuzione aste e bilancieri (quindi niente desmo), alimentazione con 4 carburatori, 5 marce, trasmissione finale a catena duplex, avviamento elettrico, 270 Kg. di peso.
L’impianto elettrico, compreso il motorino d’avviamento, era prelevato dalla FIAT 1100. L’architettura del motore e l’alettatura differenziata tra i cilindri verticali ed i cilindri orizzontali anticipavano le soluzioni che troveremo alcuni anni dopo sulla 750 GT bicilindrica, la prima maxi della Ducati entrata in produzione.
Il prototipo della Apollo fu presentato nel 1963; erogava 80 CV a 6000 giri, con la possibilità di arrivare ai 100 CV per una ipotetica versione civile. Durante i collaudi emersero seri problemi agli pneumatici che indussero a ridurre la potenza a 65 CV, intervenendo sul disegno delle camme e adottando 2 soli carburatori ma il problema non fu risolto ed il progetto fu abortito.
Seguirono altri progetti:
750/1000 raffreddato a liquido. Nel 1976 Taglioni tornò a studiare la soluzione del 4V a 90°, questa volta con distribuzione monoalbero desmodromica a cinghia dentata, raffreddato a liquido, 1 solo carburatore, basamento monoblocco a tunnel (retaggio delle esperienze con i diesel VM), previsto nelle cilindrate canoniche, per l’epoca, 750 e 1000. Non andrà mai in produzione per il veto del management statale che riteneva troppo elevati i costi di produzione.
BIPANTAH 1000. Tra il 1978 e il 1982 la coppia Taglioni-Mengoli riprende gli studi sul tema 4V a 90° con distribuzione desmodromica. Questa volta il raffreddamento è misto aria/olio (anticipando così una soluzione che per alcuni anni sarà una prerogativa Suzuki). Il motore, che nella sua massima espressione erogava circa 130 CV, aveva la frizione a secco e le due manovelle a 0° (o, se preferite, a 360°); praticamente era l’accoppiamento di due Pantah, da cui il nomignolo di Bipantah. Al momento del passaggio dalla gestione statale ai fratelli Castiglioni anche lo sviluppo di questo motore fu bloccato, questa volta più per ragioni di marketing (si voleva conservare l’identità del bicilindrico ad L) che di costi.
125 GP. In questo caso però si tratta di un 4 cilindri in linea. Nel 1965, su richiesta della consociata spagnola Mototrans, Taglioni sviluppò un 4 cilindri in linea per la classe 125 del Motomondiale. Era un bialbero a cascata d’ingranaggi, 2 valvole (venne studiata anche versione a 4 valvole) con richiamo tradizionale a molle, raffreddato ad aria, 8 marce; il prototipo sviluppava 23 CV (pochi!) a 14000 giri. Non arriverà mai alle competizioni per mancanza dei fondi Mototrans.
Poi nel 2003 registriamo il debutto nella classe MotoGP del Motomondiale con la GP3 che evolverà nelle varie versioni (nelle diverse configurazioni screamer, big bang, twin pulse, ad albero controrotante e nelle diverse cilindrate 990cc dal 2003 al 2006; 800cc dal 2007 al 2011; 1000 a partire dal 2012).
Infine, come abbiamo già ricordato all’inizio, dalla GP6 verrà ricavata una versione stradale, la Desmosedici RR.
PERCHÉ LA DUCATI SI È DECISA NELLO STORICO PASSAGGIO DAL V2 AL V4
Inizialmente i bicilindrici erano avvantaggiati dalla peculiarità di erogare una coppia vigorosa in basso e pertanto erano favoriti nei tanti moderni circuiti caratterizzati da chicane e curve strette che richiedono buone doti di ripartenza dai bassi regimi. Al contrario le 4 cilindri erano in grado di raggiungere regimi più elevati ed erano perciò avvantaggiati nei pochi circuiti con lunghi rettilinei ma erano vuoti in basso perciò poco trattabili.
