Nelle moto destinate alla circolazione stradale la frizione generalmente è “a dischi multipli in bagno d’olio” mentre nelle moto da competizione viene ancora oggi adottata la frizione “a secco”.
La frizione in bagno d’olio, come suggerisce il nome, è chiusa in un carter a tenuta stagna dove circola l’olio motore. L’olio usato deve essere specificamente additivato per evitare lo slittamento; questo è il motivo per cui un classico olio per auto non è adatto.
Il pacco dei dischi viene fatto lavorare immerso nello stesso olio del motore per ottenere un innesto dolce e progressivo, un buono smaltimento del calore e un contenimento della rumorosità.
Per contro il basso coefficiente di attrito derivante dal bagno d’olio deve essere compensato con dischi con una vasta superficie di contatto; questo si traduce in una massa di tutto il complesso maggiore di quella di una frizione a secco di pari prestazioni.
Ne consegue una grande massa rotante della trasmissione primaria con impatto sull’inerzia del motore e sull’effetto giroscopico.
Inoltre l’olio trascinato e “sciabordato” dal pacco di dischi induce una perdita di potenza; si può dire “frena” il movimento aumentandone l’inerzia.
Ma la dolcezza di funzionamento e la rumorosità sono problemi che non si pongono per una moto da competizione.
Infatti sui motori da competizione il ragionamento si ribalta: l’esigenza maggiore è quella di trasmettere potenze assai elevate unitamente alla ricerca della semplicità, pur sempre ad alto contenuto tecnologico.
Ecco dunque le frizioni “a secco”, universalmente diffuse nelle moto da gara, contenute in un carter non comunicante con il circuito di lubrificazione e con i coperchi non più stagni ma sfinestrati, o del tutto assenti, con funzione di alleggerimento e di raffreddamento.
Questa soluzione produce il tipico suono (scampanìo), melodia per gli appassionati.
Il risultato è un complesso frizione meno ingombrante che offre un minore assorbimento di potenza, un minore effetto giroscopico e un guadagno interessante nell’inerzia generale della trasmissione primaria.
Altro vantaggio del sistema a secco è che le particelle che provengono dall’usura dei dischi non vengono convogliate nel circuito di lubrificazione e quindi non danneggiano altre parti in movimento.
Grazie all’evoluzione dei materiali e di tutta la tecnica, è possibile utilizzare frizioni a secco anche sui modelli di serie più sportivi senza compromettere assolutamente l’affidabilità e la resistenza all’ usura; questo è possibile solo in virtù di una progettazione e una scelta di materiali allo stato dell’arte.
E difatti fino a poco tempo fa la Ducati adottava diffusamente la frizione a secco sui suoi modelli di serie, tanto che nell’immaginario collettivo questa soluzione tecnica era vista come una esclusiva della casa di Borgo Panigale, alla pari della distribuzione desmodromica,
Ma non tutti vedevano di buon occhio questa soluzione tecnica su moto di serie; la frizione a secco delle Ducati è stata spesso criticata per alcuni motivi:
– la rumorosità;
– la comparsa di cigolii spiacevoli dopo qualche migliaio di chilometri;
– la rapida usura dei componenti.
Oggi neanche più le Ducati adottano questa soluzione sia per rispondere alle critiche che per esigenze di omologazione.