Come ricordiamo anche nel titolo di questa nota storica, le prime vetture di Ferrari in qualità di costruttore sono state la 815 del 1940, con il marchio Auto Avio Costruzioni, e poi la 125S che, nell’immediato dopoguerra, è stata la prima auto il cui marchio di fabbrica si rifaceva, finalmente, al nome del suo costruttore.
Sia della 815 che della 125S vi abbiamo brevemente raccontato la genesi.
Ma in che misura si poteva attribuire a Ferrari la paternità delle sue auto?
In realtà egli stesso amava definirsi un “agitatore di uomini” e non un progettista; difatti la sua prima abilità, o forse dovremmo parlare di talento, era quella di individuare ed attrarre a sé tecnici di valore che stimolava poi a mettere in pratica le sue idee.
Ed è in questa veste che possiamo considerare “sue” anche due Alfa Romeo che nacquero nell’ambito della Scuderia proprio su ispirazione di Ferrari, anche se presumibilmente previa autorizzazione dei vertici Alfa. E in seguito vedremo che proprio dalle parole del Drake avremo la conferma di questo nostro convincimento.
In realtà prima di mettere in cantiere le due auto di cui vi parleremo, Ferrari, in qualità di gestore della Scuderia (1929 – 1937), si era già cimentato nel mettere in pratica alcune sue idee di dettaglio elaborando, nel 1933, il motore dell’Alfa 8C incrementandone la cilindrata a 2.556cc e sperimentando, nel 1934, l’insolita soluzione delle ruote posteriori gemellate su una P3 portata in gara da Achille Varzi.
La Bimotore
La prima Alfa di Ferrari fu la “Bimotore”, una mostruosa auto realizzata nel 1935 utilizzando due motori Alfa 8 cilindri, uno anteriore ed uno posteriore. Fu questa la prima Alfa ad adottare il cavallino rampante sul frontale.
La vettura fu “immaginata” da Enzo Ferrari per contrastare la supremazia delle tedesche Auto Union e Mercedes rispetto alle quali la 8C non era più competitiva.
La realizzazione pratica del progetto fu affidata al capo tecnico della scuderia Luigi Bazzi che assemblò la vettura montando due motori a 8 cilindri da 2905cc, uno davanti ed uno dietro al pilota, sul telaio di un’Alfa P3.
I due motori venivano accoppiati tramite un lungo albero su cui agivano cambio e frizione; la trasmissione avveniva sulle sole ruote posteriori tramite due alberi laterali mossi da coppie coniche.
La vettura, costruita in soli quattro mesi, non rispose alle aspettative e perciò fu approntato un secondo esemplare con due motori da 3165cc per una potenza massima di circa 540 CV.
Gareggiò al Gran Premio di Tripoli e all’Avus (Berlino) ma con scarsi risultati perché denunciò grossi problemi di stabilità; si rifece sull’autostrada Firenze-Mare dove, il 15 giugno 1935, Nuvolari conquistò due record europei alle velocità di 321,428 Km/h sul chilometro lanciato e di 323,125 Km/h sul miglio lanciato, raggiungendo una punta massima di 364 km/h.
La 158 monoposto (Alfetta)
Nella primavera del 1937 la Scuderia Ferrari dava i natali alla monoposto Alfa Romeo 158, il cui progetto venne affidato a Gioacchino Colombo che, per il reparto cambio e sospensioni, si avvalse della collaborazione dell’ingegnere Alberto Massimino.
La sigla 158 stava ad indicare la cilindrata, di 1500 cc, ed il numero dei cilindri, 8; il motore era sovralimentato con un compressore volumetrico Roots monostadio.
La 158 si dimostrò una vettura vincente già dai primi Gran Premi che disputò in Italia (il clima prebellico impediva la partecipazioni a competizioni oltre frontiera) e anche nelle prime gare dell’immediato dopoguerra.
Ma poi la 158 (e la sua evoluzione 159), battezzata a furor di popolo “Alfetta”, avrà modo di distinguersi conquistando i primi due titoli mondiali della storia della Formula1 rispettivamente con Farina nel 1950 e Fangio nel 1951.
La 158/159 rimane nella storia dell’automobilismo come una delle monoposto più longeve, se non la più longeva in assoluto, avendo gareggiato nell’arco di tempo di 14 anni, dal 1938 al 1951.
La genesi della 158 ci viene così raccontata dallo stesso Ferrari:
<<Fu in quel periodo che maturò il progetto di realizzare una macchina da corsa interamente “mia”. Nacque così la 158, che nel dopoguerra sarebbe stata denominata “Alfetta”, e con la quale la casa milanese avrebbe vinto due campionati mondiali. Nacque a Modena nel 1937, nella Scuderia Ferrari, da una mia personale idea. Il progetto fu di Gioacchino Colombo, tecnico dell’Alfa Romeo che l’ingegner Ugo Gobbato, il direttore generale, aveva ceduto proprio in quel tempo alla mia scuderia. Primo collaboratore fu Luigi Bazzi. Il disegnatore fu Angelo Nasi, che proveniva dall’Alfa. Lo staff tecnico contò anche su un altro giovane consulente della Ferrari, Federico Giberti; infine per quanto riguarda la parte posteriore, Alberto Massimino. Questa 1500 con compressore fu da me ceduta dopo un anno all’Alfa, la quale acquistò il materiale delle quattro unità che avevo impostato e le unità con cui avevo già corso, mi fece liquidare la Scuderia Ferrari e mi assunse come direttore dell’Alfa Corse, con l’impegno che, quando avessi lasciato la casa, per qualsivoglia ragione, almeno per quattro anni non mi sarei interessato né di corse né di automobili da corsa.>>