Poi è arrivata l’elettronica con la quale i motori 4 cilindri sono stati “addomesticati” rendendoli più gestibili mentre sono emersi tutti i limiti di potenza massima (e quindi di velocità massima) dei bicilindrici che nel frattempo, nella rincorsa alla potenza dei pluricilindrici adottando alesaggi sempre maggiori, incominciavano ad accusare problemi di affidabilità.
Un ulteriore dimensionamento dell’alesaggio, nel tentativo di ridurre la corsa e perciò la velocità media del pistone, avrebbe originato grossissimi problemi di combustione con conseguente scarso rendimento e l’aumento del peso delle masse in moto alterno (in particolare i pistoni), sottoponendo organi come l’albero motore ed i cuscinetti di banco a sollecitazioni sempre maggiori con il salire del regime di rotazione.
E poì, con un occhio alla produzione ed uno alla sfida in SBK, la Ducati si è decisa per questa svolta epocale.
PANIGALE V4, COM’È?
Il motore della Panigale V4 è un V90° strettamente derivato da quello della GP15, tanto che ne è stata mantenuta la misura dell’alesaggio – 81 mm – che nella MotoGP è un dato imposto dal regolamento. Questo dettaglio ha consentito di adottare tutta la parte fluidodinamica, ovvero valvole, condotti di aspirazione, corpi farfallati, molto simile a quella della MotoGP.
Ovviamente sono stati fatti gli opportuni e necessari adattamenti ad un uso su strada con particolare attenzione ai consumi, alla rumorosità e alla affidabilità nel tempo; la modifica più radicale consiste nel comando della distribuzione che nella MotoGP è a cascata di ingranaggi (costosa e rumorosa) mentre nel Desmosedici Stradale (così è stato denominato il motore) è a catena (una per ogni bancata).
E’ stata mantenuta la caratteristica dell’albero motore controrotante; l’albero ha i perni di manovella sfalsati di 70° per cui, data la disposizione a V di 90° del motore, viene generato un ordine degli scoppi che in Ducati è stato denominato “Twin Pulse”, perché è come se il motore riproducesse la sequenza di scoppi di un bicilindrico. L’alimentazione avviene tramite quattro corpi farfallati ovali con diametro equivalente di 52 mm, collegati a cornetti di aspirazione ad altezza variabile.
Il telaio front frame rappresenta una evoluzione del monoscocca della Panigale rispetto al quale presenta delle “bretelle” laterali; in termini semplicistici si potrebbe definire un compromesso tra il monoscocca ed il doppio trave in alluminio che permette di gestire “separatamente” la rigidezza torsionale e quella laterale.
Tutta la famiglia Desmoquattro e sue derivate, dalla 851 alla 1198 avevano telaio tubolare a traliccio.
La prima monoscocca è stata adottata sulla GP9 in fibra di carbonio e sulla Panigale bicilindrica in alluminio. La Panigale Superleggera ha il monoscocca in carbonio.
La Desmosedici per la MotoGP ha adottato il telaio a traliccio dal 2003 al 2008 poi è passata al telaio scatolato in carbonio e poi, con dopo alcuni esperimenti vari fatti all’epoca di Rossi, dal 2012 è passata ad un più canonico telaio a travi parallele.
PANIGALE V4, COME VA?
Da tempo conosco l’amico Marco Fossa, grande appassionato di auto e moto che nell’ultima avventura per conto di GPOne ha provato sul circuito di Valencia la nuova Panigale V4 S. E allora, approfittando della nostra amicizia, l’ho contattato telefonicamente per fargli un paio di domande.
- Ciao Marco, che ne pensi del design della Nuova V4? Mi risulta che in realtà, non abbia raccolto solo consensi.
Ciao Fabio. In effetti forse è un po’ troppo simile alla V2, ma è un’assomiglianza voluta per dare un senso di continuità alle Supersportive di Borgo Panigale. Dal vivo è elegante e muscolosa, meno corpulenta di come appariva nelle prime foto; molto simile alla V2, vero, ma con lineamenti decisamente più marcati e spigolosi. A me piace!
- Quali sono le tue impressioni in pista con la nuova Panigale V4?
