A consuntivo dei test di Valencia (14/15 novembre 2017), i primi in vista del 2018, Dovizioso, il vice-campione della MotoGP ha dichiarato:
“Secondo me una priorità nostra rimane riuscire a far girare la moto più facilmente quando non devi usare i freni. Questo è il nostro grosso limite e dobbiamo riuscire a individuare il modo in cui risolvere questa cosa, anche se non è facile. Credo che su altri aspetti siamo abbastanza competitivi e quest’anno lo abbiamo confermato. Però accusiamo di più nelle piste in cui si frena poco e bisogna far scorrere la moto. Questa rimane la priorità“.
E dunque, come mai, nonostante la rivoluzione che ha portato alla Ducati l’ing. Dall’Igna ed il suo bagaglio di esperienze con i telai perimetrali, la Ducati accusa ancora i suoi cronici difetti?
Inizialmente si diceva che era una moto “cucita” addosso a Stoner e perciò troppo legata allo stile di guida inimitabile dell’australiano; poi andò sotto accusa il monoscocca; persistendo il problema qualcun altro mise sotto accusa la disposizione ad “L” del Desmosedici.
Infine si arrivò ad ipotizzare che fosse proprio la configurazione del motore a V di 90° a mettere in crisi la MotoGP di Borgo Panigale per poi scoprire che anche la Honda adottava la stessa configurazione per il proprio motore.
A questo punto fu chiamato il salvatore Dall’Igna.
Con la GP15, con telaio perimetrale e motore ruotato all’indietro, che si dimostrò subito competitiva sembrava che fosse stata trovata presa la giusta direzione tanto da conquistare le prime vittorie di tappa con la GP16 che invogliavano i vertici di Borgo Panigale (con il placet dei vertici di Audi e di Philip Morris) ad ingaggiare un top rider – Lorenzo – allettandolo sia proponendogli una nuova sfida che con un lauto ingaggio.
E, una volta di più, la strepitosa stagione 2017 di Dovizioso sembrava confermare questo ottimismo.
Ma qualche gara decisamente negativa, dove la Ducati è finita addirittura nelle retrovie senza palesi spiegazioni, le difficoltà di adattamento di Lorenzo e le dichiarazioni di Dovizioso, hanno riproposto il tema della “singolarità” della Ducati.
E’ ritornata la domanda sul perché la Desmosedici sia così difficile da gestire nelle curve che richiedono scorrevolezza e l’opinione pubblica è tornata a puntare il dito sul motore a V di 90°.
Ma prima di condannare questa soluzione è d’obbligo chiedersi se la Honda ha conservato questo configurazione di motore. E in caso affermativo è lecito chiedersi perché risulti vincente praticamente dal 2011, cioè da quando Stoner passò alla casa dell’ala dorata.
Da quell’anno infatti su 7 campionati, ben 5 sono stati conquistati dai piloti Honda (Stoner e Marquez) e a ben vedere anche gli altri due sono stati “segnati” dai due talenti della casa giapponese se non ci fosse stato un incidente a bloccare Stoner nel 2012 ed un eccesso di foga, con conseguenti cadute, da parte di Marquez nel 2015.
E il dubbio si acuisce sentendo Redding che, commentando le sue prime sensazioni sull’Aprilia ai test di Valencia (novembre 2017), afferma: “Il telaio e il motore sono molto diversi rispetto alla Ducati – ha analizzato – quando sono passato da Honda a Ducati è stato più semplice, dato che le moto erano simili. “
Se così fosse dovremmo purtroppo, ancora una volta, pensare che la Ducati, come la Honda, è una moto che solo piloti talentuosi dalla guida molto particolare sono in grado di portarla costantemente alla vittoria anche in quei circuiti dove teoricamente sarebbe in difficoltà, cioè laddove il pur bravo Dovizioso è rimasto nelle retrovie.
E se ciò fosse vero due sono le soluzioni possibili: cambio radicale del motore – a V stretta o addirittura in linea – o cambio pilota, che in questo momento non può che essere uno solo: Marquez.
Nel frattempo ci resta la speranza che il talento di Lorenzo riesca a fare il miracolo nel 2018 o che Miller sulla Ducati si riveli il nuovo Stoner.