La strumentazione è ben leggibile: un TFT ad alta risoluzione a colori (5″). Le informazioni mostrate sono ben visibili e non distraggono specie quando si corre tra i cordoli. Mi piace molto la posizione di guida, sia la sella che i semimanubri sono al posto che li vorrei. Forse per chi è più alto di 180 cm, avrà bisogno di pedane arretrate.
Il V4 ha un motore che spinge fortissimo, ma rispetto ad altre maxi sportive la nuova Ducati tende a muoversi, e per farla girare forte ci vuole abilità e competenza. Sul breve rettilineo, nelle mani di un pilota vero, probabilmente supererebbe i 300 km/h.
Sicuramente è una moto che può essere guidata da un pubblico molto più ampio, nel senso che non affatica più fisicamente. Si possono fare diverse sessioni di pista senza accusare la stanchezza che prima si avvertiva nel domare il “toro rosso” italiano.
La potenza della V4 incute un certo timore ma l’elettronica è super raffinata e permette di sfruttare al meglio tutta la potenza disponibile. Devo ammettere che sotto questo punto di vista la Panigale V4 è unica. E’ una moto pronto pista!
In percorrenza è più efficace della V2, seppur meno amichevole, ma è solo una sensazione; la particolare fasatura d’accensione dei 4 cilindri ed un’elettronica evoluta e raffinata fanno godere di un’erogazione ancora più precisa. Poi la gestione del freno motore varia a seconda di tanti parametri minimizzando i trasferimenti di carico.
Inizialmente se non si è abituati, la moto sembra essere “troppo” reattiva. Bisogna adattarsi al suo saper chiudere le curve anche all’ultimo millesimo di secondo, e bisogna imparare a sfruttare al massimo il sistema ABS, che in frenata permette di entrare in curva pinzati senza perdere il punto di corda.
Altra meraviglia dell’elettronica, è la possibilità di aumentare e scalare le marce senza utilizzare la frizione.
Ho girato con le sospensioni elettroniche EVO senza particolari interventi. Il settaggio di base sulla pista di Valencia era davvero ottimo.
- Insomma tra la V2 e la V4 chi vince?
L’unica Ducati alla quale mi sento di paragonarla è la Superleggera, ma pur avendo un ottimo posizionamento delle pedane e pesando meno di circa 19 kg, preferisco di gran lunga la nuova Panigale V4. E’ molto più gestibile. E l’avantreno è molto più ancorato a terra.
- E allora, Marco, dacci un giudizio sintetico su questa nuova meraviglia bolognese
La Panigale V4 è un nuovo mondo: ipereattiva, velocissima, un deciso passo avanti rispetto alla V2 che richiede attenzione e talento per essere sfruttata al limite. Ad oggi mi sento di dire tranquillamente che è la moto da battere.
Si è conclusa così la nostra chiacchiera telefonica, anche se a dire il vero, penso che Marco abbia guidato la nuova Panigale V4 per molti più chilometri di quel che racconta…
DIFFERENZE TECNICHE A CONFRONTO
– PANIGALE V4 S
- Quattro cilindri a V di 90° da 1.103cc
- Alesaggio x Corsa 81 x 53,5 mm
- Rapporto di compressione 14:1
- Potenza massima 214 CV a 13.000 giri/minuto
- Coppia massima 124 Nm da 10.000 giri/minuto
- Albero motore controrotante
- Ordine di scoppi Twin Pulse con perni di biella sfalsati di 70°
- Telaio front frame
- Peso a secco 174 Kg (in ordine di marcia 198 Kg)
– 1199 SUPERLEGGERA
- Bicilindrico a V 90° da 1198cc
- Alesaggio x Corsa 112 x 60,8 mm
- Rapporto di compressione 13.2:1
- Potenza 200CV a 11.500 giri/minuto
- Coppia massima 134Nm a 10.200 giri/minuto
- Telaio scatolato in carbonio
- Peso a secco 155 Kg (In ordine di marcia 177 Kg)
– PANIGALE 1299